De Ligt: "Il Golden Boy può cambiarti la vita"

"Mi ricordo perfettamente quando ho ritirato il mio trofeo a Torino, che poi è diventata la mia città. Haaland è bravissimo, merita il premio e la stima di tutti"
De Ligt: "Il Golden Boy può cambiarti la vita"© LAPRESSE

TORINO - Il Golden Boy ti cambia la vita. Forse più del Pallone d’Oro che arriva a coronare un trionfo, il premio di Tuttosport apre la strada verso il futuro, a volte la traccia con precisione. Quel 17 dicembre 2018, per esempio, ha segnato un momento chiave nella carriera di Matthijs De Ligt. Era la prima volta che il difensore olandese metteva piede a Torino e le 24 ore trascorse lì hanno inciso non poco nel corso degli eventi. De Ligt viaggiava con una nutrita  appresentanza di parenti (genitori, nonna e fidanzata Annakee, che i tifosi avevano imparato a conoscere proprio quella  otte d’inverno) e non sapeva ancora che lo sbarco avrebbe indirizzato in modo decisivo gli eventi, però Torino gli è piaciuta immediatamente. Colpito dal fascino discreto e dall’eleganza regale, ma sempre sobria delle sue piazze e delle vie del centro, percorse in un breve tour, De Ligt aveva fantasticato sull’potesi di tornarci in qualche modo (sul palco della premiazione aveva detto: «Non so ancora cosa accadrà. Adesso sono concentrato solo sull’Ajax, ma l’Italia è un bellissimo posto e la Serie A un ottimo campionato»). Certo, sapeva che la Juventus era interessata a lui, ma in quel momento c’erano nove dei primi dieci club del ranking europeo che avevano preso contatti con l’Ajax o con il
suo agente Mino Raiola.

Agnelli

Il Golden Boy, tuttavia, fu galeotto perché quella sera a Torino c’èra anche Edwin Van Der Sar, l’ex portiere juventino, diventato amministratore delegato dell’Ajax, che il mattino dopo la premiazione aveva incontrato Andrea Agnelli, un amico dei tempi in cui era un calciatore bianconero, uno stimatissimo collega in seno all’Eca (l’associazione dei club europei) e anche il presidente della squadra che era molto interessata a un suo giocatore. Agnelli non conduce mai una trattativa e in quel caso non ha fatto un’eccezione, quindi non si può dire che quell’incontro fu determinante, ma è difficile pensare che, in qualche modo, non sia stato gettato un seme per quella che poi è stata una pianta coltivata da Paratici, Nedved e Mino Raiola, l’agente di De Ligt che, alla fine, lo ha portato alla Juventus. Così mentre De Ligt girava per Torino, a bocca aperta per le sue bellezze architettoniche, Ajax e Juventus diventavano ancora più amiche. Conterà anche quel rapporto sei mesi più tardi, quando i bianconeri riusciranno a bruciare tutti quanti e ingaggiarlo, riportando a Torino il Golden Boy. Inteso come giocatore, perché il trofeo rimane ad Amsterdam, in una specie di museo personale di Matthijs, come spiega lui stesso nel messaggio con cui si complimenta con l’amico e collega Haaland: «Vincere il Golden Boy è stato bello! Ricordo ancora quando sono venuto a ritirare il premio a Torino, una città straniera che poi è diventata casa mia. Il Golden Boy ovviamente lo conservo con grande piacere, a casa della mia famiglia ad Amsterdam dove ho l’abitudine di raccogliere i ricordi legati al calcio. Un grande saluto a tutti e complimenti a Erling Haaland che ha vinto l’edizione di quest’anno».

Il ricordo

Ma se il Pallone dorato del Golden Boy è in una stanza della sua Amsterdam, il ricordo di quella serata rimane per sempre nel cuore di De ligt. È stato il suo primo trofeo personale di una certa importanza, un traguardo che non può dimenticare, anche per il fatto di averlo ricevuto in una città che è diventata così importante per lui. Non passa spesso davanti alle Ogr, dove venne premiato nel 2018, ma quando gli capita non riesce a non sorridere al pensiero di cosa era successo lì dentro. Anche perché, come aveva detto lui, qualche tempo fa in un’intervista a Tuttosport: «Il mio pensiero è sempre lo stesso di prima: lavorare duro per migliorarmi. Però diciamo che finora mi ha portato fortuna». Era ancora all’Ajax quando spiegava queste cose e ha tenuto fede al suo motto: lavorare per migliorarsi. E così è arrivato a far ragionare tutto l’ambiente Juventus di farlo diventare, e non certo fra un secolo, il capitano della squadra. Ne ha le qualità, sostiene chi lo conosce e anche Agnelli accarezza con sincerità l’idea. 

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