Chi si deve inginocchiare

Chi si deve inginocchiare© LAPRESSE

Gabriele Gravina è un vero signore e, come lui, Paolo Corbi, il capo della comunicazione Figc. D’altra parte, la signorilità è come il coraggio: se uno non ce l’ha, non se la può dare. L’uno e l’altro, l’hanno. Così, il presidente della Nazionale e uno dei suoi più stretti e preziosi collaboratori, per due volte in ventiquattro ore, con garbo pari alla fermezza sono intervenuti allo scopo di riaffermare ciò che tutti conoscono: l’impegno antirazzista dell’Italia. Essa si batte contro ogni discriminazione ed è sempre in prima fila quando si tratta di intraprendere iniziative per il rispetto dei diritti civili di tutti, per l’inclusione, per la parità di genere, contro le mafie, contro i femminicidi. E questo sia detto solo per citare alcune delle azioni che gli azzurri hanno compiuto in questi anni, sfruttando nel modo migliore la formidabile cassa di risonanza mediatica di cui gode la squadra più amata dagli italiani, in questo periodo più amata che mai. Il problema è che, a tentare di sfruttare questa cassa di risonanza ci si mettono alcuni predicatori del nulla, falsi moralisti, chierici dell’ipocrisia.

Strumentalizzazione pelosa

Penosa e pessima la strumentalizzazione dei cinque giocatori di Mancini che si sono inginocchiati prima della partita con il Galles e degli altri che sono rimasti in piedi. Penosa, pessima e pelosa, come la carità che qualcuno fa per essere solidale, ma, in realtà, mira al proprio tornaconto. Addirittura, c’è stato chi si è permesso di dire agli azzurri ciò che dovrebbero fare sabato a Wembley, cioè inginocchiarsi assolutamente tutti perché, se ti inginocchi, sei buono, puro e antirazzista; se rimani in piedi, sei brutto, razzista e cattivo. Ha detto bene Gravina: «Ognuno, con la sua sensibilità, adotta i comportamenti che ritiene più consoni. Il 20 giugno, a Roma, alcuni si sono inginocchiati, altri si sono limitati ad applaudire, come ha fatto anche il pubblico sugli spalti. Massimo rispetto per tutte le forme atte a testimoniare l’attenzione contro ogni forma di discriminazione. Continueremo a lasciare i nostri ragazzi liberi di scegliere». Parole sante perché ognuno deve essere libero di agire contro il razzismo come meglio crede. Parole pronunciate da uno dei migliori presidenti alla guida del calcio italiano, da quando, il 26 marzo 1898, a Torino, si costituì la Federazione Italiana del Footballl, dal 1909 Federazione Italiana Giuoco Calcio. 

Quelli che volevano chiudere tutto

Il fatto è che nel Palazzo della politica, qualunque sia il colore di appartenenza, c’è troppa gente finita nel pallone della propria insipienza. Gente pronta a colpi di tweet o di comparsate tv, a saltare sul carro della Nazionale quando vince e a impartirle lezione di antirazzismo per fare il figo, tanto non costa nulla, no? Gente che, quattordici mesi fa, durante la prima ondata della pandemia, faceva la guerra a Gravina, a Dal Pino, al calcio che si voleva chiuso e sepolto perché bisognava imitare la Francia. Gente che invitava i presidenti a pensare al prossimo campionato, poiché il presente era morto. Gente che si occupava di sport salvo poi confessare candidamente di non conoscere lo sport. Gente che se ne fregava di una delle prime dieci industrie del Paese, delle centinaia di migliaia di posti di lavoro generati dall’indotto, messi a repentaglio da una campagna intrisa di demagogia salottiera. Gente che, soltanto nel gennaio scorso, se non fosse stata martellata ogni santo giorno anche da questo giornale, non avrebbe mai approvato il provvedimento sull’autonomia del Coni che ha scongiurato il bando dell’Italia dai Giochi di Tokyo, al via esattamente fra un mese e dove una delle quattro nazioni che ha sempre partecipato alle Olimpiadi ed è sesta per numero complessivo di medaglie d’oro, avrebbe sfilato sotto la bandiera del Cio, senza inno, senza bandiera e con i suoi rappresentanti in lizza quali atleti olimpici indipendenti. Immaginate Federica Pellegrini, alla quinta olimpiade, icona mondiale dello sport italiano, che in Giappone si presenta come atleta olimpica indipendente e domandatevi chi, davvero, si debba inginocchiare. Davanti a lei e alla Nazionale.

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