Bonucci: «La Juve un modello per il calcio italiano»

Il difensore bianconero e dell'Italia: «Voglio rimanere a Torino. Ventura ct? Ha idee forti. Balotelli non è cambiato»
Bonucci: «La Juve un modello per il calcio italiano»© PAOLO RATTINI/PEGASONEWSPORT

FIRENZE - Leonardo Bonucci, difensore della Juventus, si è presentato nell’aula magna di Coverciano con un messaggio carico di commozione: «Vorrei accomunarvi in un applauso in ricordo di Gaetano Scirea che oggi avrebbe compiuto 63 anni. Per me è e resterà sempre un simbolo dell’Italia e della Juve». Poi una conferenza stampa in cui il difensore bianconero non è stato mai banale, a cominciare dai giudizi su allenatori e calciatori.

LA JUVENTUS RICORDA SCIREA

Bonucci, questa è una Nazionale un po’ dimessa, con problemi di assenze e che che si fonderà sul blocco difensivo della Juve: siete pronti ad assumerne il peso?
«Pronti a metterci a disposizione del ct. Abbiamo la fortuna di avere un gruppo di grandi uomini e noi italiani nelle difficoltà tiriamo sempre fuori qualche cosa in più. Noi bianconeri mettiamo la nostra mentalità a disposizione, il ct già lo fa ambiente. Volgiamo ripetere il sogno Juve con la Nazionale».

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Questa etichetta “minore” alla Nazionale ti dà fastidio o ti carica?
«Vincere aiuta a vincere e ti migliora. Se oggi occupiamo un ranking basso vuol dire che non va qualcosa, ma sta a noi restare umili e migliorare. La cosa che non va? Dopo il 2006 c’è stato un decennio in calo a livello di qualità e talenti: ne sono usciti pochi e, insieme al neo delle amichevoli negative, ha fatto classifica. Non abbiamo rimpiazzato i grandi campioni e dobbiamo lavorare sui settori giovanili. Anche altre nazioni hanno avuto il loro “Anno Zero”: dobbiamo prendere esempio dai loro rimedi e costruire un mix di giocatori esperti e giovani di talento».

Si parla molto del nuovo ct: cosa pensi di tutte queste voci?
«Non riguarda noi calciatori. Siamo focalizzati su questo Europeo. Il ct che verrà scelto dopo Conte dovrà continuare un percorso tecnico tattico. Noi daremo la massima disponibilità e sacrificio per portare in alto la Nazionale».

Lei conosce bene Ventura...
«L’ho sfidato nei derby, ma soprattutto con lui ci ho giocato 38 partite all’esordio in A. Ha avuto il coraggio di buttare nella mischia un giovane come me e un altro  come Ranocchia. Se il prossimo ct dovesse essere lui, porterà un’idea precisa di gioco ed è quello che serve a noi visto che la qualità non è il nostro pregio. Lui ha un’idea forte e in questi anni lo ha dimostrato».

Ma quando il prossimo ct, chiunque sia, la convocherà di fianco al tuo nome leggeremo ancora scritto Juventus?
«Io ho un contratto lungo, sto bene a Torino e non vedo il motivo per cambiare».

Quanto ti manca una vittoria internazionale?
«Sarebbe bello, dopo esserci arrivati vicino 4 anni fa. Bello e stimolate per migliorare. Spero di riuscirci il più presto possibile».

Quando non sei venuto allo stage, ti sei riposato o hai lavorato?
«Ho lavorato anche più pesantemente del solito perché volevo presentarmi in maniera ottimale: arrivo carico. L’ultima partita l’ho giocata il 14 maggio e mi manca il campo. Non vedo l’ora di riprendere il ritmo e sentirmi importante».

Rispetto quello che avete fatto in campionato, non c’è tempo per recuperare: ne siete consapevoli?
«Partiamo senza i favori dei pronostici e continueremo percorso di crescita. Starà a noi, con umiltà e spirito di squadra, far diventare l’Italia una piacevole sorpresa. Sogno un grande Europeo a livello personale e di Nazionale. Ognuno darà il cento per cento partendo con il sogno di fare il massimo senza avere rimpianti dopo. Ho una voglia matta di confrontarmi con grandi giocatori».

Dicevi che crescono poco i giovani: forse perché da noi manca il coraggio per lanciarli?
«Credo che il problema principale in Italia sia dover far fronte ad aspettative e a proteggersi da critiche. Anche quest’anno alla Juve tanti giovani sono stati criticati all’inizio o hanno trovato difficoltà loro stessi. Loro sono stati bravi a reagire, ma c’e stato coraggio da parte di tutti per proteggerli e per rimettersi in discussione. Quest’annata alla Juve dovrebbe essere da esempio: i giovani hanno portato entusiasmo. All’inizio ci aveva fregati poi, abbinato alla consapevolezza di noi vecchi ci ha portati alla vittoria. Abbinare entusiasmo a coraggio, personalità ed esperienza può essere la chiave per fare ripartire il nostro movimento».

Ecco, a proposito delle difficoltà del movimento, sono stati pubblicati dati che certificano come la Serie A sia ormai il quinto campionato d’Europa: voi vi rendete conto di questo, magari quando giocate all’estero?
«Il primo dato che dovrebbe far accendere il campanello d’allarme è che all’estero vediamo stadi moderni e sempre pieni. Da noi ci sono sempre spazi vuoti: chiediamoci il perché e troviamo una soluzione. Quello di fare impianti privati a dimensione di famiglie e di bambini sarebbe inizio. Noi e l?Udinese dovremmo essere d’esempio. Da un punto bisogna partire e questo mi sembra decisivo. All’estero giocare è uno spettacolo: con lo stadio pieno ti viene anche una voglia diversa».

Ogbonna può essere il centrale adatto per una difesa a tre?
«Angelo ha dimostrato di poter fare il centrale ha tre: ha piede e personalità. E’ un elemento importante ed è migliorato tanto trovando la continuità in Premier».

Invece Rugani a che punto è?
«Daniele ha dimostrato di essere cresciuto. Quando arrivi in una grande squadra come la Juve chiunque incontra difficoltà di ambientamento. Lui è stato fortunato ad aver incontrato Allegri che lo ha gestito a meraviglia e da lì è stato un crescendo. Da parte sua ci mette grande disponibilità a imparare e può esser un sicuro valore aggiunto».

Ti sei sentito con Marchisio?
«Gli ho parlato il giorno prima di partire. Mi ha detto che sarebbe voluto essere qui e io gli ho promesso che porteremo la sua forza, la sua determinazione e la sua umiltà in campo con noi».

Pirlo e Balotelli: due rimpianti diversi...
«Andrea è il calcio fatto persona, ma il ct ha detto bene: chi fa certe scelte ci perde in termini di calcio. Dispiace perché oltre a un fenomeno in campo è un grande uomo spogliatoio, un simpaticone. Su Mario che dire... E’ sempre stato tutto nelle sue mani, doveva essere intelligente lui a capire dove cambiare. Purtroppo non lo ha fatto. Qui sarebbe stato importante, ma avrebbe dovuto capire che qui conta il gruppo e non il singolo. Qui bisogna essere dei carriarmati a servizio della squadra e non prime donne. Lo avesse capito, sarebbe diventato uno dei più forti al mondo e sarebbe stato qui, ora. Deve scattare qualcosa dentro di lui per ritrovare questa maglia a cui lui, lo sappiamo, tiene molto».

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