Mancini, l'Italia e la Figc: triste storia che non ha vincitori

Ci saremmo tutti meritati un comportamento più adulto e consapevole dagli attori protagonisti: da tempo ormai l'ex ct e la federazione non erano più convinti l'uno dell'altra
Mancini, l'Italia e la Figc: triste storia che non ha vincitori© ANSA

Presupposto: se intendete analizzare la scelta di Roberto Mancini partendo da considerazioni morali, allora non ci troverete a giocare su quel campo lì. Anche perché, banalmente, la morale è un concetto scivoloso, tanto è vero che uno dei compiti originari della dottrina pura del diritto è proprio quello di evitare ogni confusione tra il concetto di norma giuridica e quello di norma morale e in tal modo assicurare l’autonomia del diritto dalla morale. Perciò, considerato che ognuno coltiva la propria, di morale (e nel calcio in particolare ce ne sono 4 o 5 a seconda dei casi e delle parti in commedia, mogli comprese), ecco che la vera “morale” di questa vicenda è che ci saremmo tutti meritati un comportamento più adulto e consapevole dagli attori protagonisti.

Mancini-Italia, nessuno era più convinto dell'altro

Perché, inutile girarci attorno, da tempo oramai nessuno dei due era più convinto dell’altro: nè Mancini per quel che avrebbe potuto ricavare da una Nazionale (e da un movimento, in fondo) che già aveva portato sul tetto d’Europa senza più poi ritrovarne la magia; nè la Figc nei confronti di un tecnico che sentiva sempre più prigioniero del proprio labirinto. La sconfitta contro la Macedonia è stata come la scoperta del tradimento dentro una coppia (in fondo nemmeno solida, ma ne esistono nel calcio?): hai voglia a dissimulare, il danno lavora dal di dentro. E in un gioco di specchi non conta tanto chi l’abbia rotto prima, lo specchio (perché poi si potrebbe discettare su chi ha sparso in giro le pietre da tirargli contro), ma il fatto che tutti, da una parte e dall’altra, abbiano saputo subito come mettere insieme i cocci. Reattività sospetta...

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