Secondo lei, quali sono le ragioni per cui non creiamo più talenti?
«Molteplici, proviamo a sintetizzare: decreto crescita, pochi o errati investimenti sui settori giovanili e poi aver appiattito la grande differenza tra allenatore da settore giovanile e allenatore da prima squadra. Se tratti quelli che allenano i giovani come quelli della prima squadra, non alleverai molti campioni, se fai andare avanti gli allenatori delle giovanili che vincono, innescherai dei meccanismi che, notoriamente, non producono campioni. E non valorizzerai gli allenatori che sono veramente degli istruttori. Credo che il problema dei nostri calciatori si annidi anche in questo meccanismo, un po’ perverso, di cercare i successi nelle giovanili, invece di cercare i ragazzi con talento e farli crescere bene».
Insomma, in questo caso sarebbe d’accordo con la separazione delle carriere: allenatori da prima squadra e allenatori, anzi istruttori delle giovanili?
«Guardi, le racconto del mio viaggio in Islanda, l’Islanda che aveva appena stupito tutti all’Europeo 2016. Quell’exploit era figlio di un programma di Governo per combattere alcool e tabacco che stavano diventando una piaga tra i giovani islandesi, lo sport era uno degli strumenti per combatterla. Quindi c’era un programma infrastrutturale per creare impianti, a quelle latitudini, ovviamente coperti, e studiare un piano di educazione allo sport. Bene, gli allenatori delle giovanili dovevano e devono prepararsi molto di più che quelli delle prime squadre. Devono superare esami più difficili, avere competenze interdisciplinari, studiare pedagogia e didattica, devono - con rispetto parlando - farsi un mazzo così per diventare allenatori. Gli islandesi hanno invertito la piramide perché devi essere più bravo e preparato per insegnare uno sport a un bambino che per allenare un adulto. I migliori insegnanti e allenatori andrebbero messi all’inizio della filiera, non alla fine. Perché una cattiva maestra elementare non fa andare all’Università un bambino, creando disinteresse per lo studio, mentre un cattivo professore Università non fermerà mai un talento, perché, a quel punto, lui troverà sempre altre strade per esprimersi».