Allegri-Mazzarri una garanzia di spettacolo

Allegri-Mazzarri una garanzia di spettacolo

Non si placa la polemica tra Allegri e Adani, o meglio - considerando il ruolo molto differente dei due protagonisti - tra i paladini degli schemi, dei moduli e chi invece considera preminenti i giocatori e i loro numeri. Ho la sensazione che l’allenatore juventino - capace di dire chiaramente molte cose logiche - fatichi (e non per colpa sua) a far passare il suo messaggio base. Non certo che l’organizzazione non conti - e sarebbe assurdo solo pensare che un tecnico di tale livello trascuri un... particolare del genere - quanto il fatto che da parecchi anni a questa parte si parli un po’ meno di istruttori, addestratori, di fondamentali, e tutto si risolva con una diagonale o un terzino votato continuamente a spingere. Il gesto tecnico - ed è quasi inutile citare l’esempio Messi - dovrebbe essere invece maggiormente al centro dell’attenzione anche a livello giovanile, quando si apprendono le basi del mestiere. Non mi permetto di entrare nel merito della discussione - non avendo titoli a sufficienza - ma non posso fare a meno di sottolineare di aver visto anche recentemente portieri posizionati con le gambe troppo vicine, e senza dunque la forza necessaria per staccare, o difensori sbagliare l’invito all’attaccante, lasciando l’interno invece dell’esterno. Magari hanno fatto anche bene la diagonale o tenuto le distanze, poi però il gesto tecnico non li premia.

In tutta questa discussione c’è l’esempio del Torino che stasera giocherà un derby fantastico proprio con la Juve. Un Torino, nell’opinione popolare, che propone un calcio antico e che invece è molto più moderno di quanto possano raccontare i sostenitori di un certo tipo di calcio, in cui una copertura individuale a uomo o un esterno un po’ più bloccato vengono visti come un insulto. Il Torino di oggi è invece una squadra più ancora che un collettivo, capace di occupare perfettamente gli spazi e tenere le distanze, secondo le teorie di quell’allenatore “italianista” e bravissimo che è Mazzarri. La sua difesa a tre, anni fa vista come un insulto alla predisposizione al gioco, fu copiata alla vigilia di un Napoli-Juve proprio da Conte e adesso è ad esempio uno dei punti di forza di quell’Atalanta giustamente riconosciuta come avveniristica. La verità, perdonate il termine un po’ perentorio, è che non esiste un solo tipo di calcio, ma l’unico scopo del pallone è valorizzare - e siamo sempre lì - le caratteristiche di ogni singolo giocatore, per metterlo in condizione di esprimere al meglio il suo talento.

Insomma, anche per questo il derby di stasera si preannuncia come uno spettacolo, tra la Juve di Allegri - che a me piace moltissimo, è spero che non si offenda nessuno... - e il Torino di uno tra gli allenatori più preparati (e innovativi) del nostro calcio. Il resto, oltre all’organizzazione e al talento dei singoli, lo fa poi una componente diciamo così altrettanto difficile da discutere: il senso dell’appartenenza. E questo Toro, il Toro di Cairo, di Mazzarri, di Belotti, dei suoi fantastici tifosi, di un club che è una Leggenda, di senso dell’appartenenza ne ha da mettere in gioco. E almeno su questo non c’è - almeno spero - nessun motivo per pensarla, o raccontarla, diversamente.

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