Juve-Inter, derby sul Decreto Crescita: tra coppe e Mondiali, la verità nei numeri

La decisione di abolire le agevolazioni fiscali ha scatenato opinioni contrastanti. Tra i club top c’è chi rivendica la peculiarità di un percorso virtuoso che permette di tamponare gli effetti della decisione

TORINO - L’abolizione immediata del Decreto Crescita e dei suoi conseguenti e consistenti vantaggi fiscali per l’acquisto di calciatori stranieri ha sconvolto i piani dei club di Serie A e ha sollevato un coro di accorati lamenti. Con un’eccezione clamorosa, perché tra le società top c’è chi rivendica la peculiarità di un percorso virtuoso che permette di tamponare gli effetti di questa decisione. È il caso dalla Juventus che può contare sul percorso virtuoso innescato dal progetto Seconda Squadra, ora rinominata Next Gen, avviata con lungimiranza (innegabile questa sì) dalla gestione Andrea Agnelli. Ed è curioso come le sottolineature di Massimiliano Allegri su questa dinamica siano state pronunciate praticamente in parallelo a quelle di Giuseppe Marotta, ad dell’Inter, uno dei più fermi nel contestare l’abrogazione e tra coloro che più ha prefigurato scenari foschi per il calcio italiano. Con l’effetto, così, di assistere a un altro capitolo dell’infinita sfida a distanza tra bianconeri e nerazzurri.

Decreto Crescita, Allegri e i giovani

Allegri, durante la conferenza stampa alla vigilia della gara con la Roma, ha approcciato la questione partendo dal massiccio impiego dei giovani cresciuti grazie al progetto Next Gen: «Stanno giocando dei bravi ragazzi, c’è un percorso, è un merito di quanto fatto negli ultimi 10 anni. Colgo l’occasione, ieri c’è stata una decisione sul Decreto Crescita, dal punto di vista calcistico la Juve è meno preoccupata perché ha un patrimonio di giovani che può sviluppare nel futuro, è molto più serena e tranquilla. Ora la Juve ha un bel patrimonio dato da chi è già qui e di chi è ancora fuori per crescere. Me li sono ritrovati, li ho seguiti: i meriti vanno a chi li ha scelti e fatti crescere». Chiaro il riferimento ai dirigenti che hanno avviato e seguito il progetto dalla sua fondazione nel 2018 (da Federico Cherubini a Giovanni Manna, attuale ds della prima squadra, arrivato l’anno dopo). Corsi e ricorsi storici: curiosamente proprio in quell’anno si consumò l’addio (doloroso) di Beppe Marotta dalla Juventus.

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Marotta: "Un autogol, danno irreparabile"

E proprio ieri l’ad nerazzurro ha ribadito a Rai e Sky le sue (legittime) contrarietà alla decisione del Governo: «Nel momento in cui il calcio italiano stava risalendo la china a livello mondiale ed europeo, con le tre finali delle Coppe europee raggiunte la scorsa stagione - ha detto Marotta, che tra l’altro siede in consiglio Figc e Lega A - abolire il Decreto Crescita rappresenta un autogol per il mondo del pallone e per il Paese in generale. Anche perché non ne usufruiscono solo i giocatori: ci sono anche allenatori (Mourinho, ndr) che sono venuti in Italia e hanno avuto agevolazioni fiscali grazie al Decreto. Le agevolazioni fiscali del Decreto Crescita avevano come obiettivo quello di facilitare l’ingresso in Italia di giocatori di qualità. Senza questi calciatori il nostro campionato sarà impoverito, il prodotto Serie A ne risentirà e ci sarà anche un minor indotto per lo Stato in termini di tasse. Cosa fare adesso? Bisognerà trovare degli accorgimenti, ma l’abolizione del Decreto Crescita ha prodotto un danno irrimediabile per l’intero sistema calcio. Saremo meno competitivi a livello europeo e ne risentirà anche il nostro campionato, non solo le grandi ma anche le medio piccole avranno meno introiti perché il prodotto sarà meno appetibile per le tv. Era uno strumento importante a poco più di un anno e mezzo dall’inizio del primo Mondiale per club a 32 squadre, con due nostre formazioni al via».

Marotta ha poi negato che i vivai e i giovani italiani avranno vantaggi dalla mancata proroga del Decreto Crescita, che sparirà domenica a mezzanotte, con il nuovo anno: «Un vantaggio per la Nazionale e i nostri talenti? Assolutamente no, i prodotti italiani non erano svantaggiati dall’arrivo di campioni dall’estero e anzi avere giocatori forti con cui allenarsi permetteva loro di crescere. Questa decisione di abolire il Decreto non porterà nessun vantaggio al nostro calcio».

