Buongiorno Mauro Berruto, la chiamiamo in causa per un sacco di ragioni: lei è stato un ct (azzurro, ma anche finlandese), è un uomo di sport (non solo volley, ha una visione e una cultura multidisciplinare e un’attitudine manageriale) ed è il parlamentare che ha spinto più di ogni altro per inserire lo sport nella Costituzione Italiana. Insomma, mischiando esperienza e sentimento: cosa ne pensa della situazione della Nazionale e, in generale, del calcio italiano?
«Al di là delle prestazioni mediocri, c’è qualcosa di peggio ed è la totale disaffezione verso la maglia azzurra. Mi fa impazzire. Anche perché è frutto della guerriglia permanente tra campionati e nazionali, tra club e nazionali. È più o meno così in tutti gli sport e, sinceramente, non bisogna essere dei geni per capire che una grande nazionale trascina il campionato e un ottimo campionato fa il bene della Nazionale. Si è così alterata la percezione di Nazionale, vissuta anche dagli atleti come un posto dove ci si stanca e ci si infortuna. È un tipo di cultura che non ho mai accettato da ct e non ho mai concepito da allenatore di club. Campionato e Nazionale sono sinergici in un sistema sano».

Effettivamente, però, il calendario è molto intasato e può essere stressante.
«Vero, ma è un problema per tutti gli allenatori. Non si capisce perché sia la Nazionale a essere una rottura di scatole. Poi mi auspico che tutte le componenti si siedano intorno a un tavolo e parlino finalmente in modo serio di questi calendari dopati. Ma questo non può e non deve essere un alibi per snobbare le nazionali, credo che si debba parlare del fatto culturale, del senso di appartenenza mancante e dell’assenza di rispetto verso l’azzurro».
Quand’è iniziato il declino dell’affezione per la maglia azzurra?
«Intanto posso dire che è un fenomeno trasversale agli sport, anche se con gradienti diversi. È un declino lento, come una morte per assideramento e, secondo me, è collocabile fra il 2006 e il 2010, possiamo scegliere il Mondiale in Sudafrica come punto di riferimento, anche perché negli ultimi quindici anni non siamo riusciti a tirare fuori un giocatore in grado di reggere il confronto con Spagna, Francia, ma anche Portogallo che mi sono visto l’altra sera. Chi potrebbe giocare nella Spagna o nella Francia dei nostri? Donnarumma, forse. Non aver tirato fuori un giocatore di spessore internazionale in 15 anni è un problema sistemico e va affrontato subito, a petto in fuori. Ed è un problema trasversale alle componenti: chi è più colpevole fra club, associazione allenatori, Figc, Lega? Un po’ tutti, no?».
