Corvino, Vlahovic e il caso Juventus: “Abbiate più rispetto"

Intervistato da Tuttosport sul Mondiale in Qatar, uno dei più grandi scopritori di talenti ha analizzato singoli e squadre, commentando anche la stretta attualità bianconera
Corvino, Vlahovic e il caso Juventus: “Abbiate più rispetto"

Direttore Pantaleo Corvino, innanzitutto: le sta piacendo questo Mondiale?
«Ogni Mondiale viene caratterizzato dalla speranza, dalla voglia di vedere oltre la competizione. Ma questa è più una voglia da parte del tifoso e dello sportivo. Noi siamo addetti ai lavori e dunque ogni Mondiale lo seguiamo per vedere se c’è qualche spunto riguardo ai singoli oppure per vedere se qualche squadra porta qualche novità in termini di linee guida di gioco».

Partiamo dalle Nazionali?
«Sia a livello europeo sia a livello sudamericano ho visto tante conferme. Argentina e Brasile sono protagoniste con calciatori di qualità eccelse, che però sono già conosciutissimi da tempo. Neymar e compagni, Messi e compagni... Non sono certo novità. In Europa più o meno è la stessa cosa. Dal mio punto di vista, c’è soprattutto il piacere di vedere all’opera un tecnico avanguardista come Van Gaal. La sua Olanda è esaltazione al massimo livello del modo di interpretare un determinato modello di calcio».

Germania e Spagna sono le delusioni più grandi.
«Beh, la casistica dice che c'è sempre qualcuno che fora, per strada: questa volta è toccato a loro. Ma c’è una riflessione che credo sia importante fare sulla Spagna. Ha una scuola calcistica ben precisa cui tanti si rifanno, fondata sull’insegnamento della tecnica e la crescita del singolo, ma questo Mondiale ha evidenziato che forse la scuola spagnola ha puntato troppo su alcune abilità individuali, come ricezione e passaggio, trascurando altri fondamentali come il tiro, il cross, il colpo di testa. Hanno un modo di lavorare e far crescere i giovani che li rende maestri nel giro palla, nel passaggio-ricezione-smarcamento, e infatti non perdono mai palla. Ma poi, quando c’è da concretizzare... Non hanno attaccanti che siano finalizzatori centrali. È evidente che nel loro credo non c’è il lavoro su certi fondamentali. Anche ai calci di rigore capisci perché fanno fatica a tirare in porta».

In positivo chi l’ha stupita, oltre all’Olanda?
«Le africane. Movimenti che stanno dimostrando un processo di continua evoluzione calcistica: Senegal, Camerun, Ghana sono squadre ben costruite che proseguono in un percorso ben definito. Poi è giusto citare il Marocco, anche in questo caso c’è la conferma di una crescita di un movimento fatto però anche di giocatori che stanno facendo bene in campionati europei e poi si ritrovano in Nazionale formando un gruppo ben allestito e competitivo».

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Passiamo ai singoli: un nome su tutti.
«Confesso che non ci sono tantissimi profili che mi hanno colpito. Ma attenzione alla Croazia in cui spicca Gvardiol, un difensore centrale clamoroso. In un momento di carenza nel ruolo, un giovane come lui senza dubbio catalizza l’attenzione di tutti i grandi club. Non so quanto può valere...».

Tra gli attaccanti?
«È giusto citare Gonçalo Ramos, uomo del momento in un Portogallo che, tra i movimenti europei, è quello che - pur non avendo a disposizioni popolazioni enormi - riesce a fare ottimi investimenti sui giovani. È un po’ come l’Uruguay in sudamerica: come scuola esaltano al meglio i talenti, facendo una chiara politica sui giovani. È chiaro che se dai fiducia ai giovani nei club, poi te li ritrovi all’altezza in Nazionale, pronti a dare un apporto importante. E sempre a proposito di coraggio, c’è da sottolineare quello del commissario tecnico Fernando Santos che, nell’interesse della squadra, s’è preso la responsabilità di tenere fuori Ronaldo, venendo poi premiato dai risultati.».

Luis Enrique ha citato Ounahi, ammettendo d’essersi chiesto “da dove viene questo”? Anche lei è rimasto colpito? O c’è qualcun altro che le ha fatto questo effetto?
«Attenzione, andiamoci cauti. Io capisco lo stupore e gli innamoramenti, ma il Mondiale non è un campionato lungo. Si può essere colpiti, incuriositi. Ma un giudizio complessivo lo puoi dare solo a medio-lungo periodo».

Tra i big chi le è piaciuto di più? Scegliamo un testimonial di questo Mondiale, vada come vada per la sua Nazionale.
«Premessa: il calcio non si gioca solo nel breve, anche nel lungo. E dunque, vedere gli strappi di Mbappé nel lungo mi affascina, è una di quellecose che ti fanno capire che c’è l’atleta completo. Alcuni sono bravi negli ultimi 16 metri, altri negli ultimi 30. Ma Mbappé è un attaccante determinante anche sulle lunghe distanze e che riesce a capovolgere una azione con strappi anche su distanze diverse».

