Argentina, Scaloni designer d'interni

Il ct ha buttato giù qualche muro e portato luce in uno spogliatoio che s’era incupito nel corso degli anni. Come Mess

L'ultimo commissario tecnico dell'Argentina in sella per due Mondiali di fila è stato il Narigón (il nasone) Carlos Bilardo (1986-1990). Poi, sempre in cerca della pietra filosofale, l'Albiceleste ha proceduto al ritmo isterico di un ct ogni quadriennio, a volte anche meno, non negandosi alcun tentativo, dai professori di calcio stile Bielsa e Pekerman ai sergenti di ferro alla Passarella, passando per le più bieche operazioni mediatiche (Maradona 2010). Rispetto a tutti loro, Lionel Scaloni non aveva background né un grosso credito presso la hinchada: nominato ad interim dopo il naufragio russo di Sampaoli, Scaloni non aveva mai allenato una prima squadra, ma ha sfruttato alla grande l'occasione e a conti fatti risulta il miglior ct argentino della travagliatissima e infinita epoca post-Maradona. Tabellone Mondiale, alla pari con la Selección di Alejandro Sabella che a Brasile 2014 arrivò in finale, però inaridendosi cammin facendo fino quasi a non tirare mai in porta nei 240 minuti di semifinale e finale, aggrappata a Lionel Messi come un naufrago alla zattera - e Messi faticava terribilmente a restare a galla, e alla fine crollò.

Il rendimento di Messi e i meriti di Scaloni

La differenza con il rendimento del Messi 2022 è lampante; ma, se la crescita mentale e temperamentale della Pulce è sotto gli occhi di tutti, è anche grande merito di questo ct senza pedigree che ha saputo creare attorno al suo unico fuoriclasse le condizioni ideali per farlo esprimere al meglio. Nel calcio moderno nessuno si salva da solo, nemmeno se sei Leo Messi. Gli allenatori più navigati, quelli con il sangue da rettile, hanno il coraggio di sogghignare dopo le sconfitte inattese: grandi occasioni per voltare pagina, dicono, e negli occhi gli lampeggia un’espressione da colonnello Kurtz. Il disastroso rovescio nel debutto mondiale contro l’Arabia Saudita, l’unico nelle ultime 41 partite, è stato affrontato da Scaloni con grande personalità da ct di nazionale, mestiere che se non ce l’hai dentro puoi imparare solo ogni quattro anni: cambiare era obbligatorio, ma senza fare drammi. Mica facile: il dramma è stato fedele compagno di viaggio di questi trent’anni albicelesti e ha regolarmente intossicato l’aria intorno a Messi, caricandolo della peggior eredità possibile per un numero 10 argentino. Per oltre dieci anni commissari tecnici indecisi, impauriti, isterici, stressati, semplicemente inadeguati hanno urlato o supplicato a Messi le solite due parole: pensaci tu, con le enormi aspettative argentine a fare da gigantesca cassa da risonanza. Ogni estate la stessa storia, finché Messi stesso aveva addirittura detto basta, dopo l’ennesima sconfitta in Coppa America.

Volti nuovi e convinti intorno a Leo

Invece Scaloni si è comportato come un abile designer d’interni, buttando giù qualche muro facendo entrare più luce nello spogliatoio di un paese che ha il sole disegnato sulla bandiera. Fino alle ultime settimane: una riverniciata alle pareti, un Enzo Fernandez, un Julian Alvarez, ragazzini cresciuti nel mito di Messi, onorati di essere ai suoi piedi, ma entusiasti di servirlo. La vittoria della Coppa America 2021 in Brasile ha fatto il resto. Messi è stato Messi, ci mancherebbe, ha ripreso la squadra per i capelli dal burrone emotivo di Argentina-Messico, ma poi s’è guardato intorno e ha visto facce nuove, visi finalmente convinti di qualcosa. Ed è argentinità pura anche quella, la migliore, che depone le ansie di cui è costellata la vita sportiva di un muchacho per concentrarsi sull’odore del sangue. Ancora 90 minuti, Lionel: adesso sì che ci divertiamo.

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