In principio era Joseph Blatter e Blatter era presso la Fifa, il 1° dicembre 2010, quando annunciò tronfio al pianeta: “Mondiale 2022 in Qatar: li porteremo là non per i soldi, ma per diffondere la cultura e lo spettacolo del calcio nel mondo arabo”. Il 14 dicembre dello stesso anno, in un’intervista alla Bbc, Blatter regalò una delle sue perle da buttare nell’immondizia: “Gay, in Qatar astenetevi dal fare sesso”. Il 19 luglio 2013, l’ex colonnello fece una scoperta rivoluzionaria: d’estate, in Qatar fa caldo, anche per via dei 50 gradi all’ombra. Così annunciò: nel 2022 si giocherà d’inverno e chissenefrega dei calendari da sconquassare, degli infortuni moltiplicati al cubo, eccetera eccetera. Il 2 giugno 2015, Blatter si dimise da presidente della Fifa, dopo 17 anni consecutivi: accadde quattro giorni dopo la sua rielezione e sei giorni dopo gli arresti di sette dirigenti Fifa su richiesta Fbi. Passa, il tempo. Il 9 novembre 2022, Blatter si sveglia e dichiara solennemente, con tanti saluti a Tamim bin Ahmad Al Thani, emiro del Qatar che ha speso 200 miliardi di euro per l’Evento : “Il Mondiale in Qatar è stata una scelta pessima. Il Qatar è un Paese troppo piccolo. Il calcio e la Coppa sono troppo grandi per questo”. Al che, uno dice: il titolo dell’ipocrisia ha già il vincitore assoluto. Sbagliato. Proprio alla vigilia del calcio d’inizio a Doha, scende in campo Gianni Infantino, il successore di Blatter. Tono melodrammatico, impartisce al pianeta una magniloquente lezione di retorica solidarietà con gli omosessuali e con i lavoratori immigrati nell’Emirato, dove, insalutata Svizzera, lo stesso Infantino ha da tempo trasferito armi e bagagli. Con notevole sprezzo del pudore, egli sentenzia: “Oggi mi sento qatarino. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante”. Chissà, invece, come si sente rassicurata la comunità Lgbtq+, pesantemente discriminata nel Paese dove omosessualità e rapporti extraconiugali sono puniti sino a 7 anni di carcere, mentre ancora rimbombano le “orribili parole” (cit. Nancy Faeser, ministra tedesca dell’Interno) dell’ex calciatore Khalid Salman, ambasciatore dei Mondiali il quale, alla tv tedesca Zdf, ha definito l’omosessualità “una malattia mentale”. E chissà come si sentiranno confortate da Infantino, le famiglie dei 6.500 operai morti (stima per difetto) nei cantieri dei Mondiali, in condizioni che diverse organizzazioni internazionali nel corso degli anni hanno definito “schiavistiche”. Finita la predica? Macché. Poteva mancare la struggente-moraleggiante tirata sugli immigrati? “Mi sento come loro e so cosa vuol dire essere vittima del bullismo perché lo sono stato. Ho pianto e ho cercato di reagire. Sono figlio di lavoratori migranti che hanno vissuto in condizioni molto difficili in Svizzera”. Il colmo arriva nel finale, sublimazione di un autoflagellante politicamente corretto: “Ciò che sta accadendo è profondamente ingiusto, le critiche al Mondiale sono ipocrite. Per ciò che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3 mila anni dovremmo scusarci per i prossimi 3 mila anni, prima di dare lezioni morali agli altri. Queste lezioni morali sono ipocrisia”. Bravo Infantino, a scusarti comincia tu. Anche con gli oppositori iraniani. A proposito, com’è che non hai detto una parola sulla repressione del regime di Teheran? Sulle centinaia di morti, fra cui decine di ragazzi e ragazze e sulle migliaia di arresti in Iran, dopo l’uccisione di Mahsa Amini? Sui diritti delle donne calpestati pure nel calcio, in Iran? Sardar Azmoun ha scritto su Instagram: “Essere cacciato dalla Nazionale sarebbe un piccolo prezzo da pagare anche solo per un capello delle donne iraniane”. Il post è stato rimosso, il ct Queiroz l’ha portato comunque al Mondiale, dove i giocatori che si rifiuteranno di cantare l’inno nazionale saranno severamente puniti. Domani si giocherà Inghilterra-Iran. Coraggio, Infantino. Parafrasando un saggio proverbio arabo, apri finalmente la bocca sull’Iran, purché quanto dirai sia migliore del tuo silenzio.