Cairo, l'anno orribile

In Lega non è riuscito ad imporre la sua linea. Quella lite con Lotito...
Cairo, l'anno orribile© LAPRESSE

Il colpo di coda di Urbano Cairo rischia di rivelarsi la classica “vittoria di Pirro” già domani, quando il Consiglio federale boccerà il blocco delle retrocessioni che il presidente del Torino, con l’appoggio deciso di Sampdoria, Udinese e Lecce (in ordine di dinamismo), ha fatto approvare venerdì nell’assemblea di Lega. Assemblea durante la quale i partecipanti lo hanno descritto «agitatissimo e determinatissimo». Una delle vulgate con cui qualcuno spiega la “ratio” di quella votazione maldestra, contorta e dannosa per l’immagine della Lega racconta della voglia di regalare “un contentino” al presidente granata, che in questa prima fase dell’anno non ha mai ottenuto soddisfazioni fra le mura di via Rosellini. Ovviamente non è stato per questo: molti interessi coincidenti e disinteressi paralleli hanno pesato sulla votazione, ma è un fatto che sia la prima volta da parecchi mesi che una sua presa di posizione ha avuto successo in assemblea.

I prodromi delle difficoltà in cui Cairo sarebbe inciampato in questi mesi si erano già intravisti al tramonto del 2019, quando la necessità di eleggere un nuovo presidente di Lega al posto del dimissionario, e contiguo, Gaetano Micciché portò il presidente del Torino in totale rotta di collisione con Claudio Lotito, sostenitore di Paolo Dal Pino: il 16 dicembre i due sfiorarono perfino lo scontro fisico, mentre il patron granata accusava quello della Lazio di conflitto di interessi con l’allora commissario Mario Cicala che, effettivamente, la Figc avrebbe poi rimosso. Anche quella, però, si sarebbe rivelata una vittoria di corto respiro per l’editore alessandrino, che l’8 maggio dovette incassare l’elezione di Paolo Dal Pino. E non fu uno smacco di poco conto, visto che Cairo tentò fino all’ultimo, anche durante l’assemblea, di far rieleggere Micciché, dimessosi poco prima tra i veleni di lettere anonime e affossato anche da un conflitto di interessi a tinte granata: la presenza nel cda di Rcs di cui lo stesso Cairo è presidente. Invece niente: a Dal Pino bastarono 12 voti e Cairo vide sfumare un altro “progetto di presidenza” dopo il tentativo di portare alla guida della Lega di A quel Javier Tebas che ha condotto la Liga spagnola al top tra i campionati mondiali. Si sarebbe rifatto, poi, appunto con Gaetano Micciché, che però durò in carica solo venti mesi durante i quali, dall’elezione del 19 marzo 2018, il presidente del Torino ha comunque potuto affinare parecchio l’amicizia con Giovanni Malagò, allora commissario della Lega e ora indagato a Milano proprio in seguito a quella votazione in via Rosellini quando fu il primo e più grande sponsor di Micciché.

Anche in questi mesi di pandemia, Cairo ha scoperto di possedere con Malagò una particolare comunanza di pensiero e, dicono i bene informati, di azione circa la volontà di non far ripartire il campionato di Serie A. Ma proprio su questo aspetto il presidente del Torino non è riuscito a incidere sull’assemblea dei presidenti e a bloccare il lavoro di Gabriele Gravina sulla strada della ripartenza di cui è sempre stato il più fiero e, almeno nella prima fase, esposto oppositore, anche a costo di essere smentito dai fatti e dall’evolversi degli eventi.

Il 26 marzo, per esempio, Cairo sosteneva «che il 30 giugno sia un limite invalicabile oltre il quale giocare sarebbe sbagliato. Stiamo vivendo sulla nostra pelle e senza colpa la rovina di questa stagione, ma non rischiamo di rovinare anche la prossima, perché quella sì sarebbe una responsabilità nostra», salvo poi arrendersi di fronte al fatto che, pochi giorni dopo, Fifa e Uefa avrebbero dato il via libera alla proroga della stagione oltre quella fatidica data. La madre di tutte le sconfitte in questa battaglia contro la ripresa del campionato ha però dovuto incassarla il 21 aprile: il voto unanime dell’assemblea di Serie A con cui Dal Pino, il presidente che lui non avrebbe mai voluto al soglio della Lega, ha ingessato la volontà politica sulla ripresa del campionato. Giova ricordare che il ministro Spadafora aveva annunciato quella votazione con un sibillino «ci saranno sorprese, non pochi club sono contrari». Invece anche Cairo votò a favore perché evidentemente si rese conto che la posizione dello “stop a tutti i costi” non era più difendibile e spendibile. Meglio concentrarsi su altri aspetti di più concreto respiro, come appunto quello di evitare guai al suo Toro, in termini di classifica, nel caso in cui il campionato non riuscisse a concludersi. Comportamento umanamente persino comprensibile, considerato il modo in cui gli sono girate le situazioni negli ultimi mesi sia dal punto di vista sportivo sia da quello politico. Litigare con Lotito, evidentemente, non porta mai fortuna.

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