Il tema è sempre lo stesso
Ho sentito parlare di «intensità da valutare in campo»: se è vero che su contatti alti la soglia di intervento del VAR è più alta, è altrettanto vero che in questi casi l’intensità nulla c’entra, in quanto quello che conta è che in una dinamica del genere il tentativo di Luperto di impedire all’avversario di calciare bene è riuscito (un calciatore come Vlahovic non schiaccia il pallone a terra se non disturbato), quindi è funzionale e punibile. In definitiva il tema è sempre quello della tecnica: bisogna lavorarci di più a Coverciano, non deve mai essere trascurata. Così viene meno anche l’inesattezza secondo cui «l’intensità dev’essere valutata dal campo» (che non deve diventare un alibi per non decidere), perché di fronte ai chiari ed evidenti errori il VAR deve intervenire. Intanto però errori altrettanto gravi - se non peggiori - sono stati commessi in due sfide salvezza, e riconosciuti anche della CAN. Cominciamo da Lecce.
Il rigore per l'Udinese e Atalanta-Torino
Non sono per niente d’accordo con il rigore assegnato da Bonacina all’Udinese, per giunta al VAR (un’aggravante). Jean arriva prima sul pallone, con le braccia che in dinamica naturale lo aiutano nello slancio; il contatto successivo col viso di Lovric è una conseguenza inevitabile del movimento, che per l’appunto è naturale. Se a Bonacina posso dare l’attenuante della scarsa esperienza in Serie A (appena 3 partite dirette), non possiamo dire lo stesso di Abisso, che ha superato quota 100. Al Tardini, concede un calcio di rigore al Parma che non c’è, per un tocco di braccio di Beukema. Il difensore sembra addirittura abbassare il braccio, e nel momento dell’impatto l’arto si trova a scarsa distanza dal fianco. Inoltre, il pallone proviene da distanza ravvicinata e non c’è intenzione fallosa. D’altronde, questa decisione è in completa contraddizione con quella di Atalanta-Torino: manca uniformità, perché su due episodi simili sono state prese decisioni opposte.