Le piacerebbe tornare ad allenare in Italia?
«Sì, mi piacerebbe lavorare in una squadra che può competere per qualcosa. La difficoltà è questa: se vai in una squadra e non hai i soldi devi avere il progetto giusto, la mentalità giusta e devi usare la tua esperienza. Bisogna lavorare col vivaio, coi giocatori che hai. Possiamo utilizzare l’esperienza per trovare un equilibrio tra il mercato e coltivare i giovani».
Molti club, ora, tendono però a preferire allenatori giovani...
«C’è questa tendenza, è vero. Ma io amo il mio lavoro, che è quello di sviluppare i giocatori, di competere con gli altri e soprattutto: vincere. So come farlo. E penso proprio che la mia più grande forza sia l’esperienza. Alla gente piace parlare di calcio moderno, ma il fondamento è sempre lo stesso: creare occasioni, segnare gol, vincere. E se sei esperto, sai come affrontarlo, incluso come affrontare la pressione...».
Potrebbe allenare una Nazionale in futuro?
«Può essere interessante, ma ora preferisco stare in campo ogni giorno e trasmettere la mia esperienza. Ho rifiutato alcune offerte da altri paesi, perché preferisco lavorare in Europa».
A proposito di Nazionali, che ne dice di questo Mondiale?
«E’ interessante, sì. Tutte le Nazionali hanno qualità e ci sono novità da parte dei squadre come Stati Uniti e Arabia».
La Francia è incredibile: tante assenze di sostanza eppure continua a vincere, a trovare altri giocatori forti...
«Perché ha una rosa ampia e di qualità: chi subentra a sostituire gli altri non li fa rimpiangere. Un po’ come il Brasile. E poi mi piace molto la Spagna».
La Germania paga l’assenza di un centravanti di ruolo...
«In effetti hanno cambiato un poco il loro modo di giocare: cercano di più il fraseggio, ma se ti trovi di fronte alle difese chiuse fai più fatica».
La mancata qualificazione dell’Italia l’ha stupita?
«E’ un fatto difficile da spiegare ed è un peccato. Perché l’Italia porta con sé da sempre una grande competitività, un’abitudine a vincere che si educa fin da bambini. Che vanno al campo per vincere, non per giocare soltanto, già da piccoli. E nei tornei di quel tipo è spesso un’abitudine che fa la differenza».
E’ la spia più preoccupante dei problemi del nostro calcio?
«Bisogna lavorare tanto sui vivai, far crescere i giovani e affiancarli anche a giocatori esperti. Poi comunque siete campioni d’Europa: ho un grande rispetto per il calcio italiano».
Chi vincerà il Mondiale?
«Il Brasile, credo, perché hanno tanti giocatori e se si fa male qualcuno quello che entra è anche meglio. Ma anche la Francia sta facendo molto bene».