Italia, se Mancini fa rima con Bernardini

Italia, se Mancini fa rima con Bernardini

Missione compiuta anche sullo scivoloso rettangolo sintetico di Vilnius, più simile a una pista di pattinaggio che a un campo da calcio. Il bilancio azzurro delle prime tre eliminatorie mondiali è eccellente: tre vittorie, due delle quali in trasferta; 9 punti, 6 gol segnati, 0 subiti, imbattibilità salita a 615 minuti; almeno sei nitide occasioni neutralizzate dal superlativo Svedkauskas; Toloi, trentatreesimo debuttante di questa gestione che supera l’esame a pieni voti; 25 le partite utili consecutive del ct che aggancia Lippi e prenota un altro appuntamento con la storia della Nazionale: le 30 gare senza sconfitta inanellate da Vittorio Pozzo, due volte campione del mondo e una volta campione olimpico. A Pozzo, peraltro, Mancini che ha perso solo 2 gare su 30, ha già soffiato il record di vittorie di fila. Ancora: nel maggio 2018, quando entrò in carica, l’Italia occupava il posto n.21 nel ranking Fifa; da ieri sera è settima.

In Lituania, alla terza partita in sette giorni, per compleare un raid di 4 mila chilometri sulla rotta Firenze- Sofia-Vilnius-Milano-Roma, il ct ha avuto la forza di cambiare inizialmente dieci undicesimi, rispetto alla formazione schierata in Bulgaria, ringiovanendola pure (età media: 25,5). Nel primo tempo, era naturale che la Nazionale accusasse difficoltà d’intesa di un gruppo mai così assortito prima, in casa di un avversario che a San Gallo, su un campo regolare, la Svizzera aveva faticato a superare (1-0) e rammentando come, a suo tempo, anche l’Italia di Sacchi faticò e s’impose solo grazie a un gol di Zola (26 aprile 1995, qualificazioni europee). Nella ripresa, la squadra ha cambiato marcia e, se non fosse stato per le prodezze del portiere lituano, il punteggio sarebbe stato molto più rotondo. Ha detto bene Mancini dopo il quinto consecutivo 2-0: il bicchiere della Nazionale è sempre mezzo pieno. Una Nazionale che fa un gran bene a giocatori ritrovati come Sensi e Bernardeschi.

Tanto più passa il tempo quanto più Mancini fa rima con Bernardini. Nel ‘74, dopo il fallimento ai mondiali tedeschi, egli prese il posto di Valcareggi. Grazie all’operazione setaccio, con 41 convocazioni diramate in un campionato che non registrava certo il 62-65 per cento di presenza straniera come l’attuale, Bernardini gettò le basi della Grand’Italia di Bearzot, stella in Argentina nel ‘78 e campione del mondo in Spagna nell’82. In un contesto storico ben diverso, all’inzio del viaggio Mancini ha trovato macerie come le trovò Bernardini. Ha chiamato 76 giocatori, ha puntato ad avere molti piedi buoni, come lo storico predecessore, ha restituito agli appassionati il piacere di tifare Italia. Soprattutto, l’Italia ha ricominciato a vincere. E il bello deve ancora venire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...