Si è aperta ufficialmente la campagna elettorale. Della Figc, ma soprattutto della Serie A. E quest’ultima inizia con un botto: c’è spazio per un nuovo sceriffo in città. Claudio Lotito è finito in minoranza: otto club hanno espresso voto contrario, dodici si sono astenuti. «È un’occasione mancata, nonostante qualche passo in avanti - commenta a caldo Lorenzo Casini, presidente di Lega Serie A - avevamo lasciato libertà alle squadre e siamo stati compatti nel non votare a favore». Evitare le fughe in avanti dei club pronti a supportare Gravina è il suo miglior risultato: che gli zero favorevoli siano una notizia la dice lunga. Il voto di ieri certifica la spaccatura e ridisegna la geografia politica di via Rosellini. Ipotizzare gli otto non è difficile: Lazio, Napoli, Empoli, Verona e Torino sono lo zoccolo duro. C’è anche il Milan, mentre Cagliari e Lecce dovrebbero completare il quadro. Di minoranza, appunto.
Il fronte opposto
Sul fronte opposto vi sono dodici società: per eleggere il nuovo presidente in via Rosellini ne basterebbe una in meno. A trainarle vi è un derby d’Italia, stavolta in sintonia: Juventus e Inter in prima fila. Volevano l’autonomia e l’hanno ottenuta, ora sognano una A guidata da strategie imprenditoriali e non giochi di potere. Non possono sedersi sugli allori: sia le otto che le dodici sono più correnti che fazioni. Andare contro Lotito è un conto, trovare un nome comune sarà un’impresa. Como e Venezia, per dire, rappresentano le nuove proprietà straniere - a cui da Torino e Milano guardano con interesse - che ancora devono capire come ragionano questi strani italiani. Atalanta, Bologna e Roma le più vicine alle posizioni bianconerazzurre.