Italia-Ucraina, Lucescu e il consiglio a Spalletti: "Non fidarti”

Nessuno conosce il calcio ucraino come il tecnico romeno, ora alla Dinamo Kiev: “C’è un popolo alle loro spalle”

Non c’è allenatore al mondo che conosca il calcio ucraino meglio di Mircea Lucescu. A 78 anni è ancora in pista, sulla panchina della Dinamo Kiev per il 16° anno nella Prem’er-Liha. Immarcescibile, instancabile, più forte anche delle condizioni impossibili nelle quali si gioca il campionato di una terra in guerra. Stadi vuoti, allarmi che suonano, ritiri che devono essere fatti in Polonia o Romania così come le partite internazionali ed è anche per questo che stavolta non è riuscito a superare il preliminare di Conference League, eliminato dal Besiktas. Dover affrontare continuamente una logistica logorante (ore ed ore in pullman, non potendo volare sui cielo della battaglia) alla lunga pesa.

Gli restano i titoli in palio in Ucraina dove la rivale di sempre è lo Shakhtar Donetsk, che lui ha portato a trionfare in patria per otto volte più le coppe nazionali, vincendo anche l’ultima Coppa Uefa della storia e raggiungendo uno storico quarto di finale di Champions League. Il secondo tecnico più vincente dopo Alex Ferguson (37 titoli contro 49) è ancora affamato di successi e a Tuttosport tratteggia le caratteristiche di un’Ucraina che mette paura all’Italia di Spalletti.

Buongiorno mister, come va a Kiev?
«Per adesso tutto tranquillo. Ci prepariamo alla ripresa del campionato. Lunedì prossimo ospitiamo il Vorskla. Siamo a -8 dallo Shakhtar, ma con tre partite da recuperare possiamo di- ventare la capolista. Sono tornato a Kiev dopo qualche giorno nella mia Bucarest, ci alleniamo in una parte sicura della città dove non dovrebbero esserci rischi di bombe o combattimenti».

Chi glielo fa fare di continuare a stare nel calcio in queste condizioni?
«E’ la mia passione, il mio mondo. Non riesco a staccarmi dai miei ragazzi. Provo ancora grande soddisfazione nel far crescere possibili talenti come quando sono stato in Italia al Pisa, soprattutto al Brescia, alla Reggiana e infine all’Inter. La vostra Nazione è sempre nel mio cuore. Ho ancora una casa sul lago di Garda dove torno ap- pena posso».

Quanto rischia stasera la Nazionale azzurra?
«Dopo il pareggio con la Macedonia, che non mi aspettavo anche se adesso in Europa c’è un grande livellamento tra le Nazionali, dovrà vincere a tutti i costi. Non sarà facile visto come l’Ucraina ha giocato con l’Inghilterra. Rebrov ha a disposizione tanti giocatori che militano in campionati europei dove hanno maturato esperienza internazionale e possono giocare in condizioni normali ovvero con i tifosi sugli spalti e senza timori relativi alla guerra, anche se c’è gente che ha parenti o amici al fronte ed è per questo che in campo mettono un qualcosa in più, giocando per l’orgoglio di un popolo».

Quali sono le caratteristiche migliori dell’Ucraina?
«Squadra molto organizzata dove tutti cooperano per il risultato. Aiutano il compagno, si tolgono qualcosa per darlo agli altri. Non ci sono egoismi, si difendono compatti e quando vanno al contrattacco diventano molto pericolosi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Chi sono i giocatori da temere maggiormente?
«Mudrik per velocità e classe, Yaremchuk e Dovbik per la loro fisicità e il fiuto del gol. E’ gente difficile da marcare. Zinchenko gioca da sempre fuori Ucraina: con Psv, Manchester City e Arsenal è diventato un top player internazionale. Ci sono poi miei giocatori come Tsygankov, che ho plasmato qui alla Dinamo e abbiamo ceduto in estate al Girona, ottimo in mezzo al campo, e il difensore Mykolenko, che avevamo già dato l’anno scorso all’Everton. Tra le mediana e la trequarti Stepanenko e Sudakov, che giocano an- che insieme nello Shakhtar, si intendono alla perfezione. Stepanenko ha iniziato con me a 20 anni, è un esempio per tutti i compagni. Instancabile lavoratore, un po’ come me (sorride, ndr)».

Ucraina quindi favorita?
«No, non ho detto questo. Inghilterra, Italia e Ucraina sono sullo stesso livello. E’ un vero peccato che ci sia posto solo per due. Stasera prevedo una gara molto equilibrata».

