Napoli-Juve, la rabbia di Tevez un'arma in più

Quattro gol nelle ultime tre partite per l’Apache e una sola vittoria per la Juve: Napoli nel mirino
TORINO - Se il tuo curriculum stagionale recita 11 gol in 16 partite di campionato - 16 in 23 comprese le Coppe, 4 nei 3 match più recenti - e a Vinovo ti presenti armato di un broncio apparente, c’è il rischio che ti scambino per un pazzo. Ma se ti chiami Carlos Tevez, la spiegazione giunge spontanea: giochi tanto, segni senza sosta, però la Juve vince sempre meno, quasi mai. Nelle ultime 6 partite stagionali è accaduto soltanto una volta: 18 dicembre, 3-1 bianconero a Cagliari. Per il resto, nel periglioso cammino di un fiacco dicembre prorogatosi fino all’Epifania, quattro pareggi e lo stop di Doha.

IRA FEROCE - La Supercoppa che passa di mano ai rigori è un boccone ancora amarissimo da digerire. L’Apache, suo malgrado, ha chiuso il 2014 dovendosi adeguare alla vena masochistica della Juventus: in cinque giorni l’argentino l’ha messa dentro in 3 occasioni, scaldando il piedino a Cagliari prima dell’inutile doppietta in Qatar, quell’uno-due consegnato alla storia del trofeo nazionale soprattutto grazie a un sapiente mix, fra giochetto di gambe e diagonale impossibile da intercettare, che stese Koulibaly e Rafael nei supplementari. Tutto cancellato nell’ordalia dal dischetto. Il golletto piazzato martedì all’Inter, pure quello, è servito a poco, se non ad appesantire il fardello dei rimpianti in salsa bianconera. Ma chi ha avuto la fortuna di allenarsi con Tevez a Vinovo ha potuto constatare il dipingersi sul suo volto di un caleidoscopio di emozioni tutt’altro che contrastanti: delusione, anche frustrazione nel ricordare la sequenza di mancate vittorie, rabbia, desiderio di vendetta da gustarsi tutta d’un fiato.

RISPOSTA FORTE - L’Apache ha un modo molto personale di reagire dinanzi alle avversità dettate, per esempio, da un palo che respinge un tuo rigore dopo un match mostruoso, o da una condizione fisica lontana dal top. Nessuna dichiarazione (o quasi) nei giorni caldi del 2015, nessun tweet “cinguettato” agli oltre 873.000 followers: l’ultimo segnale di vita del sudamericano sui social risale agli auguri di Natale con tavolata imbandita per l’occasione e la punta bianconera sorridente con famiglia e amici al seguito. In ambito prettamente sportivo, invece, dopo il tweet del 18 dicembre che segue il successo di Cagliari, più a. La migliore replica, per l’Apache, è restare in silenzio, lavorare alacremente per ritrovare la forma migliore in tempi brevi, magari stimolare i compagni distillando impegno e carica massimali, oltre a regalare un sorriso qua e là, però senza esporsi a taccuini e telecamere “invadenti”. Se non vince, non twitta, Carlitos: finora il sistema ha funzionato. Gol a raffica, i suoi, seguendo la scia della scorsa stagione: l’Apache, quasi mai, tradisce le attese, altrimenti sarebbe un uomo bionico a tutti gli effetti.

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