Brekalo: stavolta non è colpa di Cairo, ma la voglia ai giocatori bisogna anche farla venire

Brekalo: stavolta non è colpa di Cairo, ma la voglia ai giocatori bisogna anche farla venire

Toro, colpa di Cairo” è un po’ il “piove, governo ladro” dei tifosi granata. Reazioni istintive entrambe, quasi meccaniche, figlie di troppe delusioni e scottature pregresse: insomma, del pregiudizio. Concetto spesso fondato, o quantomeno comprensibile se connesso a certi precedenti, ma che – proprio in quanto giudizio formulato senza sapere come siano andate davvero le cose, o prima di saperlo – non necessariamente corrisponde al vero. Per esempio, in questo caso. Brekalo lascerà il Toro, sì: ma per scelta e responsabilità sue, e del suo entourage, non per volontà o insipienza o doppiogiochismo di Cairo. Il Torino l’avrebbe riscattato e tenuto, il trequartista croato che ha segnato quasi quanto Belotti, ma il ragazzo ha cambiato idea: è lui che non vuole più rimanere, dopo avere a lungo lasciato intendere il contrario; non già per tornare al Wolfsburg (con cui i rapporti erano e restano deteriorati) ma per essere rivenduto dai tedeschi a un club più ambizioso di quello granata, per giocare in Europa e farsi bello per il Mondiale: lo ha confermato il suo procuratore, per chi non volesse credere a Vagnati.

Un voltafaccia emblematico di cosa sia diventato il calcio(mercato), se perfino un giocatore sì bravo, ma non un campione affermato o un fuoriclasse dal futuro stellare, può oggi dettare le condizioni a una società con cui aveva preso accordi differenti, o quantomeno indirizzarne le strategie. Semmai, se proprio si vuole trovare una colpa a Cairo - oltre al solito muoversi all’ultimo, e a vivacchiare tra prestiti e richieste di sconti - è di non avere mai costruito né progettato un Toro di livello tale da far venire voglia, a chi ci gioca con belle prospettive personali, di andare avanti assieme e assieme coltivarle. Brekalo vuole andarsene così come Bremer e (qualora non ricambi idea per fede in Juric e/o carenza di alternative particolarmente allettanti) Belotti. In passato era stato così per Cerci e Immobile, per Ogbonna e Darmian, per Maksimovic e Bruno Peres. Di qui, il pregiudizio. Ma finché c’è vita c’è speranza. Forse.

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