Milan-Juve, San Siro orfano del suo popolo

I pullman delle squadre non hanno avuto neppure bisogno delle sirene per raggiungere lo stadio. Senza lo spettacolo del pubblico fuori e dentro il Meazza si perde la magia della sfida tra le più classiche del calcio italiano

MILANO - Ma è Milan-Juventus questa? Sì, sul foglio delle formazioni c'è scritto questo e in campo ci sono le squadre di Pioli e Pirlo, ma intorno? Bisogna attaccarsi con tutta la forza al tabellone luminoso che espone il risultato e i marcatori per lo sparuto gruppo di testimoni oculari, altrimenti si fatica a focalizzare che va in scena la più classica delle sfide del calcio italiano nel più classico degli stadi italiani. Da fuori, il Meazza, si staglia ancora più monumentale illuminato nella nebbiolina serale e circondato dal deserto. La luce dei lampioni si riflette sull'asfalto lucido e libero dai camioncini dove sfrigolano le salsicce per i gourmet da stadio, che possono avere da ridire su menù, servizio e conto, ma nulla sulla location. Non ci sono le sciarpe che strabordano dalle bancarelle. Non ci sono le macchine intasate su via Achille. E non c'è, soprattutto, il popolo di Milan-Juventus, quel formicaio colorato che cammina laborioso intorno all'impianto in cerca di una delle salsicce di cui sopra o del proprio ingresso. Qualcuno parla, qualcuno borbotta, qualcuno ipotizza, qualcuno critica preventivamente, qualcuno tace per scaramanzia; tutti, nessuno escluso, sentono salire l'eccitazione e scorrere più forte l'elettricità.

Quando sono tutti dentro lo spettacolo è maestoso sia per chi gioca sia per chi ne fa parte e si specchia da una tribuna all'altra. In teoria dovrebbero essere di più i rossoneri, ma sono i primi a sapere che il “nemico” può nascondersi due seggiolini più in là e scoprirsi solo all'eventuale gol della Juventus, quando più di un terzo dello stadio esulta, dando la sensazione visiva e acustica dell'inossidabile percentuale bianconera di Milano.

Niente di tutto questo succede questo volta. I pullman delle squadre non hanno bisogno delle sirene per arrivare e non fendono la folla imboccando la strada per il parcheggio. Uno di quelli che ieri sera erano in campo, qualche giorno fa, sospirava: «Milan-Juventus per me era la vigilia a Milano, l'albergo circondato da millecinquecento tifosi, il viaggio verso lo stadio in mezzo a una città elettrizzata, il cuore in gola quando scorgevi il primo dei torrioni illuminati dello stadio, il pullman che faticava a entrare nel parcheggio tanta folla c'era e lo stomaco che si stringeva quando abbagliato dai riflettori uscivi dal corridoio degli spogliatoi». Poi ha sospirato: «Porca miseria parlo al passato come se fossero dieci anni fa». Ne è passato meno di uno dall'inizio dell'incubo, se tutto va bene ne manca molto meno per la fine. E tutto questo, anche Milan-Juventus nel deserto, ci farà gustare ancora di più il miracolo collettivo dello stadio, che non è un campo dove si gioca alla presenza del pubblico, ma dove il pubblico offre il suo spettacolo alla presenza dei calciatori in campo.

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