Pagina 2 | Arabia Saudita, chi è Renard: il genio giramondo che svuotava i cassonetti

Nel Regno dell’Arabia Saudita, il più grande stato arabo dell’Asia occidentale e culla dell’Islam, da ieri si è aggiunta una terza “divinità” da venerare dopo Allah e Maometto. È il demiurgo, lo stratega, l’artefice, l’eroe di quello che resterà nella storia del calcio come il “miracolo di Lusail”. Ci riferiamo naturalmente al francese Hervé Renard, 54enne ct dei “Falchi” sauditi: grazie al suo calcio solido, maschio, concreto, tetragono, ultra-spregiudicato nell’applicazione del fuorigioco, ha compiuto il suo capolavoro infliggendo all’Argentina stellare una sconfitta in tutti i sensi “mondiale”.

Il mentore Le Roy

Anche prima di quest’impresa clamorosa in Qatar, che ha fatto il giro del pianeta, “monsieur” Renard aveva fatto parlare di sé: è tuttora l’unico allenatore a fregiarsi di due Coppe delle Nazioni d’Africa conquistate alla guida di due rappresentative diverse: il sorprendente Zambia nel 2012 e la Costa d’Avorio nel 2015. Doppietta ineguagliata. Ha superato persino il suo “gran maestro”, mentore e connazionale Claude Le Roy – autentica leggenda nel Continente Nero – il quale, più vecchio di vent’anni, ha vinto una sola Coppa d’Africa con il Camerun nel 1988 e poi centrato un argento a Egitto 1986 e un bronzo col Ghana (2008).

Tradito da Ziyech

Renard quattro anni fa da ct del Marocco aveva riconquistato una qualificazione mondiale che mancava da vent’anni (Francia ’98) ma in Russia - dov’era stato eletto il tecnico più sexy del torneo - le cose non erano andate per il verso giusto complici circostanze sfavorevoli: autogol di Bouhaddouz al 95’ contro l’Iran, stoccata dell’irresistibile CR7 col Portogallo, pari del galiziano Aspas al 91’ nel 2-2 contro la Spagna. Aveva provato a rifarsi, sempre col Marocco, nella Coppa d’Africa 2019 svoltasi in Egitto: i rossoverdi super favoriti, superata di slancio la fase a gironi con 3 vittorie su 3, si sono arenati negli ottavi ai rigori contro la “cenerentola” Benin nonostante la superiorità numerica, la supremazia territoriale e soprattutto un penalty fallito dalla stella Ziyech al 6’ di recupero della ripresa.

Al lavoro in Vietnam

Da lì le dimissioni e il cambio di Continente: non più l’Africa bensì l’Asia, il Medio Oriente. Accettata di buon grado l’offerta della Federcalcio nel settembre di tre anni fa. Importante il suo curriculum di giramondo: ha condotto anche l’Angola e allenato in Francia (Lilla, Sochaux, Cherbourg, Draguignan), Algeria (Usma), Inghilterra (Cambridge United), Cina (Shanghai Cosco) e persino in Vietnam (Song Da Nam Dinh, sul Delta del Fiume Rosso). Prima dei Mondiali ha rinnovato fino al 2027 alla cifra di 1,1 milioni di euro netti all’anno.

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La volpe savoiarda

Spirito avventuriero, poliglotta, esperto, scaltro e carismatico, Renard è nato ai piedi delle Alpi, di fronte al Lago del Bourget: esattamente ad Aix-les-Bains, una delle principali città (insieme con Chambéry) dell’antica provincia del Ducato di Savoia. Savoiardo e dunque mezzo piemontese... Poco più di un centinaio di chilometri per arrivare al tunnel del Fréjus ed entrare in Italia da Bardonecchia. E altrettanti per raggiungere Torino, capitale sabauda. Il suo nome di battesimo deriva dal bretone Haerviu: è composto dagli elementi “haer” (battaglia) e “vy” (degno), quindi può essere interpretato come “degno della battaglia”. La variante inglese è Harvey. Tradotto in italiano, sul suo passaporto ci sarebbe scritto Erveo Volpe. Dunque un combattente e per di più furbo come una volpe (appunto “renard” in francese). “Nomen omen”, dicevano i latini: un nome, un destino...

A Cannes con Zidane

Sua madre Danielle, figlia di immigrati polacchi fuggiti dalla Seconda Guerra Mondiale, l’ha cresciuto da sola (abbandonata dal marito) barcamenandosi tra due lavori. Voleva che al figlio non mancasse niente, che potesse godersi le sue passioni. A 15 anni lo iscrive all’accademia del Cannes. Il vice-allenatore è un certo Wenger. Dal vivaio biancorosso sono usciti Vieira, Micoud, Frey e persino Zidane, di cui Hervé è stato compagno di squadra «anche se di sicuro lui non se lo ricorda», scherza oggi. Gioca da difensore centrale, soprattutto nelle serie minori, ma un brutto infortunio al ginocchio lo porta a smettere. A soli 29 anni.

