Il caso Gravina: aperta un'inchiesta senza indagati e da documenti illegali!

Atto dovuto dopo le indagini di Perugia: tutte le accuse sono state raccolte in modo non regolare

Scava, infanga, dossierizza, avvelena i pozzi e vai tranquillo: qualcosa resterà e poco male che vi siano o meno reati o correttezza, intanto la macchina mediatica del fango avrà ottenuto il suo effetto e avrà contaminato a dovere l’opinione pubblica mentre, magari, qualcuno degli spiati ci resta pure intrappolato. È la morale (morale?) dei mille scandali originati da comportamenti scorretti di “pezzi” dello Stato che si sono saldati con interessi di media e (o) di coloro che da quelle dinamiche sperano di trarre vantaggio. L’indagine che sta svolgendo la Procura di Perugia sui dossieraggi illegali svolti dal giudice Antonio Laudati e dal luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano parte proprio da quello: accesso illegale, poiché non autorizzato da nessuna magistrato a seguito di indagine, ai dati sensibili.

Indagini illegali ma che intanto innescano dinamiche per lo meno “fastidiose”. È di queste ore, per esempio, la notizia di un’indagine della procura di Roma nata da una segnalazione che arriva dalla Procura nazionale Antimafia proprio in relazione ai dossier illegali: i magistrati hanno aperto un “fascicolo modello 45” (per ora senza indagati) “Proposta di trasmissione alla Procura distrettuale di Roma del lavoro di approfondimento svolto dal Gruppo di lavoro SOS sul conto di Gabriele Gravina, attuale presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio già presidente della Lega Pro fino al mese di ottobre 2018”. Indagine che, secondo quanto si apprende, ha acceso il faro dei pubblici ministeri anche sui contratti riguardanti la gestione delle piattaforme digitali.

Niente indagati

Lo ribadiamo: su questo capitolo specifico a ora non risultano indagati ma il paradosso risalta: la procura di Roma ha aperto un fascicolo su una notizia di possibile reato nata da un’indagine ritenuta illegale su cui indaga a sua volta la procura della Repubblica di Perugia: E lo fa proprio in relazione alle presunte irregolarità del giudice Laudati e del tenente Striano nel raccogliere le notizie di reato.

Però, a prescindere dal metodo, il pm Sabrina Calabretta a Roma sta indagando da mesi su un “accesso abusivo alla banca dati Siva2 in data 28 luglio 2022 per consultare eventuali ss.oo.ss (segnalazione di operazioni sospette, ndr) presenti a sistema concernenti il nominativo Gabriele Gravina”. L’inchiesta sarebbe relativa a un bando per i diritti tv del 2018 quando Gravina era presidente della Lega Pro e nella vicenda si incrociano intermediari inglesi e l’acquisto di libri antichi per una somma totale di 800 mila euro. Insomma: da una parte i pm di Perugia affermano che “Striano e gli altri con questa condotta favorivano intenzionalmente un danno a Gabriele Gravina”, dall’altra i pm romani hanno l’obbligo di aprire un indagine sui fatti raccolti in modo illegale. Ecco: non è bello (per nessuno) finire dentro questi cortocircuiti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lobbysti romani

L’origine del dossier oggetto di indagine, lo ricordiamo ancora, è considerata illecita perché la Procura di Perugia ha certificato che “il magistrato Antonio Laudati attestava falsamente che la fonte di innesco dell’attività investigativa erano elementi informativi provenienti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno e da quest’ultima acquisiti nell’ambito di proprie attività investigative”. Invece a raccogliere le informazioni sarebbe stato Emanuele Floridi, “lobbysta” romano in passato legato allo stesso Gravina e che, dopo la rottura con l’attuale presidente Figc, si è avvicinato molto all’entourage di Claudio Lotito che, peraltro, è stato convocato dalla Procura di Perugia come testimone. Per completare questo dossier sono stati attenzionati illegalmente anche i profili di Danilo Iervolino, presidente della Salernitana, Marco Mezzaroma, cognato di Claudio Lotito ed ex co-patron della Salernitana con lo stesso Lotito, di Chiara Faggi avvocato della Lega Pro, del defunto Marco Bogarelli e di Giovanni Valentini, responsabile dell’area commerciale nonché vice segretario generale Figc.

Il dossieraggio

Questa opacissima e inquietante vicenda di dossier illegali nasce appunto dall’attività del giudice Laudati in collaborazione con il militare della Finanza, Striano, indagati dalla Procura di Perugia (in tutto 15 persone tra cui tre giornalisti) per i reati di acceso abusivo, falso e abuso di ufficio. Sono 800 gli accessi illegali a banche dati attraverso le quali si possono accedere alle più riservate informazioni personali: conti correnti, bonifici, visure aziendali, pendenze penali. E il tutto, ecco il vulnus, senza che vi fosse la previa e necessaria autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Non risultano richieste di denaro, ma le tempistiche degli accessi lasciano intendere come la costruzione dei dossier seguisse tempistiche ben definite: sui politici, per esempio, in prossimità delle tornate elettorali o di importanti nomine.

