Un Pallone d'oro senza un padrone

Un Pallone d'oro senza un padrone© Getty Images

I tifosi francesi ne erano quasi sicuri, quest'anno il Pallone d'oro sarebbe tornato finalmente a casa. Il premio, nato nel 1956 su iniziativa della rivista sportiva France Football, assegnato al miglior giocatore dei campionati europei in base ai voti di una giuria composta dai giornalisti di alcune testate sportive, in poche parole quella che pomposamente viene definita la stampa specializzata. Negli anni questo riconoscimento ha cambiato pelle, con una coesistenza poco felice con la Fifa dal 2010 al 2016, fino al clamoroso stop della scorsa stagione quando la redazione della testata parigina ritenne che, sull'onda della sospensione della Ligue 1 a causa della pandemia dilagante nel mondo, il calcio si sarebbe fermato. Una scelta ipocrita che nessuno prese a esempio e, anzi, si rivelò un clamoroso autogol perché il pallone tornò a rotolare a tutte le latitudini. E toccò ad altri incensare il migliore del 2020, il polacco Robert Lewandowski, al quale la Fifa assegnò il "Best Player Award", che con il Bayern aveva regalato prodezze in serie permettendo così al mondo dello sport di restare connesso con quella quotidianità perduta, anche di fronte alle desolanti immagini di stadi vuoti e freddi. L'ultimo francese ad essere eletto “profeta in patria”, in base alla classifica del Pallone d'oro, è stato Zinedine Zidane, protagonista nel 1998 di un Mondiale strepitoso. Poi il buio nonostante la miriade di campioni lanciati sul palcoscenico del calcio internazionale e un secondo titolo iridato conquistato nel 2018 in Russia quando però il Pallone d'oro premiò chi quel titolo lo aveva solo sfiorato, il croato Luka Modric che comunque nel corso della stagione aveva vinto Champions League e Mondiale per club con il Real Madrid. Il 2021 doveva essere, nelle speranze, ma per qualcuno anche nelle convinzioni, un affare francese tra un “predestinato” (etichetta che nel calcio di oggi suona più come una sentenza piuttosto che un auspicio, vedi Pirlo), Kylian Mbappé, ex Golden Boy di Tuttosport, e N'Golo Kanté, bulimico cacciatore di palloni che ha monopolizzato la scena nel trionfo del Chelsea in Champions League. Serviva solo la consacrazione all'Euro 2020 per chiudere il cerchio indirizzando le preferenze da una parte o dall'altra. Del resto chi poteva ergersi a alternativa ai due galletti? Havertz, autore del gol della gloria europea dei Bleus, pecca in carisma e con la Germania, nonostante un torneo discreto, ha salutato la compagnia negli ottavi; il solito Cristiano Ronaldo no perché ha vissuto una stagione in chiaroscuro nonostante i record di gol accumulati in stagione (i 109 con il Portogallo e il titolo di capocannoniere nel terzo campionato top dopo quelli centrati in Premier League e Liga); Lewandowski che probabilmente merita il podio, giusto premio per aver superato un totem come Gerd Muller in Bundesliga, ma non ha lasciato il segno tra Champions e Europeo. E allora, chi ha i requisiti per ambire al Pallone d'oro? Il nome è scontato, ma il suo destino è legato a doppio filo con l'Italia di Mancini: Romelu Lukaku.

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