Al Villa Park nessuno dimenticherà il 16 settembre 2024, anno bisestile e per definizione sfortunato, perché in questa data è morto Gary Shaw, uno degli artefici dell’epopea dell’Aston Villa targata Ron Saunders e Tony Barton, capace di vincere il campionato, l’ultimo per adesso della sua storia, dopo settantuno anni, e la Coppa dei Campioni, in una finale nella quale era nettamente sfavorito. Morire il giorno prima del ritorno dei Villans in Champions League, dopo quarantuno stagioni di assenza, sembra quasi un passaggio di testimone tra la vecchia Coppa dei Campioni e la nuova formula della Champions, sempre più campionato europeo e sempre meno coppa. Ma la morte di Gary Shaw è stata improvvisa quanto inaspettata, secondo alcune ricostruzioni sarebbe deceduto in ospedale in seguito a una caduta; questo è tutto quello che sappiamo e il club di Birmingham nei saluti a uno dei suoi Villa’s Fab 50 top player non ha voluto violare la privacy della famiglia. A 63 anni, una morte che riempie di lacrime il cuore dei tifosi dell’Aston Villa e che chiude la vita di un uomo sfortunato, nonostante i premi e gli allori vinti all’inizio degli anni Ottanta.
Wild Boys
Diciottenne, esordisce in prima squadra il 1° settembre 1979 contro l’Everton, il 13 ottobre, contro il West Bromwich Albion, farà coppia in attacco con Brian Little, suo idolo adolescenziale. Gioca, cresce e segna insieme con giocatori del calibro di Gordon Cowans, Allan Evans e Trevor Morley, e sotto gli occhi attenti di Ron Saunders. È lui che prende i Villans in Second Division e li riporta nel massimo campionato inglese vincendo anche la Coppa di Lega. Ed è sempre lui che costruisce la squadra capace di vincere il titolo nel 1981, dopo una seconda Coppa di Lega nel 1977. Gary Shaw veste per un decennio la maglia claret and blue ed è uno dei protagonisti di questo periodo, l’ultima grande striscia di vittorie del club: agile nel breve, capace di repentini cambi di direzione, rapido e abile nel leggere in anticipo le giocate degli avversari, sono le caratteristiche che ne fanno una delle seconde punte più forti d’Europa. Figlio del Villa Park, nato a Kingshurst, a due passi dallo stadio, diventa l’idolo dei tifosi: con i suoi movimenti, quella maglia epica addosso e quei capelli che si rimettevano naturalmente a posto dopo ogni giocata e ogni colpo di testa. Il calcio inglese era entrato da poco nelle nostre case con i suoi palloni immacolati e Gary Shaw era la star perfetta.
La maglia a Maradona
Protagonista della cavalcata che porta l’Aston Villa a vincere la Coppa dei Campioni, battendo in finale il Bayern Monaco per 1-0 – gol di Wihte –, con tre reti, l’anno prima aveva vinto il premio come miglior giovane del campionato inglese e nel 1982 vincerà il Bravo, assegnato dal Guerin Sportivo al miglior under 21 europeo: «Fu una serata memorabile. C’erano tanti giocatori della squadra italiana Campione del Mondo. Fu un gran bel momento quando ricevetti il premio in mezzo a Enzo Bearzot e a Franco Causio, la fortissima ala destra della Juventus e della Nazionale azzurra», ricordava Shaw. E a chi gli chiedeva qual era stato il difensore più duro mai incontrato non aveva dubbi: «Ho giocato contro grandissimi difensori in Inghilterra e all’estero. Augenthaler del Bayern Monaco, Migueli del Barcellona, Lawrenson e Hansen del Liverpool, Roy Mc Farland del Derby County… ma nessuno è stato più duro di Claudio Gentile della Juventus. Gli interessava solo cancellarmi dalla partita, in un modo o nell’altro. Mi avrebbe seguito anche se fossi andato alla toilette! La cosa incredibile (e bella) è che al fischio finale mi ha sorriso, abbracciato e poi mi ha chiesto di scambiare la maglia. Se la meritava! L’ha stretta fra le mani per tutti i 90 minuti!». Nel 1982 vince anche la Supercoppa Uefa contro il Barcellona e ancora una volta è decisivo, tanto che Diego Armando Maradona, assente nei due incontri per problemi di salute, chiese al suo agente di recarsi negli spogliatoi dell’Aston Villa per farsi consegnare «… la maglia numero 8 di quel biondino fenomenale». Ma le cose belle, si sa, durano poco e nel 1983, in uno scontro con l’ex compagno di squadra, passato al Nottingham Forest, Kenny Swain, si rompe il ginocchio: «In quel momento ho sentito distintamente un crack, come qualcosa che si spezzava dentro». Gary Shaw resta all’Aston Villa fino al 1987 ma non è più lo stesso, poi Blackpool, Copenaghen, Austria Klagenfurt, Walsall, Kilmarnock, Shrewsbury Town, per finire all’Ernest Borel a Hong Kong; in Nazionale sperava di partecipare al Mondiale dell’82 ma non fu convocato, lasciando sette presenze e due gol con l’Under 21. Prima dell’infortunio Barcellona e Juventus erano pronte ad acquistarlo. Una sliding door finita male e poi l’oblio, anche se non è mai stato dimenticato dal club, partecipando all’anniversario della conquista della Coppa dei Campioni, e dai tifosi. No, nessuno di ‘noi’ ha mai dimenticato il ‘biondino’ dell’Aston Villa.