L’esame più difficile per il nuovo Allegri, asciutto come la Juve

Più asciutto e severo nelle parole e negli atteggiamenti. Battute e polemiche ironie azzerate. Richiami all’attenzione moltiplicati. Massimiliano Allegri, dopo la pausa, ha cambiato il registro della sua comunicazione che si specchia nella scorbutica praticità delle ultime due vittorie della Juventus con il Bologna e il Maccabi. Prestazioni ancora instabili, ma efficaci nel risultato. Qualcosa è cambiato, altro sta cambiando, molto deve ancora cambiare per rilanciare la Juventus sui binari del successo, dai quali stava preoccupantemente deragliando nel mese di settembre.

La strada del “niente panico, siamo la Juve”, scelta dalla dirigenza in un momento in cui il cambio dell’allenatore avrebbe innescato fra i tifosi molta più euforia dell’ultimo scudetto vinto, è una strada in salita perché correggere e raddrizzare è sempre più difficile che azzerare tutto e ricominciare da capo, ma spesso dà risultati migliori e più solidi. Certo comporta anche il rischio di allungare le crisi e causare ancora più danni, ma nel pomeriggio in cui a San Siro si ritrovano Milan e Juventus torna in mente il 7 luglio 2020, la notte che ha cambiato la vita di Stefano Pioli. Il Milan era settimo, risultati in altalena, un nuovo allenatore (Ralf Rangnick) che era stato quasi ingaggiato e stava per essere scaricato, proprio per dare fiducia a Pioli. Quella notte, sotto di due gol, il Milan di Pioli (e Ibra) completò una clamorosa rimonta, vinse 4-2 e da quella vittoria trasse il coraggio per crescere fino allo scudetto di due anni dopo.

La situazione di Allegri e della Juventus di oggi è un po’ diversa: è una perseveranza più frettolosa quella dei dirigenti bianconeri nel tenere la barra dritta sull’allenatore, perché c’è il solito obbligo di vincere, oltretutto dopo una stagione a zero titoli e a 48 ore dalla lettera agli azionisti del presidente Agnelli a ribadire l’ordine, senza nessuna concessione al concetto di transizione.

Nelle ultime tre settimane la Juventus, intesa come dirigenza, allenatore e staff (nel quale c’è stato un piccolo rimpasto), ha lavorato molto per correggere errori e omissioni. La sfida con il Milan è un esame inclemente, perché la Juventus non è ancora guarita e San Siro si inserisce come un passaggio chiave del percorso di guarigione. Se vincesse, e sarebbe il primo scontro diretto vinto dal ritorno di Allegri, la Juventus imprimerebbe un’accelerata. Se perdesse tornerebbe al via, non senza contraccolpi psicologici e, soprattutto, con la consapevolezza di aver reso la rimonta scudetto un’impresa ancora più titanica. Si gioca meno il Milan, che non è messo benissimo, ma ha ben altra solidità morale e di classifica per attutire il colpo, senza vedere sgretolarsi intorno a sé l’umore, l’ambiente e la fiducia. Allegri, che non difetta di esperienze di momenti difficili, si è detto sicuro di una «grande partita» da parte della Juventus. Se così non fosse, al di là del risultato, dovrebbe farsi delle domande e magari dare qualche risposta, perché i panni sporchi si lavano in famiglia, ma milioni di tifosi si domandano quanto ci vuole a farli venire puliti.

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