Senza contare che potrebbero pure risparmiare su stipendi (qualcuno deve ancora pagare quello di gennaio) e scampare il rischio retrocessione. Ma le pressioni, è ovvio, le porteranno avanti anche i vertici delle istituzioni e la stragrande maggioranza dei presidenti schierati per la ripartenza. E’ in battaglie di “lobby” si parte sempre in vantaggio se si ha al proprio fianco un combattente esperto come Claudio Lotito, grande conoscitore delle dinamiche politiche romane: «Il calcio, in Italia, è una grande industria - ha ricordato ieri il presidente della Lazio - garantisce 1 miliardo e 200 milioni di gettito all’erario. E poi c’è la mutualità che il calcio riverbera anche negli altri sport. Il Coni ha 460 milioni di finanziamento e il calcio produce miliardi di ricavi. Le date? Non vorrei entrare su un argomento che è in discussione a livello governativo e istituzionale-sportivo. Il calcio ha una grandissima valenza sociale e la nostra storia, la storia dei romani, è fatta di “panem et circenses”. Un altro motivo per riflettere sulle scelte da fare».
Certo, negli ultimi anni gli inquilini dei Palazzi della politica sono cambiati, ma Lotito non ha mai perso di vista le strade sotterranee del potere. A complicare le cose, casomai, sono certe dinamiche che trascendono le reali (da tutti poste sempre in primo piano, per carità) esigenze di sicurezze e hanno a che vedere con incrostazioni politico-personali e con il calcio d’élite ostaggio della propaganda, prima ancora che delle (ineludibili) ragioni di sicurezza. Lo scontro tra Giovanni Malagò e Gabriele Gravina, infatti, è sotto gli occhi di tutti. C’è chi sostiene derivi dalle “fiere” divisioni innescate dal sostegno concesso dal presidente Figc all’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio (con delega allo sport, ovvio) Giancarlo Giorgetti durante la realizzazione di Sport e Salute.
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