Italia, la lezione di Retegui: seconde squadre e ius soli sono il futuro

Il centravanti del Tigre è un esempio di cosa può significare giocare a 20 anni in un duro campionato professionistico. E senza cittadinanza cresce il problema della fuga dei giovani talenti

TORINO. Se c’è una cosa che l’impatto di Mateo Retegui dovrebbe (finalmente o di nuovo, fate voi) aver fatto capire, è che le Primavere non servono quasi a niente per formare in fretta i giovani pronti per il calcio professionistico. Servono invece, eccome, le “seconde squadre” perché i ragazzi si confrontano con una dinamica simile a quella dentro la quale ha dovuto districarsi Retegui in queste due stagioni, appena superati i 20 anni: un campionato professionistico in cui si gioca contro adulti esperti e magari pure “cattivi” il giusto. Che ti costringono a crescere in fretta in malizia, in esperienza, in cattiveria agonistica, nella capacità di “stare dentro” alla partita gestendo attenzione e frustrazione: le caratteristiche che ha messo in mostra Mateo. Diciamo la verità: è perfino un poco stucchevole continuare a raccontare queste dinamiche che tutti gli addetti, dati alla mano, conoscono e che sono, per esempio, alla base dei trionfi della nazionale Spagnola (22 giocatori su 23 dalle “seconde squadre”). Ma, ovviamente, è necessaria la forza - più che la volontà - politica per costringere i club di Serie A ad adottarle investendo energie e denari. Altro che la Primavera, che fa fine e non impegna...

Italiani di seconda generazioni e ius soli

E invece siamo ancora lì a discutere di quanto italiani ci siano in Primavera senza preoccuparsi, tra l’altro, dell’assurdità antistorica circa il ritardo sulla concessione della cittadinanza agli “italiani di seconda generazione”, i figli degli immigrati che formiamo nei nostri settori giovanili e che spesso scelgono le Nazionali d’origine perché fino a 18 anni non possono chiedere (occhio: chiedere, non avere), la cittadinanza. Ma siamo indietro, drammaticamente indietro, fermi allo ius soli sportivo approvato nel 2016 per poter tesserare i figli degli immigrati nelle società sportive, non nelle Nazionali, E il tempo passa.

Gli ascolti della Nazionale

Ancora buoni ascolti per la Nazionale di Roberto Mancini. L'incontro di con Malta, trasmesso su Rai 1, è stato seguito da 6.468.000 spettatori (30.8% di share), risultando il programma più visto della prima serata. La sfida di giovedì scorso con l'Inghilterra era stata seguita da 7.151.000 telespettatori con uno share del 33.5%, facendo registrare anche ottimi ascolti sui profili social della Nazionale: 550.000 spettatori unici e 60.000 interazioni per “Vivo Azzurro Live”, il prepartita condotto da Pierluigi Pardo, e per “Casa Azzurri Live”, il talk show con Gli Autogol in onda durante il match.

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