Inter, meriti e cinismo. Juve: colpe e sfortuna

Inter, meriti e cinismo. Juve: colpe e sfortuna© ANSA

TORINO - L’Inter è più squadra, più solida, più incisiva della Juventus, ma ha bisogno di due rigori per vincere la Coppa Italia. L’Inter vince con merito la sua ottava Coppa Italia, ma due ingenuità di De Ligt pesano sul destino dei bianconeri che poteva essere diverso, che stava per essere diverso. È stata una finale emozionante, di calcio palpitante più che spettacolare, è stato l’ultimo capitolo di una sfida lunga una stagione e nella quale l’Inter ha vinto tre volte, senza mai dimostrare di essere veramente superiore, riuscendo tuttavia a sfruttare le croniche debolezze della Juventus. E questo è un altro, indiscutibile, merito di Simone Inzaghi e dei suoi uomini, decisamente più maturi (lo dice anche l’anagrafica) di quelli di Massimiliano Allegri furibondo ed espulso. La rabbia del tecnico esplode dopo il quarto gol dell’Inter ed è figlia della frustrazione per le decisioni arbitrali, ma anche di un’idea che, sicuramente, avrà trapanato i pensieri: una volta, la sua Juventus, quando andava in vantaggio, non veniva rimontata mai.

Questa volta, dopo il gol di Vlahovic, la squadra è arretrata male, spegnendo quella foga che aveva consentito la rimonta. E l’Inter, da grande squadra quale è, ha guadagnato metri, chiudendo la Juventus in area dove prima o poi qualcosa può succedere, anche un contatto da rigore. La Juventus ha colpe e sfortuna, esalta e deprime, ma lascia la sensazione che manchi qualcosa. Il carattere, l’anima, la cattiveria e la concentrazione per 90’, senza quei buchi dove nel corso della stagione si sono troppo spesso infilati gli avversari. Allegri e la società dovranno ripartire da qui: il mercato dovrà portare qualcosa di più solido mentalmente e di più preciso a centrocampo, il tecnico dovrà lavorare moltissimo per ricostruire quella Juventus che pensava di aver ritrovato nei primi dieci minuti della ripresa, vedendola svanire strada facendo, incapace di trovare dei leader, a eccezione di Chiellini, vittima di una prestazione impiegatizia di Dybala, il cui talento meriterebbe più applicazione e ardore.

L’argentino, che lunedì darà l’addio allo Stadium, è in fondo la fotografia di questa Juventus, grandi potenzialità che, per demeriti e un po’ di sfiga, non riesce a esprimerle. Non a caso, adesso, si volta pagina. Inzaghi, invece, si prende la Coppa, mettendo al sicuro un’ampia sufficienza stagionale, in attesa di lanciare il disperato sprint scudetto. Ma qualcosa da alzare l’ha agguantato.

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