"Motta mi piace, Allegri parcheggiava gli autobus. Koopmeiners come Redondo"

Il tecnico olandese, bestia nera degli azzurri e le rivelazioni: "Figo mi chiamò per allenare l'Inter, ma...Champions? Per me c'è una outsider per la vittoria finale"
"Motta mi piace, Allegri parcheggiava gli autobus. Koopmeiners come Redondo"© EPA

Lo “stregone olandese” spegnerà 78 candeline il prossimo 8 novembre. Da poco meno di due anni ha messo la parola fine alla sua leggendaria carriera di tecnico “globetrotter” che lo ha portato ad allenare e trionfare in 4 continenti tanto sulle panchine dei club (Real Madrid, Chelsea e PSV i più prestigiosi) quanto come ct di addirittura 7 Nazionali (Olanda, Russia, Turchia, Corea del Sud, Australia, Cina e persino la caraibica Curaçao). In più da calciatore, centrocampista, ha giocato pure negli Stati Uniti: a Washington e a San José. Questo autentico “guru” del calcio è Guus Hiddink da Varsseveld, nella Gheldria, a un pugno di chilometri dalla frontiera con la Renania Settentrionale. Lo abbiamo contattato ad Amsterdam alla vigilia di Juventus-PSV di Champions League e lui ci ha rilasciato una lunga intervista tenendo a puntualizzare con un pizzico d’orgoglio che «adesso anch’io sono un giornalista» perché va come ospite in una tv olandese dove «oggi parteciperò a un talk show con Van Basten».

Domani scatta la nuova “Super Champions League” allargata, il “suo” PSV scende a Torino: come inquadra questa partita, quali saranno gli aspetti-chiave? «La Juventus è chiamata a cancellare la brutta immagine internazionale in seguito alla squalifica di un anno dalle competizioni europee. Deve metterci la faccia. La squadra sarà motivatissima così come i suoi tifosi. La proprietà ha profondamente modificato l’organigramma societario e i quadri tecnici: dalla dirigenza all’allenatore e ai giocatori. Uno strappo col passato. Il PSV a sua volta deve riscattare l’ultima, negativa stagione internazionale. A fronte di una facile cavalcata in campionato con il Feyenoord giunto secondo a 7 punti di distanza e il Twente terzo a -22, viceversa in Champions League le “Gloeilampen” (ndr: Lampadine) hanno deluso fornendo pessime prestazioni contro Arsenal (4-0) e Siviglia (2-2 al Philips Stadion, pari del difensore Teze al 95’) mentre il Borussia Dortmund ne ha avuto agevolmente ragione agli ottavi con un complessivo 3-1: a Eindhoven 1-1 poi 2-0 in Germania».

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Psv ingenuo, Motta olandese, Allegri parcheggiatore

Un pronostico? «Il PSV è in testa a punteggio pieno in Eredivisie dopo 5 giornate con 20 gol segnati e tre subiti però non potrà disporre per infortunio del capocannoniere Lozano, 4 reti delle prime 4 partite. La Juventus è partita bene poi ha accusato una flessione con due 0-0 di fila che le hanno fatto perdere la vetta. Ma ripeto: un conto è il campionato, ben altro la Champions. Non sono un indovino, ma ipotizzo che i miei connazionali possano al massimo strappare un pareggio anche se nel calcio tutto è possibile. Il PSV in Europa gioca in modo un po’ “naïf”, all’attacco sì, ma con troppa innocenza, ingenuità. La scorsa stagione hanno pensato di poter ripetere in Champions League i successi in Eredivisie. Valutazione errata. Spero che gli errori passati servano a uscir bene dall’Allianz Stadium».

E la nuova Juventus? «Sono arrivati tantissimi giocatori, alcuni in chiusura di mercato cioè solo un paio di settimane fa. Bisogna dare il giusto tempo all’allenatore per far quadrare tutti i meccanismi. Motta mi piace, del resto è un brasiliano, uno che gioca all’attacco come noi olandesi. Non come Allegri che metteva un pullman londinese davanti alla porta, un bus a due piani intendo dire. Il calcio è spettacolo, offensiva, gol. Deve dare allegria ai tifosi. E comunque Thiago costruisce squadre solide curando molto anche la fase difensiva. Nelle prime 4 giornate della Serie A la Juventus non ha subìto nessuna rete. Lui da giocatore era un bravo centrocampista, si notava subito la sua intelligenza in campo».

