Conte: gli insulti, gli sfoghi e quel segreto sull’addio alla Juventus

Andò via per gli attriti con il «potente» capo della comunicazione. E per… Cuadrado

C’è qualcosa che possa essere riassunto in un “metodo Conte”? Secondo Alessandro Alciato, collega di Sky, quel qualcosa esiste ed è un mondo complesso composto da parecchie sfaccettature e in continua trasformazione: «Per fare l’allenatore - spiegò una volta lo stesso ct azzurro - Devi cercare di eccellere in tutto. Per fare questo devi studiare. Da quando faccio l’allenatore, per me, è un continuo studio». Il libro di Alciato (in uscita oggi per i tipi di Vallardi) ci porta dentro questo studio, ma non solo. Ci racconta le sfuriate rimaste segrete, i trucchi motivazionali, i retroscena sulle dimissioni alla Juventus, il dolore per la vicenda scommesse e le tensioni che, nel suo incarico azzurro, ne hanno punteggiato il rapporto con il club bianconero.

L’ATTACCO AL SIMBOLO - Per capire quanto Conte sia orientato solo al successo della squadra, leggete il primo capitolo, quello dall’intrigante titolo «Buffon, da te, non me lo sarei mai aspettato». Ecco uno stralcio: «17 maggio 2014, metà mattina, centro sportivo di Vinovo. Nel quartier generale della squadra, alla periferia di Torino, sembravano tutti felici. I giocatori, già campioni d’Italia nonostante la Serie A dovesse ancora finire. [...] L’allenatore, così così. Contento ma non troppo tranquillo: lui voleva di più. La prima riga della classifica del campionato, cioè l’unica che nella sua testa contasse veramente, recitava: Juventus 99 punti. Novantanove, un’enormità. Il giorno successivo si sarebbe giocata l’ultima partita della stagione, in casa contro il Cagliari, e Conte rimuginava. [...] “Dobbiamo entrare nella storia, più di 100 punti in Italia non li ha mai conquistati nessuno. E pure in Europa...” [...] Quindi, quello Juventus-Cagliari non poteva essere preso sottogamba». Mentre Conte è seduto in sala video con gli altri giocatori, entra Buffon con Marotta: «Mister, scusi un istante, il direttore vuole fare chiarezza sulla questione dei premi da pagare alla squadra, dopo la vittoria dello scudetto». Non l’avesse mai detto, Buffon. In quei cinquanta metri quadrati si è scatenato l’inferno. Una furia di improperi rabbiosi, all’apparenza non giustificata dal momento. Conte si è messo a urlare, posseduto dal demonio di una possibile sconfitta o, ancora peggio, di una probabile pancia piena: «Mi avete rotto! Rotto, capito? E adesso andate tutti fuori dalle palle. Fuori, non voglio più vedervi. Fuori, ho detto!». «Ma, mister...». «Zitto Gigi, da quella bocca non deve più uscire una parola. Non me lo far ripetere. Proprio da te non me lo sarei mai aspettato. I premi... Ma pensa te, ’sti stronzi [...] Gigi, tu sei il capitano. E non capisci niente di niente, anzi diciamolo proprio, tu non capisci un cazzo. Sei una delusione, una sconfitta appena apri la bocca. Tu come tutti questi altri deficienti». Il capitolo si chiude con le considerazioni di Buffon e con l’esito della sfuriata “studiata a tavolino”: vittoria contro il Cagliari e record di punti. Stessa dinamica, (a raccontare stavolta è Giorgio Chiellini) dopo il pareggio per 2-2 a Verona del 9 febbrio 2014 o nelle sfuriate durante gli intervalli delle partite.

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