Benitez: "La Juventus risalirà. Allegri è bravo. A Spalletti ho detto che..."

L'ex allenatore del Napoli a ruota libera su calcio italiano e Qatar 2022: "L'Italia deve ripartire dai vivai. Il Mondiale? Lo vincerà il Brasile, ma anche la Francia sta facendo molto bene"
Benitez: "La Juventus risalirà. Allegri è bravo. A Spalletti ho detto che..."

TORINO - Rafa Benitez è stato l’ospite più gettonato nel “post convegno” sulle seconde squadre allo Juventus Stadium: ghiotta l’occasione di avere a disposizione un tecnico esperto come lui, conoscitore profondo del calcio europeo che ha allenato nei maggiori campionati europei e che nel proprio palmares da tecnico vanta anche una Champions League conquistata con il Liverpool e due Europa League. In Italia ha legato il suo nome a una breve parentesi (sei mesi non fortunato) con l’Inter, ma soprattutto al Napoli dove De Laurentiis gli aveva affidato il compito di “internazionalizzare” il livello tecnico e l’abitudine mentale della squadra. Nello specifico, poi, la sua presenza al convegno ha ricoperto un significato particolare perché conosce benissimo la realtà delle seconde squadre in Spagna per aver iniziato in quella del Real Madrid sia come giocatore sia come allenatore. 
«Ho giocato dieci anni nel settore giovanile del Real Madrid. Non ero un giocatore del livello Real, ma ho avuto un infortunio prima di andare in seconda squadra che mi ha ostacolato. Mi mandano in prestito e mi perdo. Era tutto diverso, ho perso la struttura della società. Poi entro nel settore giovanile come allenatore, ho sentito questo con un ruolo diverso. I calciatori di livello hanno un valore per la società, andavano in Liga prima in prestito e poi comprati. Come calciatore vuoi rimanere nella struttura della società perché altrove altrimenti si perdono». 
 
Esperienza diversa in Inghilterra...
«Ho avuto la fortuna di andare anche in Inghilterra, come manager, ma io nella mia testa ero allenatore. Arrivo nella squadra riserve, ma nessuno aveva il livello adatto. Io parlo di fare un campionato Under 21. Le piccole città volevano rimanere in Championship. Adesso hanno fatto l’Under 23 per i giocatori giovani e gli infortunati che devono ritrovare la forma. Non penso che questo sia il modello. Per un giocatore fare troppi cambi è difficile». 
 
Qual è il modello migliore?
«In base alla mia esperienza il modello spagnolo va abbastanza bene, il livello è più alto e i giocatori hanno le strutture per lavorare. Il livello Under 19 non va bene, è troppo basso. Se parliamo dell’idea, la seconda squadra è molto interessante. Real e Juventus ok, le altre hanno bisogno di tempo. Come farlo? Cosa vostra (ride ndr). L’altro giorno guardavo una foto del Castilla (la seconda squadra del Real, ndr), il 90% ha giocato nella Liga e molti nel Real». 
 
Quindi condivide il progetto della Juventus?
«Con questa Next Gen i giocatori vogliono continuare nella stessa società, hanno più possibilità di arrivare in Serie A o nella Liga. E’ molto positivo per i giovani e per il livello del calcio in generale».

 

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 Allarghiamo il discorso al campionato: le piace il Napoli?
«Mi piace, sì, perché Spalletti sta facendo molto bene. Stanno giocando bene, un bel calcio, ma anche vincente. Giocare bene e vincere è quello che tutti vogliono fare. E l’ho detto a Spalletti che vinceranno lo scudetto, ma lui mi ha risposto che era attento alla scaramanzia...». 
 
Il Napoli ha fatto anche un gran mercato.
«Stanno facendo bene anche sul mercato e non è facile. Normalmente le squadre con più soldi vincono di più, però loro hanno fatto un mercato molto buono. Poi hanno una bella mentalità. Sì: io credo che vinceranno lo scudetto». 
 
La Juventus invece ha avuto qualche problema, ma ora sembra aver ritrovato un’identità: crede che abbia risolto i suoi problemi?
«Non conosco i dettagli della squadra e dunque non ne posso parlare con cognizione. Ma la Juventus è una società fortissima, con un bravissimo allenatore. Faranno bene».

 

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Le piacerebbe tornare ad allenare in Italia?
«Sì, mi piacerebbe lavorare in una squadra che può competere per qualcosa. La difficoltà è questa: se vai in una squadra e non hai i soldi devi avere il progetto giusto, la mentalità giusta e devi usare la tua esperienza. Bisogna lavorare col vivaio, coi giocatori che hai. Possiamo utilizzare l’esperienza per trovare un equilibrio tra il mercato e coltivare i giovani». 
 
