Che spettacolo! Gol, emozioni, numeri e giocatoroni. E chissenefrega di qualche strafalcione difensivo (a partire dalle vaccate lunari che hanno causato i due rigori, ineccepibili, per l’Inter), è stata una partita di quelle che finiremo per raccontare fra quarant’anni, l’Italia-Germania di San Siro, il derby del secolo. Un quattro a quattro che contiene mille storie e che può segnare la storia. La Juventus battezza il suo futuro, che era nato a Lipsia e a San Siro è stato consacrato. Perché certe partite, queste partite, fanno crescere i giovani, ne gonfiano la personalità, compattano la squadra e ne animano lo spirito, esaltano i potenziali fuoriclasse che la Juventus sta coltivano in modo intensivo.
Quando ha rimontato da 4-2 a 4-4, la squadra di Motta aveva un’età media di 23 anni netti, con otto giocatori su undici nati dopo il 2000 in campo (l’Inter batteva sui 28,5). Quando Inzaghi buttava dentro il 32enne Taremi e il 34 Darmian, Thiago inseriva il ventenne Mbangula, il ventunenne Savona e il diciannovenne Yildiz, eroe del match, portatore sano di numero dieci, teenager dal talento cristallino con in tasca un futuro da innaffiare con cura, ma che può portarlo ovunque, anche dove oggi è meglio non pensare. Con quelli della sua età, tranne rare eccezioni, è meglio andarci piano con le profezie (perché guastarsi è un attimo), ma anche sminuirne l’enorme potenziale potrebbe rappresentare un errore di valutazione. La cosa migliore è godersi il presente, vivere alla partita, gustandosi la sua crescita. E il discorso vale per la Juventus, che ha compiuto un’impresa mostruosa a San Siro. Perché l’Inter è sicuramente molto più fragile rispetto all’anno scorso, ma è ancora tanto più forte della Juventus, per qualità e quantità di giocatori, per esperienza e solidità con le quali stava dominando la partita quando si trovava in vantaggio di due gol. Insomma, nonostante tutto, il presente è ancora l’Inter, per quanto messa in crisi dallo sgomitante futuro juventino.