Ungheria modello Leverkusen, Rossi alla Xabi Alonso per sorprendere

Il calcio relazionale magiaro e le scelte di Szoboszlai: l'analisi tattica di una delle possibili sorprese dell'Europeo

Francia, Inghilterra e, probabilmente, Germania, anche solo perché gioca in casa, sembrano un gradino più in su di tutte. Dietro, tre quarti del gruppo dell'Italia (e, quindi, Croazia e Spagna), Portogallo, Belgio e, nonostante le ultime importanti defezioni, anche l'Olanda. Nulla di nuovo, si direbbe. Eppure c'è chi proverà a far saltare il banco e ribaltare i pronostici a base di sudore e lavagna tattica. E un pizzico di fortuna che, però, come recita il proverbio, aiuta gli audaci. Proprio andando alla ricerca degli audaci che ci siamo soffermati sull'Ungheria: perché è facile essere audaci quando in squadra hai Mbappé e Giroud, Bellingham e Kane, CR7 e Bernardo Silva, Musiala e Muller. Sin dal suo arrivo sulla panchina di quella che durante gli anni Cinquanta fu la 'Aranycsapat', la Squadra d'oro, Marco Rossi ha deciso di scommettere sull'orgoglio e la voglia di rivincita dei suoi.

Coraggio prima di tutto

E come lo ha fatto? Chiedendogli di essere coraggiosi. Smettendola di andare a elemosinare un pareggio in giro e conducendoli a espugnare - come ai tempi di Sebes, Puskas e Kocsis - Wembley. Ed è un dato di fatto che il tecnico torinese abbia ridato dignità alla Nazionale magiara al punto da meritarsi la cittadinanza onoraria ungherese. Assieme al sito specializzato, House of Calcio, abbiamo analizzato le caratteristiche che fanno dell’Ungheria una delle squadra più interessanti dal punto di vista tattico. Perché ben prima di Xabi Alonso a Leverkusen, Rossi ha scommesso sul calcio relazionale, quando «i movimenti di un giocatore non sono fatti rispetto al compagno, ma rispetto alla palla e, quindi, se c’è uno spazio libero, che io sia difensore o centrocampista lo vado a occupare. Perché è lo spazio in cui dovrebbe andare a finire la palla - sottolinea Alessandro Buccheri, analista di House of Calcio -. Questa cosa si riflette anche nel punto di forza dell’Ungheria: la fascia sinistra che è la catena più forte della squadra perché confluisce Szoboszlai, trequartista di sinistra e uomo chiave della squadra, che combina con Kerkez, l’esterno sinistro, ma anche con il mediano di riferimento e il centrale di sinistra. Tutto ciò serve a liberare l’uno contro uno a destra, perché da quella parte c’è Nego, veloce e molto bravo ad attaccare la profondità». Insomma, densità a sinistra per poi finire a destra: «L’obiettivo è quello: fare densità laterale sul lato sinistro con i calciatori di maggiore qualità, che si concentrano tutti lì, per poter poi finire a destra in campo aperto. Un po’ come Xabi Alonso a Leverkusen, ma vedere un lavoro del genere fatto da una squadra di secondo piano è sempre molto interessante». A confermare la tendenza “relazionale” dell’Ungheria, ci sono anche i dati sul possesso («È una squadra che non ama tenere esageratamente il pallone») e, soprattutto, i passaggi progressivi, quelli che spostano in avanti il baricentro della squadra e che, quindi, aiutano ad attaccare la profondità: «Se prendiamo in considerazione le partite dei gironi, tra le qualificate l’Ungheria è quarta in questa statistica con 76 a partita: questo rende proprio l’idea di quello che dicevamo: densità a sinistra-vado a destra».

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