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Koopmeiners come Redondo. Pepi non gioca titolare

Ci parli di Koopmeiners... «Sono convinto che il trasferimento in un club di grande spessore come la Juventus gli permetterà di compiere il definitivo salto di qualità e diventare un elemento cardine della Nazionale “Oranje”. È molto forte fisicamente, ha tecnica e personalità, vede il gioco. Può toccare un livello altissimo. Tra l’altro è un ragazzo serio, cordiale, uno con la testa a posto, la testa giusta per diventare un leader a tutti gli effetti. Chi mi ricorda? Il “Príncipe” Fernando Redondo, gran centrocampista argentino con cui conquistai a Tokyo la Coppa Intercontinentale 1998 alla guida del Real Madrid. Il fulcro del nostro gioco».

Come giudica il talento Pepi? Il dt juventino Giuntoli lo segue sin da quand’era al Napoli e lo statunitense giocava nel Groningen... «Una promessa, ma ha 21 anni. Sabato contro il NEC ha giocato solo una ventina di minuti sostituendo nel finale il potente ed esperto capitano Luuk De Jong, ex Barça. Credo che Bosz non schiererà Pepi titolare all’Allianz Stadium anche in assenza di Lozano. De Jong è stato il capocannoniere dello scorso campionato con 29 gol, saliti a 38 considerate tutte le altre competizioni stagionali. Ha compiuto da pochi giorni 34 anni, però è ancora integro e in forma. Non è troppo tecnico, ma di sicuro molto pericoloso».

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Champions, c'è un'outsider per la vittoria finale...

Per il successo finale nella Champions League pensa che Real Madrid e Manchester City siano ancora una spanna sopra tutte oppure potrebbe esserci l’inserimento di un “outsider” a sorpresa? «I madridisti e i “Citizens” godono dei favori del pronostico non solo perché i loro organici sono di valore assoluto ma anche perché entrambe le squadre sono guidate da due allenatori fenomenali, i migliori: Ancelotti e Guardiola, miei amici, scendono su qualsiasi campo del mondo per vincere e non si scompongono né s’innervosiscono se qualche volta le loro squadre vanno sotto nel punteggio. Tanto sanno che nella stragrande maggioranza dei casi lo ribalteranno nel corso della partita. Anche nei minuti di recupero. Sono sempre lucidi, in controllo. Due tecnici formidabili nel gestire lo spogliatoio: infondono ai ragazzi serenità e sicurezza ma al tempo stesso sanno motivarli al massimo, caricarli, incitarli. E azzeccano i cambi. Quanto all’outsider, dico Liverpool. Torna in Champions dopo una stagione di Europa League, ha cambiato allenatore e dunque lasciamo lavorare il mio connazionale Arne Slot chiamato a sostituire un grandissimo “coach” qual è Klopp».

Trentasei anni fa, nel 1988, lei conquistò la Coppa dei Campioni alla guida del PSV, prima e ultima del club biancorosso. «I favoriti erano altri, non noi. Eravamo una squadra sconosciuta con tanti cani sciolti in organico. Ma l’atmosfera nello spogliatoio era fantastica. Chiunque avrebbe attraversato il fuoco per i propri compagni. È stato il segreto del nostro trionfo. Per il sottoscritto il secondo sogno che si avverava dopo quello della vittoria del titolo olandese, quarantenne e al primo colpo, la stagione precedente».

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Trapattoni, Lippi, l'Italia oggi: "Si vede la luce"

Ai Mondiali 2002 in Corea del Sud e a quelli 2006 in Germania lei è stato l’incubo degli italiani: a Seul ha eliminato gli azzurri negli ottavi mentre a Kaiserslautern, alla guida dell’Australia, ha fatto soffrire l’Italia futura campione, salvata solo da un rigore di Totti per fallo su Grosso al 95’. Ha ricordi speciali di quelle sfide? «A Seoul, l’immagine dello spogliatoio che gli azzurri, incluso Trapattoni, stavano distruggendo per la rabbia... A Kaiserslautern non dimentico la simpatica chiacchierata con Buffon e Gattuso un paio d’ore dopo la partita al Fritz-Walter-Stadion. Nello sport si vince e si perde. È la legge. Ma quando si perde, non si deve perdere anche la testa...».

