"Vlahovic è pronto per la Juve": i retroscena esclusivi di Corvino

Dal colpo Chiesa in bianconero, chiuso già nel 2019, fino al giovane serbo della Fiorentina, l'ex scopritore di talenti viola - oggi al Lecce - svela curiosità e aneddoti
"Vlahovic è pronto per la Juve": i retroscena esclusivi di Corvino

Un occhio all’Europeo, alla ricerca di nuove intuizioni. L’altro sempre fisso sul mercato, da 30 anni il suo terreno di caccia preferito. Pantaleo Corvino, ds del Lecce e scopritore seriale di talenti, è abituato a guardare avanti, a fiutare il prossimo colpo. Non è tipo da voltarsi indietro, ma ogni tanto qualche strappo alla regola lo fa. E quando si lascia andare, diventa un fiume in piena. O meglio: un pozzo infinito di racconti, curiosità, retroscena, aneddoti. Tra Lecce (2 volte, con due promozioni dalla B alla A, salvezze e 7 titoli italiani giovanili) e Fiorentina (2 volte, con 4 qualificazioni Champions e 5 titoli italiani giovanili), con in mezzo la parentesi di due anni a Bologna (una promozione dalla B alla A e una salvezza),ha scoperto e lanciato un’infinità di giocatori: Dusan Vlahovic, corteggiato da mezza Europa, è soltanto l’ultimo di una lunga serie destinata a proseguire, vista la passione per il pallone che dimostra ogni giorno questo ragazzino di 71 anni.

Buongiorno Pantaleo Corvino. Ci dica la verità: è più preoccupato o contento di ritrovarsi contro Buffon nel Parma nel prossimo campionato di Serie B?

«L’unica cosa che mi viene in mente pensando a Gigi mi riporta indietro nel tempo. Ma è come se fosse ancora oggi. E fatemela raccontare».

Certo.

«Ho avuto tre maestri: uno vicino di casa, Mimmo Cataldo. Uno a metà strada, Piero Aggradi. E l’altro lontano da casa, Ricky Sogliano. Ognuno bravo a suo modo e con le proprie qualità. Il più avanguardista era Ricky. A volte partivo e facevo 1.200 chilometri per andare a trovarlo a Varese. E imparare. Perché prima i direttori, oltre a partire dal basso, frequentavano anche “le botteghe”. Mentre adesso direttori sportivi e direttori generali nascono dal niente, come funghi. L’ospitalità di Sogliano era unica. Ricordo come se fosse oggi. Mi chiamò prima del ritiro estivo per avere a Parma un giovane portiere, Alessandro Leopizzi, allora campione d’Italia con me a Casarano. Mi disse che lo tesserava perché convinto che Bucci e Nista gli avrebbero potuto creare problemi poiché aveva in mente di fare qualcosa contro ogni logica. “Caro Pantaleo, quest’anno vedrai debuttare un diciassettenne. Ricordati che sarà il più forte portiere italiano di tutti i tempi”. Mi disse così anche quando era a Venezia con Bobo Vieri. E non solo... Ci prese pure quella volta. Gigi lo aspetto a Lecce, in Serie B. In tutte le piazze sarà ambasciatore e simbolo del calcio italiano e mi darà ancora una volta una maglia per mio nipote, suo grandissimo tifoso».

Intanto a far sognare è l’Italia di Mancini all’Europeo: cosa la colpisce maggiormente della Nazionale?

«Innanzitutto l’ardore e la partecipazione che mettono nel cantare l’inno Nazionale. E poi la determinazione».

Da grande scopritore di talenti, quale giocatore dell’Europeo la intriga di più?

«Ho un debole per Kevin De Bruyne, il belga del Manchester City».

Ci sveli un aneddoto su un calciatore italiano e uno straniero dell’Europeo che in passato è stato vicino a tesserare per una delle sue squadre.

«Berardi, nella mia ultima stagione alla Fiorentina, è stato a un passo. Lo straniero? Alexander Isak, il 21enne attaccante della Svezia, da giovanissimo lo portai a Bologna in prova per alcuni giorni. Sono certo che diventerà un big».

A proposito di giovani: nel 2021 chi sarà l’erede di Haaland, Golden Boy di Tuttosport in carica?

«Il mio preferito è Camavinga, il centrocampista classe 2002 del Rennes».

A bruciapelo: le favorite per l’Europeo?

«Voglio osare: Belgio e Italia».

Tra gli azzurri c’è anche Chiesa: ci svela un aneddoto su Federico?