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Vlahovic, che lei conosce bene, ha pagato le troppe pressioni e le grandi responsabilità che gli sono state addossate?
«Io credo che stia pagando più le difficoltà atletiche e fisiche che le pressioni. Bisogna guardare la storia nella sua complessità. Dusan purtroppo è passato dalla Fiorentina alla Juventus e poi alla Nazionale, ma non è mai stato al meglio della condizione. Ho visto un periodo in cui è stato fermo per affaticamento pubalgico. Nessun calciatore, se non sta bene, può esprimere le sue potenzialitàAnche ai Mondiali, si è visto, non poteva fare la differenza, non essendo al top. Come non la poteva fare alla Juventus dove, comunque, pur avendo tante problematiche fisiche, ha avuto un buono score».

Allegri dice che Vlahovic deve migliorare in alcuni fondamentali, ad esempio nel controllo di palla: pensa che abbia ragione?
« Nella vita si può sempre migliorare, anche a 80 anni... Figuriamoci un giovane. Nessuno è completo, anche il più grande campione».

Lei è indubbiamente uno dei più bravi scopritori di talenti del panorama italiano e non solo. Per il Lecce ha preso nota di qualche nome?
«Sì, ma ripeto che bisogna saper attendere per valutare nel medio termine. A volte ci possono anche essere degli abbagli. Bisogna andare per gradi e seguire assiduamente l’evoluzione di un calciatore».

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Corvino sul caso Juve

Corvino non ha mai lavorato per la Juventus (anche se da indiscrezioni risulta che in più occasioni sia stato corteggiato) ma, in quanto scopritore di grandi talenti e dg, ha avuto modo di completare diverse operazioni con il club bianconero. Soprattutto nella sua esperienza alla Fiorentina s’è trovato più volte nelle condizioni di ricevere offerte da Marotta e Paratici per alcuni campioni che altrimenti sarebbero andati all’estero, e altri li ha lasciati in dote al club viola anche una volta trasferitosi. Melo, Bernardeschi, Chiesa, Vlahovic... Tutti giocatori lanciati da lui e che sono stati ceduti dalla Viola incassando quasi 200 milioni di euro, in tutto: e si capisce, dunque, perché in casa Juventus abbiano pensato di portarselo in casa. Per alcuni giocatori adesso bianconeri - sue creature - nutre ancora grande affetto e stima. «La Juve potrà contare sul miglior Vlahovic, tra qualche settimana, quando il giocatore sarà ristabilito dai guai fisici. Sono sicuro, sicurissimo! Al cento per cento, e anche di più! Se c’è qualcosa di più del cento per cento, suggeritemelo e lo dico. Lo stesso per Chiesa: possono essere determinanti». La sua opinione sul caso-Juve: «Nella storia di un club ci sono sempre dei momenti di travaglio, fanno parte della vita di ua società, di una azienda, di una persona. Bisogna avere anche rispetto di chi attraversa queste fasi. È un club storico, che ha dato tanto al mondo del calcio italiano, ed è stato un indicatore sano e giusto con tutte le politiche positive che ha avuto».

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Direttore Pantaleo Corvino, innanzitutto: le sta piacendo questo Mondiale?
«Ogni Mondiale viene caratterizzato dalla speranza, dalla voglia di vedere oltre la competizione. Ma questa è più una voglia da parte del tifoso e dello sportivo. Noi siamo addetti ai lavori e dunque ogni Mondiale lo seguiamo per vedere se c’è qualche spunto riguardo ai singoli oppure per vedere se qualche squadra porta qualche novità in termini di linee guida di gioco».

Partiamo dalle Nazionali?
«Sia a livello europeo sia a livello sudamericano ho visto tante conferme. Argentina e Brasile sono protagoniste con calciatori di qualità eccelse, che però sono già conosciutissimi da tempo. Neymar e compagni, Messi e compagni... Non sono certo novità. In Europa più o meno è la stessa cosa. Dal mio punto di vista, c’è soprattutto il piacere di vedere all’opera un tecnico avanguardista come Van Gaal. La sua Olanda è esaltazione al massimo livello del modo di interpretare un determinato modello di calcio».

Germania e Spagna sono le delusioni più grandi.
«Beh, la casistica dice che c'è sempre qualcuno che fora, per strada: questa volta è toccato a loro. Ma c’è una riflessione che credo sia importante fare sulla Spagna. Ha una scuola calcistica ben precisa cui tanti si rifanno, fondata sull’insegnamento della tecnica e la crescita del singolo, ma questo Mondiale ha evidenziato che forse la scuola spagnola ha puntato troppo su alcune abilità individuali, come ricezione e passaggio, trascurando altri fondamentali come il tiro, il cross, il colpo di testa. Hanno un modo di lavorare e far crescere i giovani che li rende maestri nel giro palla, nel passaggio-ricezione-smarcamento, e infatti non perdono mai palla. Ma poi, quando c’è da concretizzare... Non hanno attaccanti che siano finalizzatori centrali. È evidente che nel loro credo non c’è il lavoro su certi fondamentali. Anche ai calci di rigore capisci perché fanno fatica a tirare in porta».

In positivo chi l’ha stupita, oltre all’Olanda?
«Le africane. Movimenti che stanno dimostrando un processo di continua evoluzione calcistica: Senegal, Camerun, Ghana sono squadre ben costruite che proseguono in un percorso ben definito. Poi è giusto citare il Marocco, anche in questo caso c’è la conferma di una crescita di un movimento fatto però anche di giocatori che stanno facendo bene in campionati europei e poi si ritrovano in Nazionale formando un gruppo ben allestito e competitivo».

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