Mesbah racconta l'Algeria: «Qualità, passione, onore»

Il laterale del Parma consiglia: «Molti compagni sono pronti per la... serie A: da Feghouli a Brahimi, da Slimani a Djabou, tutti talenti per squadre importanti»

TORINO

Pronto, Djamel?

«Eccomi».

Direttamente dal Brasile, Mesbah, ci spiega il fenomeno Algeria per la prima volta nella storia oltre i gironi?

«Dite che viviamo un sogno? Beh, comunque è meglio stare belli svegli e concentrati, adesso che ci giochiamo gli ottavi con la Germania. Siamo vivendo il tutto con serietà e passione, perché è un momento importante per il calcio del nostro Paese. Affrontiamo una squadra tra le più forti al mondo, è vietato distrarsi».

Siete la sorpresa della Coppa?

«Per la gente sì, per noi non troppo. Dovevamo vedercela con Belgio, Russia e Corea del Sud, tutte più accreditate di noi, tutte di livello. Però ci abbiamo messo la nostra qualità, in ognuna delle tre partite giocate a certi ritmi, con animo. Noi non ci siamo sorpresi e siamo ovviamente molto contenti e coscienti di aver fatto qualcosa di importante».

La vostra è una Nazionale composta da tantissimi giocatori nati in Francia. Zidane puntò sui Galletti, qui la scelta è diametralmente opposta...

«Quella di Zizou è un’altra storia. E’ vero, molti non sono nati in Algeria, ma da dieci anni la Federazione punta sui giovani e setaccia le varie selezioni francesi per trovare campioni in erba. E’ un bene per l’Algeria che amplia il suo serbatoio. E poi tutti si sentono algerini per via delle famiglie, della cultura e delle tradizioni che si portano appresso. Il mix è completo, perché altri sono nati e cresciuti in Algeria.. Comunque, per ognuno di loro è un onore rappresentare il Paese».

Dicevamo, squadra di qualità con giocatori emergenti: Mesbah, chi consiglierebbe per il nostro campionato?

«Ah, tantissimi di loro».

Prego.

«Cominciamo da Sofiane Feghouli del Valencia, il nostro punto di riferimento».

Poi?

«Yacine Brahimi, altro centrocampista ventiquattrenne, del Granada (il cartellino è del Rennes, ndr). E ancora la nostra stella Islam Slimani, attaccante dello Sporting Lisbona. Non basta? Allora aggiungo il piccolo (è alto solo 1,65, ndr) Abdelmoumene Djabou, che gioca ancora in Algeria, nel Club Africain».

Dove li sistemerebbe?

«Sono giocatori interessanti che possono fare bene anche in squadre importanti, da vertice. Sì, è un’Algeria pronta per la serie A».

In realtà già rappresentata da lei, Ghoulam, Yebda (dell’Udinese, il cartellino è del club satellite, il Granada) e Taider.

«Colgo l’occasione per salutare il Livorno, è grazie a loro che sono arrivato in ottime condizioni qui al Mondiale, mi hanno permesso di prepararmi bene».

Mesbah invece dove finirà?

«Beh, io ritorno al Parma, ho ancora tre anni di contratto. Poi, al termine del Mondiale decideremo insieme l’opzione da prendere, la scelta più giusta per me e per il club. Io devo solo trovare continuità di rendimento, a Parma o in un’altra squadra (il Lilla si è fatto vivo, ndr)».

Ci racconta come mai non è arrivato al Torino?

«Vero, potevo venire, ma vestivo la maglia del Milan. Non è che non volessi quella granata, ma mi trovavo in una squadra importante, di prestigio e volevo ancora giocarmi le mie chance, pensavo di potermi imporre. Invece, mi sono infortunato. Ero vicino al Toro, ma così va la vita di un calciatore. Sono andato al Parma, altra realtà di livello, in Italia».

Se le dico Madjer, a cosa pensa?

«Al Tacco di Allah, alla finale di Champons del Porto, nel 1987 a Vienna contro il Bayern Monaco, a quel gol incredibile. E poi all’82, al Mondiale dove Germania e Austria ci fecero fuori, accordandosi. In Algeria ne parlano ancora, ma niente paragoni, non si parla di vendetta, è il calcio di trent’anni fa. Ora possiamo riscrivere la storia».

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