«Durante il mio primo ciclo a Firenze, apportai la firma sul primo cartellino di Federico alla Fiorentina. Mentre all’inizio del mio secondo periodo in viola, visionando la posizione di tutti i tesserati, me lo ritrovai che aveva un contratto a 25 mila euro di stipendio e sarebbe andato a scadenza l’anno successivo. Qualsiasi altra famiglia o calciatore avrebbero potuto approfittare di questa posizione. Nei primi giorni mi sedetti subito a parlare con il padre e con Federico. In virtù degli ottimi rapporti, e soprattutto del loro attaccamento, chiesi loro una lunga disponibilità a rimanere in viola. A dire il vero, “forzando la mano”, dissi che pur così giovane Federico sarebbe potuto diventare un titolare nella Fiorentina. Dopo aver discusso animatamente, ognuno inseguendo i propri interessi a livello contrattuale, compresi quanto totale fosse il loro attaccamento alla maglia della Fiorentina e alla città. Passai l’estate a rifiutare la corte di tanti club di Serie B: il più accanito era il Cesena di Rino Foschi. Poi la fortuna e il coraggio di Paulo Sousa vollero che Borja Valero fosse squalificato alla prima di campionato in casa della Juventus e che Chiesa partisse dal primo minuto. Così fu il suo inizio».

Lo scorso autunno Chiesa si è trasferito alla Juventus, ma è vero che in realtà lo aveva già venduto lei nel 2019, poi il trasferimento saltò per il passaggio di proprietà della Fiorentina? Dica la verità. 

«A essere sinceri, senza paura di essere smentito, avevo un accordo di massima con l’allora dg bianconero Fabio Paratici per 40 milioni più uno tra Demiral e Spinazzola ceduto alla Fiorentina a titolo definitivo e l’altro in prestito. Sì, il cambio di proprietà fece saltare tutto».

Alla Fiorentina di Rocco Commisso, oltre a Chiesa, ha lasciato in eredità due serbi che non sono all’Europeo, però sono protagonisti sul mercato: Vlahovic e Milenkovic. Chi dei due la sta stupendo maggiormente?

«Nessuno, li considero due conferme. E vi spiego perché. Per Milenkovic, a gennaio dell’ultima mia stagione alla Fiorentina, i Della Valle, e lo dico anche qui senza paura di poter essere smentito, rifiutarono 40 milioni di euro più bonus dal Manchester United. Per Vlahovic, invece, spaventai il mio club quando nel 2017, per un ragazzo del 2000 extracomunitario e non ancora tesserabile, pagai anticipatamente 1,5 milioni al Partizan per chiudere subito la trattativa e strapparlo alla futura concorrenza. Per trovare l’accordo con il giocatore, e farlo firmare, dovetti aggiungere il primo dei cinque anni di contratto a quello successivo, quando arrivò fisicamente a Firenze. Lo ammetto, dopo la firma ero spaventato. Sono convinto che se ne accorse pure il padre di Vlahovic, il quale mi disse: “Direttore, sono sicuro che stai portando a Firenze il nuovo Batistuta”. Rivolgendomi anche alla madre, risposi: “Beh, io ero convinto, invece, di aver portato un nuovo Luca Toni”. Ci fu una risata generale. Eravamo in una stanza d’albergo, lo ricordo come se fosse oggi».

Adesso su Vlahovic, dopo i 21 gol nell’ultimo campionato, sono attive tutte le big europee: Juventus e Milan in primis. Il bomber viola è già pronto per un top club?

«Quando Dusan non giocava ancora con continuità nella Fiorentina, mi chiamò un cronista per domandarmi cosa ne pensassi».

La sua risposta?

«Vlahovic è un titolare. La qualità non ha età. Vlahovic adesso potrebbe fare il centravanti sia nella Juventus sia nel Liverpool o nel Tottenham».

Vlahovic è un 2000 come Haaland (Borussia Dortmund) e Kean (Everton): chi sceglierebbe per la sua squadra dei sogni?

«Siccome prediligo due punte che si completino, dico Vlahovic e Haaland».

La Juventus, in alternativa a Vlahovic, pensa soprattutto a Gabriel Jesus (Manchester City) e Icardi (Psg): per quale 9 affonderebbe?

«Dipende anche dalle idee dell’allenatore. È una domanda più per Allegri che per me. In ogni caso parliamo di grandi attaccanti. Con Dybala serve un nove che garantisca soprattutto profondità, quindi un calciatore con le caratteristiche di Vlahovic».

