Di Canio: "Inter, l'era Conte non ha insegnato. Milan senza identità"

"Non basta aggrapparsi al Napoli, hanno troppi pochi punti. Sarebbe devastante a livello sportivo ed economico se dovessero stare fuori dalla Champions"
Di Canio: "Inter, l'era Conte non ha insegnato. Milan senza identità"
MILANO - Paolo Di Canio, si aspettava questo campionato da Milan e Inter? 

  «Assolutamente no, per me partivano come favorite. Mi ha sorpreso il crollo verticale del Milan a gennaio e non pensavo a questo percorso di alti e bassi dell’Inter soprattutto dopo la vittoria di inizio anno contro il Napoli. Entrambe stanno andando molto bene in Europa, ma in Serie A si aggrappano all’alibi del Napoli che vola e questo non basta. I punti in classifica sono pochi, Milan e Inter in campionato sono nettamente al di sotto dei loro standard e le sconfitte sono troppe»
 
Se una delle due rimanesse fuori dalle prime quattro? 

«Pensando anche al monte ingaggi della Lazio, sarebbe devastante, tecnicamente ed economicamente. Penso che solo la finale di Champions, anche senza vincerla, potrebbe dare un senso al mancato traguardo in campionato. Però conta troppo entrare nelle prime quattro, quindi mi viene da dire che, per assurdo, sarebbe meglio uscire ora dalla Champions per non fallire l’obiettivo minimo in Serie A».  
 
Parliamo dell'Inter. 

«La cosa peggiore dei nerazzurri è la non capacità di rigenerarsi dopo una bella prestazione. In questo 2023 è sempre successo così, con brutte gare dopo delle belle prove. I giocatori sono responsabili, hanno colpe. E' come se i due anni di Conte non gli avessero insegnato nulla, non hanno acquisito la sua cattiveria agonistica. Probabilmente questo accade anche perché all’Inter ci sono buoni giocatori, ma non campionissimi affermati con un bagaglio tale di vittorie alle spalle che gli permetta di gestire certi momenti». 
 
E Inzaghi? 

«I problemi nei momenti topici della passata stagione si sono ripetuti anche quest'anno. Certo, Inzaghi ha vinto due Supercoppe e una Coppa Italia, un merito che gli va riconosciuto, però non ci si può fermare qui. La difficoltà è guidare una squadra che dopo una vittoria, si sappia ricaricare. Dopo le interviste puoi anche festeggiare, ma Simone, con cui ho giocato e che considero un bravo allenatore, pensa troppo a ricordare le coppe vinte e i traguardi raggiunti, anziché voltare pagina e spostare l’obiettivo sulla gara successiva. Dopo un anno e mezzo all’Inter, mi viene da pensare che Inzaghi non sia perfetto per un grande club, è mancato un salto di qualità, un’evoluzione rispetto agli anni di Roma. Una differenza che si nota con Pioli». 
 
In che senso? 

«Stefano non ricorda a ogni gara sbagliata di aver vinto lo scudetto, ma è critico con se stesso e i giocatori. Inzaghi, e lo dico con tutto il bene del mondo, forse non ha ancora capito dove si trova e rivendica con un orgoglio un po’ infantile tutte le cose che ha fatto bene. Attenzione, nessuno gliene disconosce, ma bisogna tarare il percorso che si fa. Il club gli ha chiesto di arrivare fra le prime quattro, ma non quarto. L'obiettivo è lo scudetto, quello che la stagione scorsa l’Inter ha buttato via. Mi aspettavo che Inzaghi potesse crescere con i giocatori, invece non è successo. Per altro i calciatori ascoltano come parla un allenatore e continuando a sentirsi dire che hanno vinto qualcosa, finisce che si rilassano. Ma a Milano la vittoria è una routine, non è come a Napoli: l'Inter ha conquistato lo scudetto due anni fa, mica venti! Secondo me, manca un po’ di fame, Inzaghi deve alzare l'asticella. Detto questo, io spero che possa rimanere e vincere». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA


 
Passiamo al Milan e a Pioli. 

