Milan-Juventus, la joint venture che non c'è più

Roba del passato, nessun favore, nessuna compassione, si giochi e si vinca. Allegri non può provocare il licenziamento di Mihajlovic prima della finale di Coppa Italia
Milan-Juventus, la joint venture che non c'è più© lapresse

TORINO - Scrivere o parlare di calcio è un’impresa eccezionale. Tra complotti, finanze allegre, rinvii a giudizio, abbiamo perso di vista il gioco. Perché è sicuramente più facile, per i nuovi arrivati nel circo calcistico, occuparsi di arbitri venduti, incapaci, vergognosi (uso gli aggettivi squalificativi di gran moda), di potere del Nord, di Calciopoli (provoca il conato di vomito), di paradisi fiscali, si va su wikipedia, si va di social network e il vecchio mestiere di giornalista finisce in discarica. Poi arriva la partita, tipo Milan-Juventus e allora sarebbe opportuno raggrumare due idee, spolverare la memoria e domandarsi perché le due in campo domani, siano arrivate a questa stazione su treni differenti, una con l’alta velocità l’altra sul carro merci, e destinazione diverse, scudetto e chissà che cosa. Finiti i tempi della joint venture, messa in piedi da Galliani e Giraudo, soldi e tanti, trofeo Berlusconi ripetuto in eterno e ormai dimenticato e cancellato da altri impegni, staffette di allenatori e di malinconie.

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Allegri è l’anello di congiunzione, scaricato a Milano, è tornato a essere campione a Torino, pur portandosi appresso qualche dubbio. La Juventus ha conti esplosivi, sui quali conserva la massima attenzione, secondo abitudini fiattine che sono state svergognate soltanto nel periodo dei cosiddetti uomini e dirigenti puri (Elkann volle così Blanc e Cobolli e i bilanci disastrati del club li ha smascherati). Lo stesso non si può dire e scrivere del Milan che ha svuotato la cassaforte di Berlusconi e a forza di parametri zero è a zero con la propria immagine. Quando il cavaliere prese in mano il club, volle e seppe mettere da parte la nostalgia del passato e guardare esclusivamente al futuro, basta con i ricordi, Rivera, Rocco e altri memorabilia. Vennero Coppe e tutto quello che c’era per diventare un club leggendario. Oggi che fa il Milan? Che fanno Berlusconi e Galliani? Sfogliano l’album dei trionfi, si riuniscono con Sacchi, discutono del futuro ma tenendo sul tavolo il libro del passato, dunque si comportano in modo esattamente opposto a come fecero nel momento della rifondazione. E il Milan scivola, cambia allenatori, liquida dirigenti, uno al Barcellona, l’altra al Bayern di Monaco (dunque, si deve ritenere che o i due sono bravi davvero – infatti - o c’è qualcuno che nel nuovo Milan non ha capito nulla ma proprio nulla).

La partita contro la Juventus arriva al momento giusto e peggiore. Non è un ossimoro, è la realtà rossonera, un equivoco che si trascina perché Silvio Berlusconi, come nelle sue ultime vicende politiche - il caso del sindaco di Roma - decide di non decidere, rinvia, annuncia, smentisce, conferma Mihajlovic e poi lo discute, garantisce nuovi investimenti e poi frena, promette una squadra da Champions ma annuncia che sarà un Milan tutto italiano e giovane, dunque ciao Europa. Però in novanta minuti può anche accadere che il Milan ritrovi sangue e sudore, può accadere che Balotelli si ricordi di essere stato una promessa e non una premessa. Se non ci fosse di mezzo la Juventus tutto sarebbe più facile ma questa Juventus non è quella di dieci anni fa. Questa Juventus non vive di passato e nostalgie romantiche. Si è liberata di Del Piero cancellando il contratto ma non l’affetto, ha puntato altrove e viaggia verso il quinto scudetto consecutivo che sembra una cosa scontata soltanto a Torino. La tristezza, non soltanto tecnica ma contabile, milanista e milanese (dell’Inter un giorno o l’altro qualcuno dovrà pure occuparsi sul serio e in modo deciso, o no?) ha molti buoni motivi per trovare un momento di pace. Ma la Juventus ha urgenze superiori, la joint venture è roba del passato, nessun favore, nessuna compassione, si giochi e si vinca. Non credo, comunque, che Allegri possa provocare il licenziamento di Mihajlovic. Non domani sera. C’è sempre la finale di Coppa Italia.

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