Quel tiro così, da quella posizione lì, sembrava seguisse una linea tratteggiata, una traiettoria tatuata nel cuore di milioni di tifosi: il pallone calciato da Zaccagni ha seguito la strada segnata da Del Piero a Dortmund nel 2006, semifinale contro la Germania. Altri tempi e altra Nazionale, per carità, ma ieri gli dei del calcio ci hanno voluto bene e hanno guidato fino sotto l’incrocio quel la parabola al 98’, sciogliendo il sogno dei croati nelle loro stesse lacrime e incendiando la notte azzurra quando l’umore del Paese era ormai incenerito. Sembra l’inizio di una di quelle strane e folli imprese che siamo in grado di mettere insieme quando partiamo male e, poi, a un certo punto svoltiamo. Sembra.
Ma risulta difficile crederci, perché non possiamo nascondere il fastidioso rumore della verità dietro la fragorosa esplosione di gioia al gol di Zaccagni. Siamo stati a un millimetro da perdere e trovarci a pregare per il ripescaggio e, ammettiamolo, non sarebbe stata un’ingiustizia ; perché, sì, abbiamo avuto sprazzi migliori rispetto alla caporetto contro la Spagna, ma siamo stati ancora una volta timorosi, distratti, illogici, con molti limiti tecnici e non sempre lucidi. Il calcio, però, è questo, anzi è soprattutto questo, e il gol di Zaccagni all’ultimo secondo dell’ultimo minuto, ridimensiona la portata di tutti gli altri secondi e minuti giocati sul campo della Red Bull Arena di Lipsia. Ora inizia un altro Europeo per noi e quel gol potrebbe, se non altro, allentare qualche freno psicologico, rabboccando il coraggio degli azzurri.