Marotta, Conte e l'ipocrisia del calcio italiano. Tanto poi si torna alla Juve…

La doppiezza del racconto che accompagna da sempre il nostro campionato. Ricordate l’arrogante del 5 maggio? Ora è diventato un uomo vero che difende un’intera città

Mentre finalmente si accinge a terminare l'ennesima sosta dannosa, con la Juventus ancora una volta falcidiata da infortuni in ogni zona del campo, il ritorno del campionato ci porta a rivivere le vicende del nostro torneo con cui c'eravamo lasciati, tra rigorini, retropensieri, attacchi, difese, articoli e tweet dei giornalisti di riferimento delle squadre coinvolte, inducono a fare ancora una volta delle riflessioni sull'ipocrisia che accompagna il racconto del calcio italiano. Intanto: ricordate Antonio Conte, l'uomo arrogante del 5 maggio, il grande colpevole della vicenda scommesse anche se di scommesse non ne aveva fatte e di prove di una qualche sua partecipazione non vi era l'ombra? Sì, dai, il capitano della Juve della Triade, quello che va in Tribunale per i farmaci; l'allenatore della Juve vincitrice della Supercoppa 2012 (anche se lì era squalificato) con la famosa "super vergogna" di Pechino? Ecco, dimenticatevelo. Ora al suo posto c'è un grande allenatore e un uomo vero, che difende una città dagli attacchi del Palazzo e dei potenti del nord.

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Il racconto su Marotta

E rammentate Beppe Marotta, il direttore generale della losca squadra del gol di Muntari e della mancata ammonizione di Pjanic, che condizionava il mercato dell'intera Serie A con le sue alleanze con Sassuolo, Udinese e compagnie, pronte poi a scansarsi in campo per rendergli omaggio? Lui, dai, costretto a scappare dalle telecamere di Report che lo inseguono come fosse un delinquente, al tempo in cui i presunti rapporti tra società, curve e criminalità organizzata indignavano il paese, interessavano in modo morboso i media e inducevano a eccessivi impeti di giustizialismo l'allora procuratore federale? Ragazzi, come sareste fieri di lui se lo vedeste oggi, cambiato completamente e finalmente in difesa degli onesti per antonomasia, attaccati ingiustamente con chissà quale turpe obiettivo, visto che il rigore c'era e il regolamento era stato rispettato. Dovreste guardarli, scatenati e seriosi, gli ex avvelenatori ora in adorazione rispettivamente dell'uno e dell'altro.

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L'imbarazzo dei media

E poi fateci caso: l'imbarazzo e il disorientamento dei nostri media per una dura battaglia arbitrale priva del coinvolgimento del colpevole perfetto, dell'idea del cattivo per antonomasia con cui sono cresciuti e che hanno alimentato per decenni: i mezzi di informazione ne parlano ma preferiscono attenuare la portata delle accuse (i maliziosi "retropensieri" di Conte, nei racconti di alcuni giornali, diventano un semplice e neutro attacco al protocollo del Var). Anche gli ultrà col tesserino, cui ci si riferiva sopra, non trovano bene le misure in questo nuovo contesto cui non sono abituati: difendono la loro squadra di riferimento ma non riescono ad attaccare l'altra, perché attaccare l'altra vuole dire implicitamente riconoscere che il cattivo raccontato per 30 anni non è solo uno, e così il castello di carta costruito con tanta caparbietà crollerebbe miseramente.

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E poi si torna sulla Juve...

Scrivono due righe, dicono che ha ragione la propria parte, non nominano neanche l'altra squadra e via, dopo pochi giorni il tema è già sparito (proprio come le curve in cui tutto pareva già miracolosamente cambiato salvo qualche striscione che sembra andare in senso contrario). Due riflessioni sul protocollo da rivedere, fatte così, senza troppi riferimenti specifici, e via verso altre questioni. Tanto arriverà presto un caso in cui tornare a fare nomi e cognomi e potremo alle care vecchie accuse ad squadram, a quei cari vecchi "Juve, così non si può" con cui siamo amorevolmente cresciuti: statisticamente ci sarà anche quest'anno un omologo del rigore negato al Bologna da ricordare a fine anno come l'episodio più grave della stagione, ovviamente perpetrato a favore dei soliti noti. Ne basta uno e lì, soltanto lì, spariranno gli imbarazzi e ogni cosa tornerà al proprio posto.

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Mentre finalmente si accinge a terminare l'ennesima sosta dannosa, con la Juventus ancora una volta falcidiata da infortuni in ogni zona del campo, il ritorno del campionato ci porta a rivivere le vicende del nostro torneo con cui c'eravamo lasciati, tra rigorini, retropensieri, attacchi, difese, articoli e tweet dei giornalisti di riferimento delle squadre coinvolte, inducono a fare ancora una volta delle riflessioni sull'ipocrisia che accompagna il racconto del calcio italiano. Intanto: ricordate Antonio Conte, l'uomo arrogante del 5 maggio, il grande colpevole della vicenda scommesse anche se di scommesse non ne aveva fatte e di prove di una qualche sua partecipazione non vi era l'ombra? Sì, dai, il capitano della Juve della Triade, quello che va in Tribunale per i farmaci; l'allenatore della Juve vincitrice della Supercoppa 2012 (anche se lì era squalificato) con la famosa "super vergogna" di Pechino? Ecco, dimenticatevelo. Ora al suo posto c'è un grande allenatore e un uomo vero, che difende una città dagli attacchi del Palazzo e dei potenti del nord.

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