Golden Boy 2022, Andrea Berta: "Pochi italiani, ma attenzione a Miretti!"

Il ds dell’Atletico Madrid: "Lo juventino ha tecnica, però deve crescere serenamente. Quanti talenti tra i 100 nomi"
Golden Boy 2022, Andrea Berta: "Pochi italiani, ma attenzione a Miretti!"

Andrea Berta, cinquant’anni, ds bresciano dell’Atlético Madrid, si trova in questi giorni in Brasile per visionare nuovi talenti. È indaffaratissimo fra viaggi, corse in taxi, check-in e check-out in hotel, accrediti per le partite, ma non ha esitato ad accettare di parlare con Tuttosport quando gli abbiamo chiesto di commentare la lista dei candidati al Golden Boy 2022.  
 
Secondo lei chi è, al momento, il favorito a ereditare lo scettro di Pedri e quali i suoi più autorevoli “competitors”?
«Fare oggi una previsione su chi potrebbe conquistare il Golden Boy a fine anno non è assolutamente facile soprattutto perché, leggendo la lista iniziale, sorprende la qualità e la quantità di tanti potenziali campioni. Confesso che era da anni che non vedevo una lista così piena di talento e “starlet”: un buon segnale per il futuro del calcio, anche se, scorrendola, mi lascia un poco l’amaro in bocca vedere pochi “prospetti” italiani». 
 
C’è però il bianconero Miretti, classe 2003: secondo lei ha la stoffa per diventare il nuovo playmaker della Juventus?
«Ritengo Miretti un buon giocatore, con qualità tecniche evidenti. Dimostra personalità, nonostante la giovane età, e di saper stare in campo. È un ragazzo che ha bisogno di crescere “serenamente”, senza troppe pressioni o etichette, dandogli anche la possibilità di sbagliare, perché dagli errori si cresce».

Come procede l’evoluzione del Golden Boy 2019 João Félix sotto la guida del “comandante” Simeone?
«Come tutti i giocatori “differenti”, João Félix ha avuto un’esplosione molto rapida, in poco più di sei mesi è passato da giocare nella seconda squadra del Benfica a essere il giovane più ambito al mondo e questa crescita sportiva nonché questa esposizione mediatica, tipica dei grandi talenti, ha portato anche dei contrattempi da affrontare che hanno frenato in parte la sua crescita, perché saper convivere con la fama, il successo, i grandi paragoni, l’esigenza immediata d’imporsi e di dare e ottenere risultati, non è facile. Oggi posso dire con certezza che “JF” sarà quello che lui vuole essere, ha un talento straordinario, è maturato, ha la fortuna di avere alle spalle una famiglia equilibrata che lo ha aiutato nella sua crescita e inoltre l’ambizione che l’accompagna lo porterà dove vuole lui perché il suo talento non ha limite. E con Simeone ha imparato ha soffrire, a lavorare duro, a essere generoso in campo, in poche parole è cresciuto in aspetti secondari per i giocatori di talento, ma fondamentali nel calcio moderno per il raggiungimento dei grandi obiettivi».

Due recenti Golden Boy, Haaland (2020) e Mbappé (2017), hanno scosso il mercato estivo 2022 prima ancora che finissero i campionati... Saranno loro i “boom” di quest’anno oppure lei prevede altri colpi pirotecnici?
«Haaland è stato uno dei grandi tormentoni fino a poche settimane fa, terminato con un finale a sorpresa visto che il giocatore preferiva il Real Madrid ai soldi del City. La sorprendente decisione di Mbappé ha però spiazzato tutti lasciando probabilmente con l’amaro in bocca ognuno dei protagonisti, eccetto il PSG. Sicuramente ci saranno altri trasferimenti importanti, anche costosi, soprattutto in Inghilterra, ma a livello tecnico non vedo altri campioni muoversi».

I tifosi italiani, vedendo in TV le ultime sfide a eliminazione diretta della Champions League, si sono resi conto dell’enorme divario che separa il calcio italiano rispetto a quello spagnolo, inglese, tedesco... Per non parlare della “derelitta” Nazionale azzurra, fuori (per la seconda volta consecutiva) dai Mondiali, stavolta per mano dei “carneadi” della Macedonia del Nord e poi presa a pallonate dall’Argentina a Wembley e dalla Germania a Mönchengladbach...
«Se vogliamo analizzare i principali campionati europei e paragonarli poi con la nostra serie A, togliendo lo strapotere economico della Premier, non vedo tornei nettamente migliori o con un futuro più roseo del nostro: la differenza è più piccola di ciò che possa sembrare e la fanno soprattutto le idee, il coraggio di metterle in pratica e la protezione delle stesse. Lo stesso succede per la Nazionale, dove è evidente che rispetto al passato manchiamo di campioni, tuttavia pur senza un grande centravanti siamo riusciti a laurearci campioni d’Europa: questo perché tutti remavano dalla stessa parte, spingevano e credevano di riuscire a centrare l’obiettivo senza lasciare spazio ai dubbi. Oggi, spesso, dopo 2 partite proclamiamo la nascita di un nuovo giovane campione per poi buttarlo dalla finestra dopo altrettante gare. Questo è un grande limite. I giovani vanno aspettati, protetti e aiutati a crescere, sapendo che avranno bisogno di un tempo per la loro maturazione, dovranno commettere degli errori per raggiungere “step” successivi. Oggi più che ricercare la nascita di campioni dobbiamo iniziare la costruzione di un nuovo futuro, con pazienza e fermezza, difendendo idee e proteggendo la crescita del movimento. Dobbiamo ripartire dai centri di formazione nazionali e dai settori giovanili, migliorando le strutture come fece pochi anni fa la Germania, lavorando di più sullo sviluppo delle giovani leve. E poi in ambito federale si pensa di più a difendere la poltrona che a ricostruire e ripartire. Se vogliamo tornare ai vecchi fasti solo per il nome Italia e il nostro blasone, senza ripartire da nuove idee e da nuovi dirigenti, senza investire in infrastrutture, in allenatori, nella formazione e nella crescita di tutto un movimento, ci aspetteranno purtroppo altri anni difficili».

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