Persino netturbino

Tre anni prima che la sua carriera da calciatore finisse, quando giocava ancora a Vallauris (tra Cannes e Juan-les-Pins) nel “Championnat National”, terza divisione, e prima di diventare – appena trentenne – allenatore del Draguignan (che condurrà a due promozioni in due stagioni), Hervé aveva fondato una piccola impresa di pulizie. Gliel’aveva suggerito un amico, Pierre Romero (che poi lo presentò a Le Roy), il quale possedeva già una cooperativa di servizi e un portafoglio di clienti da passargli: tutti nell’area di Antibes. Renard raccoglie la spazzatura dai residence, gestisce la contabilità, si occupa del commerciale. Il costante richiamo all’umiltà è uno dei suoi “refrain” preferiti: «Bisogna sempre ricordarsi da dove si viene. Ho passato otto anni ad alzarmi alle 3 del mattino, tutti i giorni, per svuotare cassonetti colmi di rifiuti».

Con la vedova di Metsu

Separato, tre figli (Candide, Kevin e Audrey), Hervé s’è risposato cinque anni fa a Saly, una settantina di chilometri a Sud di Dakar, con la seducente senegalese Viviane “Vivi” Dièye, vedova di Bruno Metsu (francese, biondo e occhi azzurri come lui, ex ct di Senegal, Guinea, Qatar, Emitati Arabi, eccetera) morto di cancro nell’ottobre del 2013 all’età di 59 anni e dal quale ha avuto a sua volta tre figli: Enzo, Noah e Maeva. Hervé e “Vivi” hanno lasciato l’amata Africa per trasferirsi a Riyadh a vivere nuove, esaltanti avventure.

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La volpe savoiarda

Spirito avventuriero, poliglotta, esperto, scaltro e carismatico, Renard è nato ai piedi delle Alpi, di fronte al Lago del Bourget: esattamente ad Aix-les-Bains, una delle principali città (insieme con Chambéry) dell’antica provincia del Ducato di Savoia. Savoiardo e dunque mezzo piemontese... Poco più di un centinaio di chilometri per arrivare al tunnel del Fréjus ed entrare in Italia da Bardonecchia. E altrettanti per raggiungere Torino, capitale sabauda. Il suo nome di battesimo deriva dal bretone Haerviu: è composto dagli elementi “haer” (battaglia) e “vy” (degno), quindi può essere interpretato come “degno della battaglia”. La variante inglese è Harvey. Tradotto in italiano, sul suo passaporto ci sarebbe scritto Erveo Volpe. Dunque un combattente e per di più furbo come una volpe (appunto “renard” in francese). “Nomen omen”, dicevano i latini: un nome, un destino...

A Cannes con Zidane

Sua madre Danielle, figlia di immigrati polacchi fuggiti dalla Seconda Guerra Mondiale, l’ha cresciuto da sola (abbandonata dal marito) barcamenandosi tra due lavori. Voleva che al figlio non mancasse niente, che potesse godersi le sue passioni. A 15 anni lo iscrive all’accademia del Cannes. Il vice-allenatore è un certo Wenger. Dal vivaio biancorosso sono usciti Vieira, Micoud, Frey e persino Zidane, di cui Hervé è stato compagno di squadra «anche se di sicuro lui non se lo ricorda», scherza oggi. Gioca da difensore centrale, soprattutto nelle serie minori, ma un brutto infortunio al ginocchio lo porta a smettere. A soli 29 anni.

Persino netturbino

Tre anni prima che la sua carriera da calciatore finisse, quando giocava ancora a Vallauris (tra Cannes e Juan-les-Pins) nel “Championnat National”, terza divisione, e prima di diventare – appena trentenne – allenatore del Draguignan (che condurrà a due promozioni in due stagioni), Hervé aveva fondato una piccola impresa di pulizie. Gliel’aveva suggerito un amico, Pierre Romero (che poi lo presentò a Le Roy), il quale possedeva già una cooperativa di servizi e un portafoglio di clienti da passargli: tutti nell’area di Antibes. Renard raccoglie la spazzatura dai residence, gestisce la contabilità, si occupa del commerciale. Il costante richiamo all’umiltà è uno dei suoi “refrain” preferiti: «Bisogna sempre ricordarsi da dove si viene. Ho passato otto anni ad alzarmi alle 3 del mattino, tutti i giorni, per svuotare cassonetti colmi di rifiuti».

Con la vedova di Metsu

Separato, tre figli (Candide, Kevin e Audrey), Hervé s’è risposato cinque anni fa a Saly, una settantina di chilometri a Sud di Dakar, con la seducente senegalese Viviane “Vivi” Dièye, vedova di Bruno Metsu (francese, biondo e occhi azzurri come lui, ex ct di Senegal, Guinea, Qatar, Emitati Arabi, eccetera) morto di cancro nell’ottobre del 2013 all’età di 59 anni e dal quale ha avuto a sua volta tre figli: Enzo, Noah e Maeva. Hervé e “Vivi” hanno lasciato l’amata Africa per trasferirsi a Riyadh a vivere nuove, esaltanti avventure.

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