Napoli-Eintracht, le colpe dell'Uefa e l'incubo Heysel: vietare non serve

Cresce il rischio di rivivere tragedie che si sperava relegate al passato: la disorganizzazione di Porto e la guerriglia di Napoli diventano monito a istituzioni e forze dell’ordine
Napoli-Eintracht, le colpe dell'Uefa e l'incubo Heysel: vietare non serve© ANSA

Magari convocheranno una conferenza stampa - sarebbe appena il caso anche se non si usa più - per riferire circa gli scontri di Napoli. E allora la prima domanda da porre, con rispetto, è questa: «Pensavate che 600 energumeni tedesco-bergamaschi, dediti alla frequentazione delle curve e delle battaglie ultrà, si accontentassero di passeggiare nel centro di Napoli come turisti qualsiasi, magari in attesa di vedere il “Cristo velato”?». Perché, al di là dei prodromi altrettanto pasticciati di questa oscena vicenda, un aspetto balza agli occhi: l’incapacità di gestire l’emergenza. La metodologia, consolidata e sperimentata, consiglia infatti di condurre subito gli ultras dentro lo stadio (un tempo c‘erano perfino i bus dedicati allo scopo, con griglie al posto dei finestroni) per “blindarli” nel settore ospiti fino al termine della partita e, se è il caso, anche oltre. Ormai, invece, è più che una sensazione quella secondo cui si sia persa la capacità (o la voglia?) di controllare questo tipo di situazioni percorrendo la scorciatoia più semplice e comoda: il divieto. Di trasferte, di assembramenti, di rave, di sbarchi, di partenze. Ma, vivaddio, la gente si muove (e ne ha diritto) e dunque va gestita.

Bloccare i delinquenti

Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, ha evidentemente una idiosincrasia per coloro che si muovono e quindi vorrebbe bloccare tutto in partenza: state a casa. Facile, eh! E pure un poco fuori tempo. Con la conseguenza che tale atteggiamento innesca grotteschi cortocircuiti istituzionali: dal divieto di vendita dei biglietti, alla riapertura decisa dal Tar, al successivo divieto. Diamine: parlatevi, organizzatevi, coordinatevi! E non per compiacere l’Uefa che non può dare lezioni a nessuno visti il caos della finale di Euro 2021 a Londra, l’anno scorso a Parigi e pure martedì a Porto dove non si è capito bene come e a chi fossero stati venduti i biglietti. A sto giro è davvero un miracolo che non ci sia scappato il morto, ma i rintocchi d’allarme sulla recrudescenza della violenza ultrà suonano sempre più forti. Da Euro 2016, in Francia, la riorganizzazione del movimento a livello europeo è evidente e dunque è necessario adottare contromisure che non possono limitarsi ai divieti (tra l’altro l’Italia vuole gli Europei 2032 e deve dimostrare di saperli gestire) ma che richiedono un lavoro in profondità attraverso l’intelligence (con la collaborazione dei club: la vicenda Juventus è paradigmatica) nei gruppi ultrà. Perché la gente, se ne faccia una ragione ministro Piantedosi, continuerà a muoversi e la misura più efficace resta la prevenzione: bloccare i delinquenti, non le persone normali che vanno alla partita.

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