Il passaggio dal Brasile all'Europa
Il carattere, d’altronde, è uno dei tratti distintivi del centrocampista “box to box” che, nell’ultima stagione, si è affermato come uno dei principali talenti dell’intera Premier League. E il carattere, Douglas Luiz, l’ha forgiato nel difficile contesto che l’ha costretto in fretta a diventare uomo. "Aver dimostrato di poter realizzare i miei sogni, oggi, mi rende felice – ha raccontato nella medesima intervista, ai tempi dell’esperienza nel Manchester City, club che l’aveva portato in Europa –. Diverse società in passato mi hanno rifiutato e non avevo le condizioni economiche per mantenermi, ma adesso sono qui. E voglio arrivare in cima". Il suo Everest, a partire dai prossimi giorni, si chiamerà Juventus, contesto nel quale un profilo del genere non potrà risultare intimorito dalla concorrenza. "La competizione interna, nel club come in Nazionale, dev’essere una cosa rispettosa tra gentiluomini. Io penso sempre e solo a fare del mio meglio, non a pugnalare alle spalle gli altri. Quando resto fuori, aspetto il mio turno e lavoro per riconquistarlo: nella mia vita ho sempre combattuto". Anche quando l’esperienza in Europa, agli inizi, pareva volgere al negativo: la mancanza del permesso di lavoro in Inghilterra, le panchine in Spagna in prestito al Girona. "Nel Vasco da Gama giocavo tutte le partite ed ero la stella della squadra, quel periodo per me è stato come una coltellata – ha continuato a raccontarsi Douglas Luiz –. È stato il momento in cui mi sono reso conto di quanto fosse difficile giocare in Europa, di quanto fosse complicato adattarsi a un altro tipo di calcio così rapidamente. Sono caduto, ma ho lavorato sodo per riprendermi e ce l’ho fatta". La storia di una vita, rigorosamente in bianco e nero, riassunta in poche, sincere, parole.