«La squadra l’anno scorso ha over performato e ha sfruttato gli errori dell’Inter. Ma il Milan ha giocatori normali, funzionali; ha vinto quando la catena di sinistra formata da Theo e Leao è andata sopra il suo livello. Ma si può andare avanti con Giroud e Ibra alla loro età? Tomori per esempio ha fatto bene l'anno scorso, ma adesso? Era la quinta scelta al Chelsea, non può diventare Baresi o Beckenbauer. Non dico Tomori non sia bravo, ma ci sono le categorie. Se la squadra non va al 150% rimanendo compatta, non rende. Pensavo poi che Leao esplodesse definitivamente, invece, fra discontinuità, atteggiamenti sbagliati e il rinnovo del contratto è diventato un problema. E se perdi un’eccellenza come poteva essere lui, come fai a rimanere in alto considerando il resto? Il Milan mi ha sorpreso negativamente perché mi aspettavo una crescita generale, invece ha perso sicurezza e identità. Se avere Ibra in campo o in panchina fa la differenza, significa che i giocatori non sono maturati e hanno bisogno del tutor». 
 
Lukaku non sta rendendo al meglio: lei sul suo ritorno è sempre stato dubbioso... 

«Io posso dire tante cavolate, ma quelli che un paio di anni fa si sono esposti dicendo che Lukaku era fra i primi tre-cinque attaccanti al mondo, che dicono ora? Mi ricordo paragoni con Lewandowski, classifiche in cui non era inserito uno come Kane. Lukaku è un bel giocatore, però pensavo andasse meglio. Purtroppo è limitato in tanto cose, gli manca anche la lettura di alcune situazioni in campo. Il problema sta poi nella testa: lo hanno fatto sentire il più forte di tutti, ma se non è al centro del mondo, viene fuori la sua insicurezza. Con lui l’Inter nel 2019 e 2020 non ha superato i gironi di Champions e ha realizzato un'autorete decisiva nella finale di Europa League; al Mondiale ha commesso errori clamorosi che hanno condannato il Belgio. Nei momenti importanti, manca. Ha quasi 30 anni e la sua carriera per ora parla per lui. Però ha tempo davanti, mi auguro per l’Inter che Lukaku sia ancora utile. Detto questo, guardate il rendimento sottoporta di Lautaro con Lukaku e senza». 
 
Parliamo dei quarti di Champions: Milan-Napoli? 

«Il Napoli ha entusiasmo e non mi aspetto un calo. Però ha molto da perdere perché è più forte e tutti ormai si aspettano che arrivi in finale. Il Milan, però, non parte battuto: i rossoneri hanno il dna europeo e San Siro che in questi casi può fare la differenza». 
 
Inter-Benfica?

 
«Il Benfica è molto più forte del Porto e lo ha dimostrato in questa Champions con Juve e Psg. L’Inter gioca meglio con le squadre che non si chiudono e con due buone prestazioni potrebbe farcela. Però dico Benfica 51% e Inter 49%». 
 
Questa sera andrà in onda su Sky la seconda punta del suo speciale sugli italiani in Premier. Dove vede Antonio Conte la prossima stagione? 

«Tutto può succedere, ma non credo che dopo le ultime esternazioni ci sia qualcuno in Inghilterra che lo possa riprendere. Forse tornerà in Italia, ma dovrà accontentarsi di uno stipendio molto inferiore. Magari alla Juventus al posto di Allegri oppure all'Inter se immagina che il Napoli l’anno prossimo possa non ripetersi. Io spero che Inzaghi finisca bene e rimanga, ma Antonio starà pensando che con la sua esperienza, due-tre ritocchi e magari un nuovo prestito di Lukaku, potrebbe riportare l’Inter allo scudetto». 
 
E De Zerbi? 