A far partire le indagini è stato un esposto presentato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto alla procura di Roma a seguito di un articolo pubblicato su “Il Domani” riguardo i compensi per le consulenze svolte per la società Leonardo. Risultano spianti anche i ministri Francesco Lollobrigida, Marina Elvira Calderone, Gilberto Pichetto Fratin e Adolfo Urso insieme a Marta Fascina, parlamentare e compagna di Silvio Berlusconi, gli ex presidenti del Consiglio Giuseppe Conte e Matteo Renzi e tra gli artisti Fedez. E il calcio? A parte Gravina, solo tesserati della Juventus: Cristiano Ronaldo, Massimiliano Allegri e l’allora presidente Andrea Agnelli. I magistrati di Perugia, coordinati da Raffaele Cantone, dovranno capire il perché.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quel convento sotto casa da bloccare... il pm Laudati

Non è la prima volta che Antonio Laudati, 70 anni e ora assegnato alla Direzione nazionale antimafia, incrocia il calcio nelle sue indagini: fu infatti il pm che portò avanti l’inchiesta sul calcio scommesse a Bari nel 2013 durante la quale interrogò Antonio Conte e un giovanissimo Ranocchia che non furono però iscritti nel registro degli indagati dalla sua Procura. In questa vicenda, invece, il pm ha utilizzato l’accesso ai dati per una vicenda di carattere personale.

Laudati avrebbe infatti ordinato delle interrogazioni su una società interessata all’acquisto di un convento di suore a Santa Severa, sul litorale romano che avrebbe poi dovuto essere trasformato in un resort. Viene pubblicato prima un articolo sul Domani (che il giornalista spedì dieci giorni prima al finanziere Striano) e poi è inviata alla procura un’informativa che ipotizza interessi mafiosi. E invece, secondo i magistrati di Perugia, l’unico interesse era di Laudati, «proprietario di un immobile in zona», che non voleva una possibile trasformazione edilizia davanti alla propria casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scava, infanga, dossierizza, avvelena i pozzi e vai tranquillo: qualcosa resterà e poco male che vi siano o meno reati o correttezza, intanto la macchina mediatica del fango avrà ottenuto il suo effetto e avrà contaminato a dovere l’opinione pubblica mentre, magari, qualcuno degli spiati ci resta pure intrappolato. È la morale (morale?) dei mille scandali originati da comportamenti scorretti di “pezzi” dello Stato che si sono saldati con interessi di media e (o) di coloro che da quelle dinamiche sperano di trarre vantaggio. L’indagine che sta svolgendo la Procura di Perugia sui dossieraggi illegali svolti dal giudice Antonio Laudati e dal luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano parte proprio da quello: accesso illegale, poiché non autorizzato da nessuna magistrato a seguito di indagine, ai dati sensibili.

Indagini illegali ma che intanto innescano dinamiche per lo meno “fastidiose”. È di queste ore, per esempio, la notizia di un’indagine della procura di Roma nata da una segnalazione che arriva dalla Procura nazionale Antimafia proprio in relazione ai dossier illegali: i magistrati hanno aperto un “fascicolo modello 45” (per ora senza indagati) “Proposta di trasmissione alla Procura distrettuale di Roma del lavoro di approfondimento svolto dal Gruppo di lavoro SOS sul conto di Gabriele Gravina, attuale presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio già presidente della Lega Pro fino al mese di ottobre 2018”. Indagine che, secondo quanto si apprende, ha acceso il faro dei pubblici ministeri anche sui contratti riguardanti la gestione delle piattaforme digitali.

Niente indagati

Lo ribadiamo: su questo capitolo specifico a ora non risultano indagati ma il paradosso risalta: la procura di Roma ha aperto un fascicolo su una notizia di possibile reato nata da un’indagine ritenuta illegale su cui indaga a sua volta la procura della Repubblica di Perugia: E lo fa proprio in relazione alle presunte irregolarità del giudice Laudati e del tenente Striano nel raccogliere le notizie di reato.

Però, a prescindere dal metodo, il pm Sabrina Calabretta a Roma sta indagando da mesi su un “accesso abusivo alla banca dati Siva2 in data 28 luglio 2022 per consultare eventuali ss.oo.ss (segnalazione di operazioni sospette, ndr) presenti a sistema concernenti il nominativo Gabriele Gravina”. L’inchiesta sarebbe relativa a un bando per i diritti tv del 2018 quando Gravina era presidente della Lega Pro e nella vicenda si incrociano intermediari inglesi e l’acquisto di libri antichi per una somma totale di 800 mila euro. Insomma: da una parte i pm di Perugia affermano che “Striano e gli altri con questa condotta favorivano intenzionalmente un danno a Gabriele Gravina”, dall’altra i pm romani hanno l’obbligo di aprire un indagine sui fatti raccolti in modo illegale. Ecco: non è bello (per nessuno) finire dentro questi cortocircuiti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Il caso Gravina: aperta un'inchiesta senza indagati e da documenti illegali!
2
Lobbysti romani
3
Quel convento sotto casa da bloccare... il pm Laudati