Numeri 10. Sudamericani. Mancini. James Rodriguez e Lionel Messi, in ordine alfabetico partendo dal nome, saranno oggi i due Libertadores che dovranno accendere il fuoco rispettivamente di Colombia e Argentina in una finale di Copa America attesissima da ambo i lati. Nella memoria di Simon Bolivar il colombiano e di José de San Martín l’argentino, metteranno in scena nella neutrale e plastificata Miami una rivalità calcistica e culturale tra i due principali poli del Sudamerica. Perché dalle spiagge tropicali dei Caraibi ai ghiacciai della Terra del fuoco intercorrono circa dieci ore di volo. Un salto quantico da un mondo all’altro, nonostante la lingua sia la stessa e la verticalità non faccia presagire un cambio gigante. Stanotte (ore 2 italiane), che sia nella rovente e colorita Cartagena de Indias o nella gelida e isolata Ushuaia, il Bandido e la Pulga saranno i fuochi dai quali compagni e tifosi cercheranno ispirazione e speranza per diventare i Re d’America.
Copa America, la Colombia ci crede: James Rodriguez trascinatore
Un trono che i colombiani hanno occupato solo una volta, 23 anni fa, mentre gli argentini lo hanno fatto in 15 occasioni, l’ultima delle quali tre anni fa al Maracaná di Rio de Janeiro, sebbene senza pubblico per via delle restrizioni per la pandemia. E, sebbene i curriculum delle due nazionali siano totalmente opposti, è chiaro che la tendenza attuale spinge la nazionale Cafetera a credere nel miracolo. Arrivata piena di fiducia all’evento statunitense, la nazionale colombiana è stata trascinata in tutte le partite da un James che è sembrato quello di Brasile 2014, quando a 23 anni sorprese il mondo segnando 6 reti e sfiorando l’accesso alle semifinali del torneo planetario. Oggi, con dieci anni in più, il mancino di Cúcuta ha nuovamente dato spettacolo come se tutto questo tempo non fosse passato. Eletto per sei volte su sei - en plein mai ottenuto - miglior giocatore del match, è lui il depositario della fiamma e della fede di una Colombia che attende questa vittoria come nessun’altra. Vincitrice della Coppa nell’edizione del 2001, alla quale l’Argentina non partecipò per una presunta mancanza di sicurezza dovuta alla guerriglia in Colombia, la nazionale Cafetera vuole anche vendicare quell’affronto.
Argentina e Colombia pronte a darsi battaglia
Di fronte, però, ci sarà quel Messi che negli Stati Uniti - oggi casa sua - non intenderà sfigurare, e che nonostante i 37 anni dispone ancora dell’intelligenza e del talento calcistico per decidere gare di un certo tipo. Inoltre, il numero 10 dell’Inter Miami è meglio circondato rispetto al suo rivale colombiano, con gente come Emiliano Martinez, Angel Di Maria, Cuti Romero e Julian Alvarez a rappresentare un plus tecnico importantissimo. In una finale secca, però, i valori possono livellarsi, soprattutto se l’entusiasmo di chi non ha praticamente mai vinto può risultare più potente della voglia di una squadra già campione di tutto. Da un lato, l’allegria e la ‘joie de vivre’ dei colombiani. Dall’altro, l’ambizione e la concretezza degli argentini. Questa finale latinoamericana nel paese più capitalista del globo è la resa dei conti tra realtà opposte, ma che hanno in comune la nazionalità dei tecnici. Entrambi argentini, si daranno la mano prima e dopo l’incontro, a prescindere dal risultato. E nonostante tutto. Nestor Lorenzo, che ha portato grande efficacia tra i Cafeteros, è però consapevole di essere di fronte all’occasione della vita. Quella che potrebbe permettere a James di scomodare lo stesso Bolivar come mito nazionale.