Héctor Peris: “Io, Pedro e Giulio Cesare”

Il procuratore dell’agenzia Leaderbrock racconta i segreti del gioiello dei catalani: “Ecco come ci siamo conosciuti”
Héctor Peris: “Io, Pedro e Giulio Cesare”© Getty Images

Il Golden Boy 2021 visto da chi lo conosce meglio di tutti: il suo rappresentante. Fra Pedri, i genitori e l’agenzia valenciana Leaderbrock c’è un rapporto strettissimo. Nato sin da quando, quattordicenne, il “chico” delle Canarie giocava nel piccolo e semi-sconosciuto club della Juventud Laguna di San Cristóbal de La Laguna, a una decina di chilometri di distanza da Santa Cruz de Tenerife. L’amministratore delegato della Leaderbrock è Héctor Peris, co-fondatore della società unitamente all’amico Carlos Ruiz. Sbocciata nel 2008, la Leaderbrock si è rapidamente e progressivamente sviluppata nel corso degli ultimi anni e oggi vanta un portafoglio di oltre 50 clienti calciatori.

Héctor, come ha cominciato l’attività di impresario nel mondo del calcio?

«La mia prima esperienza è stata nel Valencia quasi vent’anni fa. Lavoravo per l’avviamento della “Fondazione” del club. Successivamente ho lavorato in altri settori, nel mondo degli investimenti, prima di tornare a vincolarmi col calcio attraverso Marcos Senna (ndr: centrocampista ispano-brasiliano, capitano del Villarreal e vincitore con la Spagna di Euro 2008). Incominciammo con la Leaderbrock in qualità di consulenti del giocatore, non come suoi agenti, dato che lui ha sempre avuto lo stesso procuratore e ancora al giorno d’oggi è amico personale del suo rappresentante come lo è di noi. Siamo grati di quell’opportunità perché grazie a Marcos abbiamo potuto cominciare a lavorare allo stesso modo con altri giocatori brasiliani installatisi in Spagna. Loro avevano i loro agenti e noi, sempre coordinandoci con ogni impresario, svolgevamo le funzioni di consulenza e, inoltre, diciamo che riempivamo giorno per giorno quei vuoti che gli agenti brasiliani non potevano colmare direttamente a causa della distanza fisica. Così incominciammo... ».

Perché avete deciso di fondare l’agenzia Leaderbrock?

«Con il mio amico Carlos Ruiz, ex compagno universitario a Valencia e già mio collega in alcune precedenti esperienze in cui aveva dimostrato la sua bravura, abbiamo scommesso di costituire Leaderbrock per creare e sviluppare un “brand” a lungo termine di profilo internazionale, dove non avremmo offerto solo un servizio tradizionale di rappresentanza. Il nostro obiettivo era quello di gestire e amministrare le carriere e coprire le esigenze degli sportivi d’élite in tutti i loro aspetti, dentro e fuori della competizione, con assistenza relativa a marketing, investimenti, giuridici o legali. Il piano strategico e lo sviluppo della società sono in crescita. Ora siamo in fase di espansione internazionale: da un paio d’anni abbiamo una filiale a Düsseldorf formata da personale tedesco e stiamo studiando opzioni simili nel Regno Unito».

Perché la denominazione completa della società è Leaderbrock Sports Marketing & Consultancy? Di primo acchito sembra molto più inglese che spagnola e per di più, traducendo letteralmente, il termine signifi ca capo (leader) tasso (brock), cioè quell’animaletto bianconero che dorme tutto il giorno...

«È stata una decisione strategica di marketing. Volevamo una parola, un nome in inglese, che contenesse la lettera K. Perché? Per la forza sonora che ha questa lettera. Fateci caso: molti termini attinenti al mondo del marketing che hanno la K sono potenti».

Come è riuscito a diventare impresario di Pedri, un adolescente che giocava in un piccolo club delle Canarie, in mezzo all’Oceano Atlantico, a oltre 2.300 chilometri di distanza da Valencia?

«Noi abbiamo come cliente un calciatore che è anche nostro grande amico: Omar Mascarell, 28 anni, oggi tesserato per l’Elche dopo esser cresciuto nelle giovanili del Real Madrid e aver giocato con Derby County, Sporting Gijón, Eintracht Francoforte e Schalke 04. Mascarell è nato a Tegueste, lo stesso “pueblo” di Pedri. Omar, che ha naturalmente un ottimo rapporto con Pedri e i suoi genitori, ci ha chiamato suggerendoci che ci sarebbe stata la possibilità di lavorare con il ragazzo. Suo papà e sua mamma incominciavano a ricevere molte chiamate per il loro talenutoso figlio e avevano chiesto a Mascarell quale avrebbe dovuto essere il passo successivo. E così cominciò il nostro rapporto. Ci riunimmo con la famiglia e decidemmo di pianificare la carriera del ragazzo che all’epoca era completamente sconosciuto nel continente, sebbene con gran talento, e giocava nei “Cadetti” della Juventud Laguna».

Pedri Golden Boy 2021: che ne dice?