Molti club, ora, tendono però a preferire allenatori giovani...
«C’è questa tendenza, è vero. Ma io amo il mio lavoro, che è quello di sviluppare i giocatori, di competere con gli altri e soprattutto: vincere. So come farlo. E penso proprio che la mia più grande forza sia l’esperienza. Alla gente piace parlare di calcio moderno, ma il fondamento è sempre lo stesso: creare occasioni, segnare gol, vincere. E se sei esperto, sai come affrontarlo, incluso come affrontare la pressione...». 
 
Potrebbe allenare una Nazionale in futuro?
«Può essere interessante, ma ora preferisco stare in campo ogni giorno e trasmettere la mia esperienza. Ho rifiutato alcune offerte da altri paesi, perché preferisco lavorare in Europa». 
 
A proposito di Nazionali, che ne dice di questo Mondiale?
«E’ interessante, sì. Tutte le Nazionali hanno qualità e ci sono novità da parte dei squadre come Stati Uniti e Arabia». 
 
La Francia è incredibile: tante assenze di sostanza eppure continua a vincere, a trovare altri giocatori forti...
«Perché ha una rosa ampia e di qualità: chi subentra a sostituire gli altri non li fa rimpiangere. Un po’ come il Brasile. E poi mi piace molto la Spagna». 
 
La Germania paga l’assenza di un centravanti di ruolo...
«In effetti hanno cambiato un poco il loro modo di giocare: cercano di più il fraseggio, ma se ti trovi di fronte alle difese chiuse fai più fatica».  
 
La mancata qualificazione dell’Italia l’ha stupita?
«E’ un fatto difficile da spiegare ed è un peccato. Perché l’Italia porta con sé da sempre una grande competitività, un’abitudine a vincere che si educa fin da bambini. Che vanno al campo per vincere, non per giocare soltanto, già da piccoli. E nei tornei di quel tipo è spesso un’abitudine che fa la differenza». 
 
E’ la spia più preoccupante dei problemi del nostro calcio?
«Bisogna lavorare tanto sui vivai, far crescere i giovani e affiancarli anche a giocatori esperti. Poi comunque siete campioni d’Europa: ho un grande rispetto per il calcio italiano». 
 
Chi vincerà il Mondiale?
«Il Brasile, credo, perché hanno tanti giocatori e se si fa male qualcuno quello che entra è anche meglio. Ma anche la Francia sta facendo molto bene».

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TORINO - Rafa Benitez è stato l’ospite più gettonato nel “post convegno” sulle seconde squadre allo Juventus Stadium: ghiotta l’occasione di avere a disposizione un tecnico esperto come lui, conoscitore profondo del calcio europeo che ha allenato nei maggiori campionati europei e che nel proprio palmares da tecnico vanta anche una Champions League conquistata con il Liverpool e due Europa League. In Italia ha legato il suo nome a una breve parentesi (sei mesi non fortunato) con l’Inter, ma soprattutto al Napoli dove De Laurentiis gli aveva affidato il compito di “internazionalizzare” il livello tecnico e l’abitudine mentale della squadra. Nello specifico, poi, la sua presenza al convegno ha ricoperto un significato particolare perché conosce benissimo la realtà delle seconde squadre in Spagna per aver iniziato in quella del Real Madrid sia come giocatore sia come allenatore. 
«Ho giocato dieci anni nel settore giovanile del Real Madrid. Non ero un giocatore del livello Real, ma ho avuto un infortunio prima di andare in seconda squadra che mi ha ostacolato. Mi mandano in prestito e mi perdo. Era tutto diverso, ho perso la struttura della società. Poi entro nel settore giovanile come allenatore, ho sentito questo con un ruolo diverso. I calciatori di livello hanno un valore per la società, andavano in Liga prima in prestito e poi comprati. Come calciatore vuoi rimanere nella struttura della società perché altrove altrimenti si perdono». 
 
Esperienza diversa in Inghilterra...
«Ho avuto la fortuna di andare anche in Inghilterra, come manager, ma io nella mia testa ero allenatore. Arrivo nella squadra riserve, ma nessuno aveva il livello adatto. Io parlo di fare un campionato Under 21. Le piccole città volevano rimanere in Championship. Adesso hanno fatto l’Under 23 per i giocatori giovani e gli infortunati che devono ritrovare la forma. Non penso che questo sia il modello. Per un giocatore fare troppi cambi è difficile». 
 
Qual è il modello migliore?
«In base alla mia esperienza il modello spagnolo va abbastanza bene, il livello è più alto e i giocatori hanno le strutture per lavorare. Il livello Under 19 non va bene, è troppo basso. Se parliamo dell’idea, la seconda squadra è molto interessante. Real e Juventus ok, le altre hanno bisogno di tempo. Come farlo? Cosa vostra (ride ndr). L’altro giorno guardavo una foto del Castilla (la seconda squadra del Real, ndr), il 90% ha giocato nella Liga e molti nel Real». 
 
Quindi condivide il progetto della Juventus?
«Con questa Next Gen i giocatori vogliono continuare nella stessa società, hanno più possibilità di arrivare in Serie A o nella Liga. E’ molto positivo per i giovani e per il livello del calcio in generale».

 

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