Serie A, verso Juve-Inter: Allegri contro Mancini, gavetta e caviale

Allegri ha fatto la gavetta necessaria, Mancini è salito a bordo di una personale capsula spaziale che lo ha portato, in minuti due senza fare le scuole inferiori, tra i grandi, anche se tale non è
Serie A, ecco 10 cose da sapere prima di Juventus-Inter

TORINO - Da Guardiola a Mancini, si accomodi pure a Torino chi al Manchester City ha già riscosso il dovuto, dopo colui il quale è pronto a gonfiare il conto con le stesse sterline dello sceicco Mansour, uno che non bada a spese e ad allenatori. Dunque Juventus-Inter è anche una specie di esame di riparazione, per l’avversario ricchissimo, cioè Mancini, abituato a vivere tra caviale e champagne, dovunque egli abbia preso a lavorare, da calciatore, prima, e da allenatore, dopo. Quello che viene definito (Brera) il derby d’Italia oggi ha cambiato pelle ma la chiave di lettura principale sta nelle due panchine. Allegri ha fatto la gavetta necessaria, Mancini è salito a bordo di una personale capsula spaziale che lo ha portato, in minuti due senza fare le scuole inferiori, tra i grandi, anche se tale non è. Perché il calibro di un tecnico lo si intuisce e lo si decodifica quando è chiamato a gestire brocchi che lui riesce a trasformare in giocatori. Vedi Radice, vedi Sacchi, vedi Conte, vedi anche Allegri, non certo quello della Juve o del Milan là dove ha potuto lavorare con roba molto buona. Mancini, al contrario, ha avuto la sorte buona, non è certo una colpa, di andare là dove il soldo non era e non è un problema, fatta eccezione per l’ultima Inter, chiamata a rispettare le regole del fair play finanziario e dunque a fare di necessità virtù. Malgrado ciò il marchigiano elegante ha avuto quello che desideravano i suoi capricci, da Podolski a Shaqiri (secondo l’interistissimo comico Pucci “un cubo, un fermacarte”) e poi Felipe Melo, l’altra faccia del calcio.

Infine, si fa per dire, Eder, il quale, lentamente ma inesorabilmente, rischia di fare la fine degli altri, scomparire nel silenzio, vedi alla voce Santon. E c’è da domandarsi perché mai, a Manchester, Mancini abbia avuto qualche discussione con Tevez e Balotelli e a Milano con Jovetic e Icardi, dunque un contrasto di carattere e di idee con i sedicenti numero 1 c’è sempre e lo provoca proprio uno che da calciatore apparteneva al gruppo dei promettenti numeri 1 mai diventato 1 e basta. 
Il totale della questione porta al confronto tra un allenatore, Allegri, che ha cambiato abitudini rispetto al periodo rossonero, ha mutuato regolamento sabaudo anche se commette errori minimi sui quali poi interviene. Nella sfida contro il Bayern si è capito, ancora una volta, che la Juventus abbisogna di un play maker, vero, anche se trattasi dell’“ultima scelta”, Hernanes, piuttosto di oleogrammi ambulanti. Se la tivvù avesse mostrato la fase di riscaldamento prepartita delle riserve bianconere, si sarebbe capito perché un tipetto come Pereyra, quando è chiamato all’ordine, risponda in modo fiacco: il suo lavoro, la sua fatica era pari a quella di un pensionato, di una vecchia gloria che palleggia stancamente. Ma questo è un asterisco rispetto alla reazione affamata della Juventus nel secondo tempo di Champions. Contro l’Inter dovrebbe vedersi la stessa Juve, il recupero di alcuni titolari potrebbe dare ad Allegri l’opportunità di scegliere con calma; l’assenza di Marchisio non crea guai particolari, le ultime prestazioni del centrocampista non sono state confortanti ma ordinarie, sembra che molto si sia fermato a due anni orsono e la Juve ha assolutamente bisogno del miglior Marchisio mentre si può pensare a un’altra prova da 9 di Dybala il quale ha confessato che Mancini ne aveva richiesto l’assunzione all’Inter (ma guarda un po’ le combinazioni). Difficile che il fuoriclasse si trasferisca a Milano, a meno che non accada qualcosa come nel duemila e sei con la cessione di Ibrahimovic e Vieira ma stavolta non ci sono né Blanc né Cobolli Gigli ma Agnelli e Marotta. L’Inter si presenta con Icardi che è il grande molestatore juventino ma il gruppo di Thohir ha un centrocampo di minatori, un settore nel quale risalta Felipe Melo, brasiliano in niente e casinista in tutto. Gli altri non fanno ancora squadra come ha confermato anche la partita di coppa Italia contro i bianconeri. Ma il campionato, si dice e si scrive, è un’altra cosa. Sarà pure così ma la Juventus, sponsorizzata in testa alla classifica dal Milan a Napoli, ha bisogno di vincere, concedendo nuovamente al Napoli stesso (giocherà lunedì il posticipo con la Fiorentina) la possibilità di conoscere il risultato. Come prima, più di prima...

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