L’Italia ha fallito la qualificazione agli ultimi due Mondiali, è stata brutalmente eliminata dalla Svizzera agli ultimi Europei ma ora ha sorpreso tutti battendo 3-1 la Francia vicecampione del mondo a Parigi? Lei che ne pensa? «Chi avrebbe scommesso che gli azzurri non si qualificassero per due Mondiali di seguito? Diciamolo pure: nessuno. E chi avrebbe puntato dei soldi sull’Italia vincente 3-1 a Parigi? Siamo sinceri: nessuno. Ma l’Italia è sempre l’Italia. Sa reagire. E alla fine del tunnel, in questo caso molto lungo, credo il periodo più nero nella storia della vostra Federcalcio, c’è sempre la luce... ».

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"Figo mi chiamo per l'Inter ma..."

Le sarebbe piaciuto allenare in Italia? «Come no! Quello era il mio terzo sogno, che però non s’è avverato al contrario dei primi due. Eh sì, un po’ di rimpianto ce l’ho. Mi contattò Luis Figo perché l’Inter mi voleva. Ma ormai avevo già firmato con la Turchia e non sarei stato un uomo d’onore se avessi rotto il contratto che sarebbe entrato in vigore nell’estate 2010».

Per concludere, il complimento più bello? «Ho ricevuto molti attestati di stima, ma forse se proprio devo sceglierne uno solo direi la cittadinanza onoraria che mi ha concesso un Premio Nobel per la Pace, il presidente Kim Dae-jung della Corea del Sud dopo l’avventura ai Mondiali 2002. E la Federcalcio mi ha pure dedicato lo stadio di Gwangju. Un grande onore per me. Nutro profondo rispetto per il popolo coreano. Quella galoppata che le “Tigri dell’Asia” hanno compiuto fino alla finale per il terzo posto ha avuto un enorme impatto sull’intero Paese».

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Lo “stregone olandese” spegnerà 78 candeline il prossimo 8 novembre. Da poco meno di due anni ha messo la parola fine alla sua leggendaria carriera di tecnico “globetrotter” che lo ha portato ad allenare e trionfare in 4 continenti tanto sulle panchine dei club (Real Madrid, Chelsea e PSV i più prestigiosi) quanto come ct di addirittura 7 Nazionali (Olanda, Russia, Turchia, Corea del Sud, Australia, Cina e persino la caraibica Curaçao). In più da calciatore, centrocampista, ha giocato pure negli Stati Uniti: a Washington e a San José. Questo autentico “guru” del calcio è Guus Hiddink da Varsseveld, nella Gheldria, a un pugno di chilometri dalla frontiera con la Renania Settentrionale. Lo abbiamo contattato ad Amsterdam alla vigilia di Juventus-PSV di Champions League e lui ci ha rilasciato una lunga intervista tenendo a puntualizzare con un pizzico d’orgoglio che «adesso anch’io sono un giornalista» perché va come ospite in una tv olandese dove «oggi parteciperò a un talk show con Van Basten».

Domani scatta la nuova “Super Champions League” allargata, il “suo” PSV scende a Torino: come inquadra questa partita, quali saranno gli aspetti-chiave? «La Juventus è chiamata a cancellare la brutta immagine internazionale in seguito alla squalifica di un anno dalle competizioni europee. Deve metterci la faccia. La squadra sarà motivatissima così come i suoi tifosi. La proprietà ha profondamente modificato l’organigramma societario e i quadri tecnici: dalla dirigenza all’allenatore e ai giocatori. Uno strappo col passato. Il PSV a sua volta deve riscattare l’ultima, negativa stagione internazionale. A fronte di una facile cavalcata in campionato con il Feyenoord giunto secondo a 7 punti di distanza e il Twente terzo a -22, viceversa in Champions League le “Gloeilampen” (ndr: Lampadine) hanno deluso fornendo pessime prestazioni contro Arsenal (4-0) e Siviglia (2-2 al Philips Stadion, pari del difensore Teze al 95’) mentre il Borussia Dortmund ne ha avuto agevolmente ragione agli ottavi con un complessivo 3-1: a Eindhoven 1-1 poi 2-0 in Germania».

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