Era il più classico dei “gironi della morte”, sembrava una lotta per il terzo posto tra Austria e Polonia dietro alle favoritissime Francia e Olanda che si sarebbero giocate il primo. E invece a vincerlo, piazzandosi al primo posto e dalla parte sulla carta più facile del tabellone, è stata la nazionale di Ralf Rangnick, per diversi motivi la meno attesa delle tre. Anche, se non soprattutto, per la mancanza di una star mondiale, considerando che il capitano e leader David Alaba è fermo da dicembre per la rottura del crociato e non ha recuperato in tempo. Si sta godendo lo spettacolo dalla panchina, vicino alla squadra: non poteva mancare. Una sorta di ventisettesimo uomo, non giocatore, il primo che il ct ha abbracciato dopo il fischio finale dell’ultima gara del girone, quella contro gli Oranje, che ha sancito il primo posto e l’ottavo contro la Turchia.
I segreti dell’Austria: le idee di Rangnick
Non c’è alcun dubbio che il principale artefice di questo (finora) straordinario cammino sia proprio della cabina di regia. Già dal suo arrivo ormai due anni fa si notava una qual certa alchimia tra le idee dell’ex manager Red Bull e la sua squadra. Normale che sia così, visto che la sezione calcistica dell’energy drink più famoso al mondo ha tra le basi principali proprio Salisburgo, dove è transitata praticamente la metà dei giocatori che oggi costituiscono la rosa. Ad impostarle, quelle basi, è stato proprio Rangnick, che ha fatto lo stesso parallelamente a Lipsia. Insomma, in termini di conoscenza dei calciatori e del loro stile di gioco la federazione non poteva fare scelta migliore.
I principi del Professore sono basati sul Gegenpressing, sulla capacità di riconquistare la palla tenendo un baricentro alto, di difendere in avanti, sull’anticipo, per poi costruire palla a terra sempre alla ricerca della verticalità, con scambi veloci e pochi tocchi. Conoscenze tattiche che fanno parte del suo percorso trentennale da allenatore, ma anche direttore sportivo, tra gli anni all’Hoffenheim, da manager della Red Bull, con passaggi intermedi tra Schalke, Lokomotiv Mosca e di recente al Manchester United, dove Cristiano Ronaldo disse che “non è nemmeno un allenatore”.
Una rosa di sorprese (e non solo)
Per fargli cambiare idea Rangnick ha scelto il palcoscenico più importante, quello dell’Europeo. Con una squadra costruita da lui, scegliendo i giocatori in base alle caratteristiche più funzionali a sviluppare il proprio gioco. Anche senza grandi nomi, anzi. Basterebbe pensare al portiere Patrick Pentz, classe 1997 che dopo le panchine a Rennes e Leverkusen è finito in Danimarca, al Brøndby, per riuscire a trovare minuti e continuità. Lo stesso si può dire in difesa, dove una coppia prestabilita per la verità non c’è, visto che c’è un’alternanza che dipende molto dalle caratteristiche dell’avversario. Chi si sta distinguendo più di altri è certamente Philipp Lienhart, 27enne punto fermo del Friburgo con un passato anche nelle giovanili del Real Madrid, uomo chiave soprattutto per l’uscita palla con le sue qualità tecniche.
Sulla sinistra con l’Olanda si è visto Alexander Prass, 2001, esterno mancino di centrocampo dello Sturm Graz di Christian Ilzer, fresco campione d’Austria e anche vincitore della coppa nazionale: è stato arretrato a terzino, ruolo che aveva interpretato solo all’occorrenza poche volte in carriera, ma che ad alto livello potrebbe essere il suo pane quotidiano visto che a Berlino è entrato in tutti i tre gol — e in Stiria potrebbero stare sfregandosi le mani. Come del resto a Brema, casa Werder, vedendo il fantasista 2000 Romano Schmid - 168 centimetri di grande tecnica - brillare e anche segnare. O Patrick Wimmer, non a caso entrato nelle mire anche della Juventus.
Sono solo alcuni degli esempi di giocatori emergenti, che si stanno facendo largo in mezzo a giocatori già di caratura internazionale come Marcel Sabitzer o Konrad Laimer, che tra Dortmund e Bayern nell’ultima stagione hanno mantenuto alto il livello sempre tenuto nella loro carriera, per diverso tempo parallela con la maglia del Lipsia. Senza dimenticare altri già formati come Baumgartner e Seiwald (entrambi del Lipsia). Il tutto con capitan Arnautovic in avanti a sacrificarsi anche a 35 anni dimostrando una freschezza e una voglia di vincere che solo negli ambienti sani e funzionali riesce a venir fuori. E il merito non è altro che di Rangnick.