© AGENZIA ALDO LIVERANI SASPeccato che tutto questo serva solo a conquistare gli spareggi. Gattuso ci sta restituendo una Nazionale e un po’ di speranza, ma la prospettiva è comunque quella di un purgatorio di tre partite, terminato il quale ci giocheremo il Mondiale in due sfide secche. Teoricamente facile la prima che potrebbe essere contro Galles, Romania, Irlanda del Nord e Moldova; potenzialmente spinosa la seconda quando potrebbero capitarci avversarie come Serbia, Ungheria o Polonia. Ma, con l’Italia di ieri potremmo affrontare con meno patemi l’esame in cui siamo stati bocciati le ultime due volte. Attenzione, nulla di esaltante, ma molto di solido: c’era una partita da vincere e gli azzurri l’hanno vinta, senza rischiare, segnando tre gol e tenendo l’inclinazione della partita sempre a loro favore. Una roba normale, visto che davanti c’era l’Estonia, ma è proprio dalle cose normali che dobbiamo ricominciare, tipo degli attaccanti che fanno gol. Dopo un periodo di carestia, forse, abbiamo ritrovato i centravanti: Kean, Retegui e un impressionante Esposito hanno timbrato ieri, Scamacca è un’ottima alternativa. Piccoli segnali di risveglio di un movimento anchilosato che fatica troppo a produrre talenti.
Gattuso l'artigiano e il Mondiale indispensabile
Ovviamente, vale sempre l’avvertimento di prima: nulla di cui esaltarsi, ma qualcosa su cui lavorare. Anche perché il problema principale resta che quando Gattuso fa le convocazioni sembra il Verdone di “Un sacco bello”, quello alla disperata ricerca di compagni per il suo viaggio ferragostano. L’agendina langue e la lista degli azzurrabili si accorcia sempre di più. Insomma, Gattuso e i suoi ragazzi hanno aperto una crepa nel muro di giustificato pessimismo che circonda il calcio italiano e da lì passa un raggio di luce. La sua non è una rivoluzione, ma un governo di emergenza; Rino non prova a reinventare il calcio, ma farne un sano artigianato, insomma ci riporta alle nostre origini e ci riconsegna quei principi con cui abbiamo vinto due Mondiali dell’era moderna. Un passo per volta, in attesa che il destino ci regali qualche fuoriclasse e il sistema si rimetta nelle condizioni di costruirci intorno una squadra decente. Perché andare al Mondiale è indispensabile, ma non è la condizione sufficiente per salvare un movimento che ha molte criticità a livello di Federazione e a livello di club.
Progetto Italia qual è?
E il problema è proprio quello di collegare i risultati all’efficienza del sistema stesso. Clamoroso errore, perché in campo può girare tutto bene e così nascondi le pecche, ma soprattutto perché le decisioni che si prendono oggi a livello politico, le riforme necessarie insomma, danno i loro effetti a distanza di anni, non di mesi. La mancanza di progettualità che caratterizza molte parti del Paese è proprio legata all’esigenza di vedere i risultati subito o di spacciare risultati ottenuti come frutto di politiche varate cinque minuti prima e, soprattutto, come sintomo positivo. Dovremmo fare le cose sul serio, per una volta. Rino, per esempio, lo sta facendo, ma lui ha un compito a breve scadenza. Quelli sopra di lui dovrebbero guardare oltre. Anzi guardarsi intorno per capire come andare oltre.