Da esperto uomo mercato, che idea si è fatto sul futuro di Cristiano Ronaldo: resta alla Juventus o va via?

«Ronaldo aveva un senso quando è stato acquistato tre anni fa. Adesso, alla luce di tante altre considerazioni, non c’è più ragione per tenerlo. Ma la Juve sa perfettamente quello che deve fare».

Se si trovasse a cena con Lukaku, cosa chiederebbe a Romelu?

«Conoscendolo da molti anni, da quando era un giovane calciatore dell’Anderlecht, domanderei a Romelu chi è stato lo specialista che negli anni lo ha migliorato in questo modo a livello di destrezza, coordinazione e tecnica».

Se potesse fare una pazzia, quali big di A acquisterebbe per il suo Lecce?

«Una bella accoppiata: Vlahovic e Chiesa».

Quali giocatori stranieri avrebbe avuto piacere di vedere in Serie A il prossimo anno?

«Due calciatori del Lecce. Morten Hjulmand, classe ’99. E Pablo Rodriguez, un 2001. Il primo pescato nell’Admira, squadra del campionato austriaco e il secondo dalle giovanili del Real Madrid. Terremo entrambi a Lecce, anche se siamo ancora in Serie B, affinchè se li possano godere i nostri tifosi».

Quanto brucia ancora la mancata promozione in A?

«Quest’anno il Lecce è stato a un passo dalla Serie A. Come i risultati degli altri, nel bene e nel male, dipendono da quello che facciamo noi. Così le nostre fortune, nel bene e nel male, dipendono da quello che fanno gli altri. Peccato! Anche se non era un obiettivo programmato. A quattro giornate dal termine eravamo secondi con le nostre inseguitrici a distanza, poi il crollo. Un calcio di rigore non realizzato, a due minuti dalla fine nella semifinale playoff di ritorno contro il Venezia, ci ha tolto l’opportunità di raggiungere un grande risultato. Di quelli che possono cambiare subito la vita di un club».

Che Lecce ci dobbiamo aspettare il prossimo anno?

«Pur con equilibrio e rigore finanziario dobbiamo sforzarci di riuscire a costruire un Lecce all’altezza del suo territorio e dei suoi tifosi».

Il vostro campionato sarà la Serie B(uffon), mentre la Serie A 2021-22 è stata ribattezzata il torneo degli allenatori grazie ai ritorni in panchina di Allegri (Juventus), Mourinho (Roma), Sarri (Lazio), Spalletti (Napoli)... Quale sarà il tecnico rivelazione?

«Due anni fa, in una intervista, risposi alla stessa domanda citando un nome che suscitava molte perplessità perché in quel momento stava lottando per evitare i playout in Serie B, con il Venezia. Era Alessio Dionisi, che l’anno precedente avrei voluto portare nella Primavera della Fiorentina dall’Imolese. Confermo lo stesso nome. Dionisi, dopo aver vinto il campionato di B con l’Empoli, può essere la rivelazione alla guida del Sassuolo. E sicuramente si ripeterà anche Semplici a Cagliari».

È più sorpreso da Conte, che dopo lo scudetto si è separato dall’Inter, o da Gattuso che si è lasciato con la Fiorentina dopo appena tre settimane?

«Non so chi avesse il dente cariato, ma quando fa male è meglio toglierselo subito».

La Serie A ha perso un dirigente come Fabio Paratici, architetto di grandi colpi (da Pogba a Cristiano Ronaldo) e 19 trofei con la Juventus, appena trasferitosi al Tottenham. Stupito?

«Fabio in Italia ha fatto la storia con tanti successi. È atteso da una sfida stimolante: si misurerà nel campionato più prestigioso e sono certo che sarà protagonista anche lì. Adesso faccio il tifo anche per Federico Cherubini, il suo successore nella Juve».

Durante la conferenza d’addio alla Juventus, Paratici ha detto che Barzagli, acquistato quasi a zero dal Wolfsburg nel 2011, è il colpo che più lo rende orgoglioso. Il suo migliore affare in entrata e in uscita? 

«In entrata Luca Toni, diventato Scarpa d’Oro a Firenze: un grandissimo orgoglio. Non ricordatelo troppo, però, perché ancora adesso fa arrabbiare il mio amico Rino Foschi (risata). La migliore cessione? Se avessi chiuso Chiesa già nel 2019 alla Juventus, avrei portato alla Fiorentina più di 100 milioni grazie a tre cessioni ai bianconeri: 25 per Felipe Melo, 40 per Bernardeschi e poi Chiesa».

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