MILANO - L’oggettivazione della condotta senza la necessità della presenza di intenzionalità. È uno dei cardini della giurisprudenza Figc in tema di lotta al razzismo. Lo evidenzia l’avvocato Cristiano Novazio dello studio legale DN Law di Milano, esperto di diritto sportivo, difensore di numerosi club e tesserati di massima serie davanti ai tribunali federali, agli organi della Fifa e al Tas di Losanna.
Come potrà svilupparsi il caso dell’insulto razzista attribuito da Juan Jesus ad Acerbi?
«Innanzitutto bisogna sottolineare che, per applicare con il giusto rigore l’articolo 2 dello Statuto Figc e l’articolo 28 del Codice di giustizia sportiva Figc in tema di lotta al razzismo e ogni forma di discriminazione, è stato stabilito che vale la percezione oggettiva dell’insulto senza alcuna valorizzazione dell’elemento soggettivo: è sufficiente che l’offesa sia in sé percepibile come razzista e discriminatoria».
È il riflesso della particolare severità con cui la Figc intende combattere il razzismo?
«Si. In questo ambito i criteri sono più rigidi, al contrario, per esempio, della condotta violenta dove, invece, rileva l’intenzione del giocatore di arrecare danno all’incolumità dell’avversario. Recentemente proprio con questa distinzione siamo riusciti a ottenere uno sconto di pena da tre a due giornate per un giocatore autore di una gomitata. Abbiamo dimostrato che non c’era intento lesivo e la condotta violenta è stata derubricata in gravemente antisportiva».
Quindi non servirebbe molto dire di non essere stato mosso da intenti razzisti, come pare abbia fatto Acerbi nel chiarimento con l’Inter?
«Esattamente, perché siamo in un ambito di oggettivazione della condotta. Conta quello che ha detto, non l’intenzione con cui l’ha fatto».