«È qualcosa d’incredibile, d’impensabile e inimmaginabile se ricordiamo che fino al 30 giugno dello scorso anno giocava nel Las Palmas, “Segunda División” spagnola. Stiamo godendo. Un calciatore spagnolo, così giovane, con tanti record... Non lo dimenticheremo mai. Credo sia impossibile descrivere a parole la gioia per la conquista del Golden Boy, ma senza dubbio è qualcosa che ci ha reso molto felici».

Avete organizzato un party per festeggiare il Golden Boy?

«Sì, una cena a Barcelona lo scorso 25 novembre, data del compleanno di Pedri, sia per celebrare i suoi 19 anni quanto per festeggiare il premio. E alla fine non è mancato il brindisi».

È corretto dire che Pedri è il nuovo Iniesta? O magari somiglia più a un altro giocatore?

«Pedri dev’essere Pedri. Lui è il primo che lo dice. Deve “fissarsi” sui migliori e crescere ogni giorno come calciatore per scrivere la propria storia».

È stato facile accettare la proposta di rinnovo con il Barcellona fino al 2026 o c’erano molte tentazioni dall’estero?

«Quando lavori con un giocatore, un cliente, devi sempre dare la priorità e cercare di compiere la sua volontà e quella della sua famiglia. Sì, è certo che c’è stata qualche altra possibilità decisamente molto potente però tutta la sua famiglia è del Barça ed è molto riconoscente nei confronti del club. Al giorno d’oggi non contemplano un’altra opportunità, un’alternativa, e non avevano altra cosa in mente se non quella di rinnovare il contratto».

La sua scuderia è in continua progressione con quasi 50 giocatori tesserati: ci sono altri candidati a conquistare in futuro il Golden Boy?

«Domanda difficile. Siamo un’agenzia di piccole dimensioni, di profilo familiare, però cerchiamo di lavorare con calciatori di alto livello. Oltre a Pedri, abbiamo altri elementi di valore internazionale come Ferran Torres del Manchester City e della Nazionale spagnola (ndr: sua la doppietta che ha messo fine lo scorso 6 ottobre a Milano al record mondiale d’imbattibilità dell’Italia che durava da 37 partite). E anche giocatori importanti come Joan Jordán del Siviglia, Alfonso Pedraza del Villarreal, Unai Nuñez dell’Athletic Bilbao o ancora Omar Mascarell, di cui abbiamo parlato prima. Senza scordare Pedro Ruiz, ex madridista acquistato dall’Olympique Marsiglia e prestato in Olanda al NEC. Per rispondere più precisamente alla domanda, abbiamo inoltre diversi giocatori che arrivano dal basso, che hanno un potenziale enorme e posseggono i requisiti per poter figurare la prossima estate nelle liste dei candidati per il Golden Boy. Mi riferisco a Fabio Blanco, classe 2004, ala dell’Eintracht Francoforte, a Rafa Marín, classe 2002, difensore del Real Madrid Castilla e al 17enne turco-tedesco Kenan Yildiz, trequartista del Bayern Under 19».

Incominciando la carriera, aveva un agente di riferimento, uno che l’ha ispirata?

«Una della persone che mi è servita di riferimento per molti anni è stato il mio connazionale Manuel García Quilón (ndr: agente dei fratelli Lucas e Theo Hernandez, Callejón, Reina ed ex di Castillejo e Rafa Benítez). Ha un curriculum brillante. Ha gestito “in toto” le carriere di ragazzi che erano adolescenti e che ha portato al massimo livello. Adesso alcuni di loro sono allenatori o direttori sportivi. Noi non siamo un’impresa che intermedia bensì di rappresentanza dei calciatori. Leaderbrock si prende cura e lavora per il giocatore, non per il club».

Ci racconti un po’ la sua biografia: famiglia, hobby, tifo...

«Sono nato nel 1980 a Valencia, ho compiuto da poco 41 anni. Sposato, una figlia che si chiama Paula. Mi sono laureato in Economia alla Facoltà di Valencia e ho frequentato corsi di “High School” all’Università di Bruxelles e negli Stati Uniti. A parte il calcio, l’altro sport che ho sempre praticato e che mi appassiona è il tennis. Come tifoso, sin da piccolo sono chiaramente del Valencia».

C’è qualcosa nel mondo del calcio che non le piace e che vorrebbe cambiare?

«Sì, certo. È un mio cavallo di battaglia. Il calciomercato deve terminare prima che comincino i vari campionati. Per eliminare l’incertezza che pervade ogni parte interessata, per il riposo psicofisico dei giocatori, delle loro famiglie, di chi lavora nei club e degli stessi agenti. Ne beneficerebbe la salute di tutti».

Ultima domanda. C’è una persona, un personaggio, uomo o donna, che le piacerebbe incontrare almeno una volta nella vita?

«Ci vuole tempo per rifletterci su. Dunque, vediamo... Più che un personaggio dell’attualità, mi sarebbe piaciuto conoscere Giulio Cesare. Il perché è semplice. La storia mi ha sempre affascinato e soprattutto l’epopea del grande Impero Romano».

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