«Per il tipo di gioco che sviluppa, potrebbe essere in futuro il possibile erede di Klopp a Liverpool».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO - Paolo Di Canio, si aspettava questo campionato da Milan e Inter? 

  «Assolutamente no, per me partivano come favorite. Mi ha sorpreso il crollo verticale del Milan a gennaio e non pensavo a questo percorso di alti e bassi dell’Inter soprattutto dopo la vittoria di inizio anno contro il Napoli. Entrambe stanno andando molto bene in Europa, ma in Serie A si aggrappano all’alibi del Napoli che vola e questo non basta. I punti in classifica sono pochi, Milan e Inter in campionato sono nettamente al di sotto dei loro standard e le sconfitte sono troppe»
 
Se una delle due rimanesse fuori dalle prime quattro? 

«Pensando anche al monte ingaggi della Lazio, sarebbe devastante, tecnicamente ed economicamente. Penso che solo la finale di Champions, anche senza vincerla, potrebbe dare un senso al mancato traguardo in campionato. Però conta troppo entrare nelle prime quattro, quindi mi viene da dire che, per assurdo, sarebbe meglio uscire ora dalla Champions per non fallire l’obiettivo minimo in Serie A».  
 
Parliamo dell'Inter. 

«La cosa peggiore dei nerazzurri è la non capacità di rigenerarsi dopo una bella prestazione. In questo 2023 è sempre successo così, con brutte gare dopo delle belle prove. I giocatori sono responsabili, hanno colpe. E' come se i due anni di Conte non gli avessero insegnato nulla, non hanno acquisito la sua cattiveria agonistica. Probabilmente questo accade anche perché all’Inter ci sono buoni giocatori, ma non campionissimi affermati con un bagaglio tale di vittorie alle spalle che gli permetta di gestire certi momenti». 
 
E Inzaghi? 

«I problemi nei momenti topici della passata stagione si sono ripetuti anche quest'anno. Certo, Inzaghi ha vinto due Supercoppe e una Coppa Italia, un merito che gli va riconosciuto, però non ci si può fermare qui. La difficoltà è guidare una squadra che dopo una vittoria, si sappia ricaricare. Dopo le interviste puoi anche festeggiare, ma Simone, con cui ho giocato e che considero un bravo allenatore, pensa troppo a ricordare le coppe vinte e i traguardi raggiunti, anziché voltare pagina e spostare l’obiettivo sulla gara successiva. Dopo un anno e mezzo all’Inter, mi viene da pensare che Inzaghi non sia perfetto per un grande club, è mancato un salto di qualità, un’evoluzione rispetto agli anni di Roma. Una differenza che si nota con Pioli». 
 
In che senso? 

«Stefano non ricorda a ogni gara sbagliata di aver vinto lo scudetto, ma è critico con se stesso e i giocatori. Inzaghi, e lo dico con tutto il bene del mondo, forse non ha ancora capito dove si trova e rivendica con un orgoglio un po’ infantile tutte le cose che ha fatto bene. Attenzione, nessuno gliene disconosce, ma bisogna tarare il percorso che si fa. Il club gli ha chiesto di arrivare fra le prime quattro, ma non quarto. L'obiettivo è lo scudetto, quello che la stagione scorsa l’Inter ha buttato via. Mi aspettavo che Inzaghi potesse crescere con i giocatori, invece non è successo. Per altro i calciatori ascoltano come parla un allenatore e continuando a sentirsi dire che hanno vinto qualcosa, finisce che si rilassano. Ma a Milano la vittoria è una routine, non è come a Napoli: l'Inter ha conquistato lo scudetto due anni fa, mica venti! Secondo me, manca un po’ di fame, Inzaghi deve alzare l'asticella. Detto questo, io spero che possa rimanere e vincere». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Di Canio: "Inter, l'era Conte non ha insegnato. Milan senza identità"
2
Pagina 2

Serie A, i migliori video