Quello italiano è un mercato delle pulci figlio di un sistema che non fa sistema

Quello italiano è un mercato delle pulci figlio di un sistema che non fa sistema

È perfino un poco stucchevole ribadire, una volta di più, il distacco della Serie A dalla Premier League e dagli altri top campionati europei (sì: La Bundesliga sarà poco glamour, ma economicamente funziona assi meglio del nostro campionato). Però, per quanto noioso e antipatico, la crisi resta un fatto incontestabile e acclarato. Anzi, reiterato perché già l'anno scorso il mercato invernale si è stagliato soltanto in virtù dell'acqusto di Vlahovic da parte della Juventus. Scavallato l'anomalo mercato estivo che si è incrociato, mai così pesantemente, con il calcio giocato, si è tornati alle dinamiche precedenti che hanno di fatto trasformato la Serie A in un campionato ‘di formazione’ per i calciatori in attesa di compiere il salto verso tornei più performanti economicamente e di maggiori visibilità mediatica. Un po' quello che accadeva nella Ligue 1 negli Anni 90 e che ora ci ha lasciato come amara eredità: un po' per merito del Psg (va' sapere com'è, ma da quelle parti chi vince sempre non viene visto come uno che “affossa il sistema” ma viene considerato un traino), un po' per il lavoro sugli stadi successivo anche all'Europeo del 2016.

La voracità della Premier League e i motivi della crisi

Poi, certo, c'è il moloch della Premier League che tutto sta fagocitando con una voracità impressionante. Basta prendere in esame la stima dei dati aggregati di questo mercato invernale, in attesa di quelli ufficiali e siamo a distanze siderali: la Premier ha speso qualcosa come 590 milioni di euro a fronte degli 87 della Ligue 1, dei 69 della Bundesliga, dei 25 della Serie A e dei 20 della Liga che ha provato ad abbandonare l'ultima posizione al fischio finale con il tentativo, fallito, del Barcellona, per Amrabat. La Premier ha saccheggiato anche in Italia: hanno fatto rumore le cessioni d Jakub Kiwior, dallo Spezia all'Arsenal per 25 milioni, e di Traoré dal Sassuolo al Bournemouth per 30 milioni. Il confronto è presto fatto se pensate che gli acquisti più onerosi dei nostri club sono stati quelli di Matheus Martins dell'Udinese dalla Fluminense per 6 milioni di Ilic dal Verona al Torino per 19 milioni complessivi che però saranno contabilizzati a giugno. I motivi di questa crisi sono ormai noti e sedimentati: una disparità clamorosa (da 1 a 4 volte) nel valore dei diritti tv che a loro volta sono penalizzati dalle carenze infrastrutturali, dall'incapacità di crescere nel fatturato e di lavorare “di sistema” per rendere il prodotto più vendibile. Situazioni stantie a cui si sono aggiunte l'onda lunga della crisi economica post Covid, il crollo di mercati come quello russo e cinese, alcune nuove regole dell'Uefa (per esempio la contingentazione dei prestiti: non più di otto – saranno poi sette e infine sei a regime – diposti da un solo club). E, infine ma non da ultimo, la vicenda giudiziaria della Juventus che ha bloccato la dinamica delle plusvalenze in attesa di capire se e come verrà normato il sistema. Se pensate che le plusvalenze pesavano a bilancio del 92% per il Genoa, del 76 per la Samp, del 34 per Lazio e Samp, i conti son presto fatti.

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