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Decreto Crescita, i favorevoli allo stop e i numeri

Un parere che non condividono altre componenti del sistema calcio, a cominciare dall’Aic, l’associazione calciatori. Così il presidente Umberto Calcagno: «Abbiamo appreso con grande soddisfazione la notizia dell’abrogazione, anche per gli sportivi, della norma sugli impatriati contenuta nel Decreto Crescita, previsione che penalizzava l’intero movimento calcistico nazionale. Finalmente calciatori italiani e stranieri potranno competere sullo stesso piano». E anche i procuratori si sono dichiarati favorevoli: «Noi come Aiacs (Associazione Italiana Agenti Calciatori e Società) abbiamo sempre cercato di combattere questo Decreto per come era stato istituito - ha spiegato Federico Pastorello -. Per noi era contrario ai giocatori italiani o già presenti nel campionato italiano prima del Decreto. C’era una disparità di trattamento troppo evidente, troppo forte». A prescindere dalle opinioni (tutte legittime, ci mancherebbe) c’è poi la realtà dei numeri e di un movimento che ha sì centrato una stagione positiva nelle Coppe ma che non va ai Mondiali da due edizioni. Senza dimenticare i dati sugli stranieri (66% di media, il 70% per chi partecipa alle Coppe) che rendono la Serie A il campionato più esterofilo tra le i 5 maggiori tornei d’Europa.

Juve, i giovani e il Decreto Crescita

Quanto ai vantaggi, se è sicuramente vero che la Juve ha svolto un meritorio lavoro sui giovani (ieri protagonisti Rovella nella Lazio; Soulé, Barrenechea e Kaio Jorge nel Frosinone e, soprattutto Dragusin nel Genoa: quel Dragusin considerato plusvalenza fittizia e che ora i rossoblu rivenderanno per olre 30 milioni....), è altrettanto vero che anche lei ha beneficiato del decreto crescita soprattutto per l’ingaggio di Pogba: terza (secondo i dati di Calcio&Finanza) con un risparmio di 17,55 milioni dietro a Roma (prima con 21,25) e Milan (secondo con 20,55), al quarto posto il Napoli con 14,7 e quinta l’Inter con 13,45. Per i nerazzurri, però, si complicano notevolmente gli scenari verso il mercato di gennaio. E, a tal proposito, resta un poco incomprensibile capire come una proroga di soli due mesi (perché di questo si parlava in Cdm) fino al 29 febbraio avrebbe potuto salvare i destini del calcio italiano... Poi, certo, è vero che per acquistare giocatori all’estero non è necessario fornire le garanzie fideiussorie richieste dalla Lega di A e dal sistema della “Camera di compensazione” anche per le dilazioni. Insomma, meno lacci per far girare danari, ma di sicuro non è per questo che si protesta per l’abolizione della proroga (di due mesi) del Decreto Crescita.

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TORINO - L’abolizione immediata del Decreto Crescita e dei suoi conseguenti e consistenti vantaggi fiscali per l’acquisto di calciatori stranieri ha sconvolto i piani dei club di Serie A e ha sollevato un coro di accorati lamenti. Con un’eccezione clamorosa, perché tra le società top c’è chi rivendica la peculiarità di un percorso virtuoso che permette di tamponare gli effetti di questa decisione. È il caso dalla Juventus che può contare sul percorso virtuoso innescato dal progetto Seconda Squadra, ora rinominata Next Gen, avviata con lungimiranza (innegabile questa sì) dalla gestione Andrea Agnelli. Ed è curioso come le sottolineature di Massimiliano Allegri su questa dinamica siano state pronunciate praticamente in parallelo a quelle di Giuseppe Marotta, ad dell’Inter, uno dei più fermi nel contestare l’abrogazione e tra coloro che più ha prefigurato scenari foschi per il calcio italiano. Con l’effetto, così, di assistere a un altro capitolo dell’infinita sfida a distanza tra bianconeri e nerazzurri.

Decreto Crescita, Allegri e i giovani

Allegri, durante la conferenza stampa alla vigilia della gara con la Roma, ha approcciato la questione partendo dal massiccio impiego dei giovani cresciuti grazie al progetto Next Gen: «Stanno giocando dei bravi ragazzi, c’è un percorso, è un merito di quanto fatto negli ultimi 10 anni. Colgo l’occasione, ieri c’è stata una decisione sul Decreto Crescita, dal punto di vista calcistico la Juve è meno preoccupata perché ha un patrimonio di giovani che può sviluppare nel futuro, è molto più serena e tranquilla. Ora la Juve ha un bel patrimonio dato da chi è già qui e di chi è ancora fuori per crescere. Me li sono ritrovati, li ho seguiti: i meriti vanno a chi li ha scelti e fatti crescere». Chiaro il riferimento ai dirigenti che hanno avviato e seguito il progetto dalla sua fondazione nel 2018 (da Federico Cherubini a Giovanni Manna, attuale ds della prima squadra, arrivato l’anno dopo). Corsi e ricorsi storici: curiosamente proprio in quell’anno si consumò l’addio (doloroso) di Beppe Marotta dalla Juventus.

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