Attaccanti come quelli dell’Ucraina farebbero comodo all’Italia?
«Diamo tempo a Spalletti. L’Italia ha cambiato allenatore e filosofia. Certo ora Luciano non avrà a disposizione tutto il tempo che aveva a Napoli per convincere i giocatori delle sue idee. Sul problema del centra- vanti dico che non c’è pazienza a formarli, le squadre di club vanno a prenderli all’estero perchè hanno bisogno di certezze su chi fa gol. Segnare è una questione prima di tutto mentale e per questo prendono gli stranieri già pronti. In Italia mancano giocatori come Bettega, Rossi, Inzaghi, Vieri e Toni che faceva grandi gli azzurri perchè restavano ai vertici del calcio mondiale per almeno dieci anni».

Sabato c’è Inter-Milan, è sempre legato ai colori nerazzurri?
«Assolutamente sì, è una questione sentimentale. Spero vincano loro, ma mi piace molto il progetto del Milan, che vendendo Tonali ha saputo ricostruire la squadra rendendola anche più competitiva dell’an- no scorso. In questo momento vedo le due milanesi un gradino sopra le altre, ma il campionato è lungo...».

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Non c’è allenatore al mondo che conosca il calcio ucraino meglio di Mircea Lucescu. A 78 anni è ancora in pista, sulla panchina della Dinamo Kiev per il 16° anno nella Prem’er-Liha. Immarcescibile, instancabile, più forte anche delle condizioni impossibili nelle quali si gioca il campionato di una terra in guerra. Stadi vuoti, allarmi che suonano, ritiri che devono essere fatti in Polonia o Romania così come le partite internazionali ed è anche per questo che stavolta non è riuscito a superare il preliminare di Conference League, eliminato dal Besiktas. Dover affrontare continuamente una logistica logorante (ore ed ore in pullman, non potendo volare sui cielo della battaglia) alla lunga pesa.

Gli restano i titoli in palio in Ucraina dove la rivale di sempre è lo Shakhtar Donetsk, che lui ha portato a trionfare in patria per otto volte più le coppe nazionali, vincendo anche l’ultima Coppa Uefa della storia e raggiungendo uno storico quarto di finale di Champions League. Il secondo tecnico più vincente dopo Alex Ferguson (37 titoli contro 49) è ancora affamato di successi e a Tuttosport tratteggia le caratteristiche di un’Ucraina che mette paura all’Italia di Spalletti.

Buongiorno mister, come va a Kiev?
«Per adesso tutto tranquillo. Ci prepariamo alla ripresa del campionato. Lunedì prossimo ospitiamo il Vorskla. Siamo a -8 dallo Shakhtar, ma con tre partite da recuperare possiamo di- ventare la capolista. Sono tornato a Kiev dopo qualche giorno nella mia Bucarest, ci alleniamo in una parte sicura della città dove non dovrebbero esserci rischi di bombe o combattimenti».

Chi glielo fa fare di continuare a stare nel calcio in queste condizioni?
«E’ la mia passione, il mio mondo. Non riesco a staccarmi dai miei ragazzi. Provo ancora grande soddisfazione nel far crescere possibili talenti come quando sono stato in Italia al Pisa, soprattutto al Brescia, alla Reggiana e infine all’Inter. La vostra Nazione è sempre nel mio cuore. Ho ancora una casa sul lago di Garda dove torno ap- pena posso».

Quanto rischia stasera la Nazionale azzurra?
«Dopo il pareggio con la Macedonia, che non mi aspettavo anche se adesso in Europa c’è un grande livellamento tra le Nazionali, dovrà vincere a tutti i costi. Non sarà facile visto come l’Ucraina ha giocato con l’Inghilterra. Rebrov ha a disposizione tanti giocatori che militano in campionati europei dove hanno maturato esperienza internazionale e possono giocare in condizioni normali ovvero con i tifosi sugli spalti e senza timori relativi alla guerra, anche se c’è gente che ha parenti o amici al fronte ed è per questo che in campo mettono un qualcosa in più, giocando per l’orgoglio di un popolo».

Quali sono le caratteristiche migliori dell’Ucraina?
«Squadra molto organizzata dove tutti cooperano per il risultato. Aiutano il compagno, si tolgono qualcosa per darlo agli altri. Non ci sono egoismi, si difendono compatti e quando vanno al contrattacco diventano molto pericolosi».

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