Van der Vaart: "Haaland sembra Ibra. Vi svelo il mio CR7"

Irrompe l'olandese, che nel 2003 è stato il primo a conquistare il Golden Boy di Tuttosport: "Sempre più orgoglioso del trionfo"
Van der Vaart: "Haaland sembra Ibra. Vi svelo il mio CR7"

TORINO - Sembra l’altro giorno, masono già passati diciassette anni. Rafael Van der Vaart, primo Golden Boy di Tuttosport, nel 2003 era uno dei gioielli più luminosi della straordinaria scuola Ajax. Il fantasista olandese, classe 1983, dopo gli inizi nel club di Amsterdam ha girato mezza Europa: Amburgo, Real Madrid, Tottenham, Betis, Midtjylland, Esbjerg. Dopo 109 presenze in Nazionale, con tanto di Mondiale sfiorato nella finale persa nel 2010 contro la Spagna, due anni fa ha lasciato il calcio giocato. È stato il primo Golden Boy in assoluto e anche il primo a cambiare vita. Adesso Van der Vaart risiede in Danimarca, dove ha chiuso la carriera, per stare accanto alla compagna Estavana Polman, campionessa di pallamano dell’Olanda e dell’ Esbjerg. «No, non è difficile – racconta il 37enne Golden Boy 2003 – passare da calciatore famoso a compagno di una star come Estavana. Anzi, è semplice: mi piace seguire le sue partite. Estavana è una giocatrice di pallamano con immaginazione, talento, visione del gioco. È la numero uno!».

Buongiorno Van der Vaart, se chiude gli occhi qual è il primo ricordo che ha del Golden Boy ricevuto nel 2003 da Tuttosport?
«Più che un episodio, ricordo benissimo le sensazioni dell’epoca: ero super contento del riconoscimento internazionale ricevuto da un grande giornale italiano come Tuttosport. Il premio è tuttora a casa di mio padre: accanto al pallone, conservo la pagina di giornale e una targa di Tuttosport. Ogni anno sono sempre più orgoglioso di essere stato il primo Golden Boy perché è fantastico vedere il mio nome in un albo d’oro che mette i brividi, vicino a campioni del calibro di Rooney, Messi, Fabregas, Agüero, Pogba, Mbappé, De Ligt, Joao Felix... e adesso Haaland, un grandissimo bomber».

Fosse stato uno dei giurati del Golden Boy 2020, chi avrebbe votato?
«Anche io avrei puntato su Haaland. Dopo aver segnato tanto col Salisburgo, a inizio 2020 si è trasferito al Borussia Dortmund e ha avuto un impatto strepitoso. Haaland è un mix di fisico e tecnica. Segna ogni partita. A me ricorda Zlatan Ibrahimovic, con cui ho giocato a inizio carriera nell’Ajax. Ibra non era il mio migliore amico, lo sapete, ma ho grande rispetto per lui perché è un campione e ha conquistato titoli in tutte le squadre in cui ha giocato».

A distanza di anni ha capito perché non c’era feeling fra lei e Ibra?
«Eravamo giovani... Lui voleva essere il numero uno. E io avevo la stessa ambizione. Non eravamo amici, però in campo formavamo una bella coppia: Zlatan era un nove, io un dieci».

Ibrahimovic è stato il suo compagno più forte?
«No, quello è Cristiano Ronaldo. Ho avuto la fortuna di incrociare CR7 nel Real Madrid. Parliamo di una macchina da
più di 700 gol. Non ci sarà più un altro come Cristiano o come Messi. Sono fenomeni. Tra i due preferisco Ronaldo perché l’ho conosciuto da vicino e ha una mentalità pazzesca, unica. E poi Cristiano ha vinto ovunque».

Ci svela un aneddoto su Cristiano Ronaldo?
«Una volta, alla vigilia di una partita, provammo un po’ di punizioni. Cristiano calciava da tutte le posizioni, ma non segnava mai. Nonostante ciò, era molto sereno. Ricordo che mi disse: “Rafa, non preoccuparti: la partita è domani”. Il giorno dopo vincemmo grazie a una sua rete su calcio piazzato. Fantastico».

A proposito di fuoriclasse: se ripensa a Maradona?
«Il mio idolo, da bambino, era Romario: mi folgorò ai tempi del Psv. Ma a Maradona ho pensato spesso in questi giorni. Diego è stato stato il più grande di tutti».

Come spiegherebbe la grandezza di Maradona a un bambino che non lo ha mai visto in campo?
«Con un paragone. Maradona ha fatto qualcosa di speciale e unico col Napoli: ha conquistato due scudetti con un club che non ne aveva mai vinto uno prima e non ne ha più festeggiati dopo di lui. Messi è un fenomeno. Ma fidatevi di
me: se Leo andasse in una società come l’Amburgo, la squadra tedesca migliorerebbe però non arriverebbe a trionfare
come ha fatto Diego col Napoli e anche con l’Argentina».

Quando riguarda la sua carriera, non pensa mai: “Peccato non aver giocato in Italia”.
«Mi sarebbe piaciuto perché mi hanno sempre affascinato sia il campionato sia il modo di vivere di voi italiani. Sinceramente sono stato anche molto vicino alla Serie A».

Quando?
«Nel 2007, ai tempi dell’Amburgo, ho sfiorato la Juventus. Non posso certo lamentarmi: il trasferimento in bianconero non si concretizzò, ma dopo un anno andai al Real Madrid, il club più importante del mondo. Non male, no?».

Dopo di lei, nel 2018 c’è stato un altro Golden Boy olandese, sempre scuola Ajax: Matthijs De Ligt. È sorpreso dall’escalation del suo connazionale nella Juventus?
«Non sono per niente stupito, già in Olanda aveva dimostrato di essere molto più maturo della sua età. De Ligt ha qualità incredibili e una personalità straordinaria. L’Italia mi sembra perfetta per Matthijs. Lui e Van Dijk sono i migliori difensori d’Europa. Siamo fortunati noi olandesi».

Nell’Ajax c’è un altro talento in rampa di lancio: Gravenberch, centrocampista classe 2002, è già arrivato tra i 20 finalisti del Golden Boy quest’anno.
«Forse vincerà il premio in futuro. Per il 2021 vedo favorito Ansu Fati del Barcellona. Il 2022 potrebbe essere l’anno di Gravenberch: in lui rivedo un po’ Pogba a livello fisico e tecnico».

Chi è, invece, il suo numero 10 preferito in questo momento?
«Non è un gran momento per il ruolo. A parte Messi, mi piacciono molto Dybala, Grealish e Özil. Ma non è facile essere dei dieci in questo calcio. Gli allenatori preferiscono i giocatori con meno classe, ma più corsa. Il calcio, però, è della gente e saranno sempre i numeri 10 a far emozionare i tifosi».

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